Enrico Bartolini

VALUTAZIONE

Cucina Classica

Cucina Moderna

18/20

18/20

PREGI
Una cucina in stato di grazia.
L’eccellente servizio governato da Sebastien Ferrara.
Un ambiente diventato col tempo incantevole.
DIFETTI
L’assenza, a questi livelli di prestigio – e di conto – di una convenzione con il silos del Museo.

Un ritorno alla prima persona, e alla contemporaneità

In passato avevamo rimproverato allo chef di Pescia un eccessivo immobilismo, un controllo eccessivo nel presentare nuovi piatti, dettaglio che balzava ancor più all’occhio discutendo di un cuoco che, a trent’anni, poteva vantare una lista di signature dishes che altri, anche bravi, impiegano un’intera carriera a concepire.

L’impegno imprenditoriale, che vede Bartolini nelle vesti del talent scout ma anche di nume tutelare dei giovani talenti alla guida delle stellate insegne sparse per la Penisola, conta su un successo tale da consentire alla vetrina milanese di intraprendere il percorso che ci eravamo augurati sin dalla sua apertura, più da avamposto che sala del trono.  E l’impressione scaturita dalle ultime visite al Mudec è di una cucina che, dopo aver a lungo parlato di sé in terza persona, abbia finalmente ripreso a utilizzare la prima persona, se non il pluralis maiestatis, e così tuffarsi nella corrente della contemporaneità come indica quel BE contemporary classic che è il motto dello chef in direzione, più che dell’acronimo, del significato letterale.

Così, all’alba dei suoi quarant’anni, onusto di successi e riconoscimenti, Enrico Bartolini ha compiuto una scelta coraggiosa quanto, ormai, inattesa:  reinterpretare il proprio piatto più celebre.

Il coraggio di reinterpretare se stessi

Il risotto con rape rosse e salsa gorgonzola nella versione reloaded viene impreziosito da una – concentratissima – salsa alle noci e dalla nota acida della marasca. Il risultato, a maggior ragione per chi abbia avuto una lunga consuetudine con l’originale, è sensazionale: lo spettro gustativo, più che ampliarsi, si arricchisce di nuove dimensioni  grazie alla grassezza aggraziata della salsa, alle sue note tanniche e rancide. La revisione ci restituisce un piatto non solo più complesso e cerebrale ma anche, in ultima analisi, più buono. Non solo, però: l’assaggio ci ha fatto rivivere l’emozione e la freschezza delle prime cene in quel di Montescano e ha illuminato tutto il percorso – anche le portate precedenti! – di una luce nuova.

Il Kaiser Soze della serata è però l’apparentemente innocuo riso e latte, dove alla salsa si melograno e al civet di lepre si aggiunge la pungenza del pepe verde a rendere l’insieme incredibilmente multisfaccettato. Di grande forza acida ma tutt’altro che monodimensionali sono i primi due antipasti mentre il terzo, da noi richiesto fuori menu, ossia i bignè di scampo reale, paga la maggior morbidezza nel contesto di un menu decisamente più impattante. Da applausi l’agnello lucano, mirabile per punto di frollatura e tale da far risultare il rognone servito nello spiedino d’accompagnamento una caramellina. 

Le parole non sono, del resto, indispensabili per constatare come il tratto gustativo di Bartolini sia fra i più riconoscibili dell’intero panorama gastronomico dello Stivale. In tutti i suoi menu ricordiamo almeno un paio di passaggi dalla traccia affumicato-salmastra inconfondibile, che in questo passaggio abbiamo rintracciato, ad esempio, nel dashi al pompelmo affumicato che mette il punto esclamativo a una composizione di assaggi di benvenuto di rare perfezione ed efficacia.  Nella sala, che la sera si presenta di enorme fascino – in crescente contrasto con un contesto che non potrà mai essere indimenticabile – i piatti hanno guadagnato un’estetica anch’essa del tutto peculiare e in piena sintonia con il luogo. Un ristorante che non raggiunge ancora la piena valutazