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The Quarantine’s Club – Negroni

di Alessandro Pellegri

Negroni

Dopo avervi parlato in maniera approfondita dell’Americano, non possiamo non dedicare un capitolo di Quarantine’s Club ad un cocktail nato proprio come variante dell’Americano, ma che nel tempo è nettamente riuscito a superarne la notorietà: ecco a voi il Negroni.

Nel 1919 un nobile fiorentino, il Conte Camillo Negroni, nel bar che era solito frequentare – il Caffè Giacosa – probabilmente annoiato dal “solito” Americano, chiese una versione dello stesso un po’ più pepata, con del Gin al posto della monotona soda. Divenuto nelle occasioni a seguire “il solito”, ecco come inconsapevolmente è nato “l’Americano alla maniera del Conte Negroni”, meglio conosciuto negli anni a venire semplicemente come Negroni.

Ai giorni nostri, purtroppo, troppo spesso il Negroni è noto come la via più rapida per sbronzarsi al bar, anche grazie al suo vigoroso tenore alcolico. Complice la semplicità dei suoi ingredienti e della loro miscelazione, anche i baretti più scalcinati sono in grado di realizzarne uno, e quindi il Negroni nel dizionario di strada è diventato l’unità di misura di quanto una persona è in grado di reggere l’alcool. Nulla di più sbagliato e irrispettoso: quando fatto bene il Negroni è uno dei cocktail più eleganti e piacevoli che possiate scegliere, dall’aperitivo al dopo cena passando per qualche (nemmeno troppo azzardato) pairing a tavola, la sua caratteristica principale è l’equilibrio tra alcool, speziatura e agrumi che, in alcuni casi, si trasforma in un’arma a doppio taglio: la differenza tra un drink ben fatto e uno dozzinale, a parità di ingredienti, sta tutta nell’equilibrio di queste tre componenti.

Come sempre proponiamo la ricetta da linee guida IBA, che per il Negroni prescrive la miscelazione on the rocks – quindi direttamente in un tumbler colmo di ghiaccio – di 30 ml di Vermouth Rosso, 30 ml di Bitter e 30 ml di Gin, completati nel bicchiere da mezza fetta di arancio. Come è possibile notare, comodissima è la proporzione tra gli ingredienti, per chi desiderasse farne di più o di meno: 1/3 di Vermout, 1/3 di Bitter e 1/3 di Gin.

I nostri consigli, invece, sono sempre gli stessi: bicchiere possibilmente freddo e tanto, tanto ghiaccio, finché ne sta nel bicchiere, fatto con acqua di qualità. Noi ne abbiamo utilizzato un unico pezzo, ricavato da un bicchierino di plastica usa e getta.

Data la potenziale complessità di ciascuno degli ingredienti è bene prestare attenzione a cosa si miscela per evitare di realizzare un’accozzaglia indistinta di profumi e sapori (equilibrio sopracitato…). Noi preferiamo utilizzare un gin tendenzialmente abbastanza neutro e non particolarmente complesso quale è il London Dry base di Tanqueray. Quanto al bitter, uno dei tratti distintivi del Negroni è la nota amaricante dello stesso, e la più caratteristica è quella del Bitter Campari. A questo punto, largo al Vermouth, e quindi abbiamo utilizzato il jolly, ovvero l’ormai mitico evergreen Carpano Antica Formula. Con uno stirrer – o un cucchiaino – mischiare con delicatezza il tutto, per esser certi di miscelare a dovere i tre ingredienti tra loro ma scongiurando la fuoriuscita di ghiaccio dal bicchiere. Come garnish, in luogo della mezza fettina abbiamo preferito utilizzare solamente una scorza d’arancia, strizzata sul drink, a profumarne la superficie.

Varianti

Possono esistere varianti di un cocktail che nasce lui stesso come una variante? Certo che sì, e anch’essa ha una storia ben definita che merita di essere raccontata.

Milano, 1972, Bar Basso. Il proprietario Mirko Stocchetto sta preparando un Negroni e, inavvertitamente, scambia la bottiglia di Gin con una bottiglia di Spumante: il cliente lo apprezza particolarmente, quel tanto che basta da suscitare del positivo clamore. Ecco come uno degli errori più noti della mixology ha dato i natali al Negroni Sbagliato o, più semplicemente Lo Sbagliato, vera e propria istituzione degli aperitivi milanesi negli anni 80 e 90 (nonché vera e propria fortuna del Bar Basso).

Non due varianti bensì due cocktail ben codificati da IBA, ma molto affini per ingredienti e per stile al Negroni (solo realizzati entrambi Stir & Strain in Mixing Glass, anziché On The Rocks): togliendo 30ml di Gin e sostituendolo con 45ml di Whiskey, Bourbon o Rye, avete ottenuto un Boulevardier.

Sempre partendo da un Negroni, e sostituendo 45ml di Bitter (basati sul 33% della composizione) con 7.5ml di Fernet Branca, vi siete invece preparati un Hanky Panky.

Twist

Per realizzare dei Twist sul Negroni, come per tutti i grandi Classici, fiumi di inchiostro (ed alcool) sono stati versati, ne esistono davvero a centinaia.

Tra i fiumi di inchiostro meglio impiegati sul tema, certamente vi è il libro “Negroni Cocktail – Una Leggenda Italiana”, un interessantissimo testo che sviscera a fondo la storia del Negroni, proponendo tra gli aneddoti decine di interpretazioni dei migliori bartender italiani ed internazionali.

Abbiamo chiesto quindi a Luca Picchi, rinomato bartender fiorentino del Caffè Gilli a Firenze, nonché autore del summenzionato libro, di proporci un Twist sul Negroni replicabile a casa.

Luca è una vera e propria enciclopedia in merito, condita per di più da una passione ed un coinvolgimento davvero rari.

Innanzitutto, il suo principale consiglio per il Negroni cassico è inerente al ghiaccio: la sua prima raccomandazione è di realizzarlo in casa, in pezzatura importante, attraverso l’utilizzo di un contenitore tipo Tupperware, incamiciato nel polistirolo, con la parte superiore aperta. Portare l’acqua quasi ad ebollizione (ma senza farla bollire, intorno ai 95°, quando iniziano a formarsi le bollicine sulle pareti del pentolino), farla raffreddare e, una volta travasata nel Tupperware, porla in freezer per 36 ore. Dalla parte centrale di questo blocco ricavare dei grossi chunk di ghiaccio, il più trasparenti possibile, da utilizzare in unico pezzo nel bicchiere.

Quanto al twist, invece, Luca ci ha proposto di realizzare il Negroni Insolito, una delle sue interpretazione del Negroni presenti nel libro, nata a Milano al Camparino in occasione dei festeggiamenti per i cent’anni del Negroni, nel 2019.

Per realizzarlo vi serviranno:

– 20 ml di Gin
– 20 ml di Bitter
– 20 ml di Vermouth bianco
– 10 ml di Liquore di China
– alcune gocce di Orange Bitter
– una manciata di chicchi di caffè.

Il Bitter all’arancia lo abbiamo autoprodotto secondo la ricetta del Bitter spiegata nel cocktail Americano, sostituendo il pompelmo con un’arancia di Sicilia. Abbiamo utilizzato un Gin Americano, il meraviglioso N°209, mentre come Bitter il BBB di DiBaldo. Sempre di Baldo (ma non DiBaldo, perdonate il gioco di parole) abbiamo usato il Vermouth Bianco “G.G.” 2014, una versione limitatissima creata in onore di un noto Chef romagnolo suo amico. Infine, China Martini come liquore di China, e una manciata di caffè in chicchi tostato.

Abbiamo miscelato tutto per trenta secondi circa in un Mixing Glass (il nostro fedele barattolo di Cetrioli) piena a 3/4 di ghiaccio, quindi abbiamo riempito un colino di chicchi di caffè.

Con l’aiuto di uno strainer (o di una schiumarola) abbiamo versato una prima volta gli ingredienti miscelati all’interno del colino contenente i chicchi di caffè, poi ripetuto il passaggio per altre quattro volte servendoci di altri due contenitori. Questo passaggio fa sì che avvenga la percolazione, una veloce infusione della mistura nei chicchi di caffè, atta ad estrarre gli olii che rivestono ogni singolo chicco dopo la tostatura. Servire in una coppetta cocktail, finire con una scorza di arancia. Il cocktail così realizzato acquisterà quindi un’elegantissima ed appena accennata nota di caffè tostato, perfettamente integrata al fondamentale equilibrio del drink.

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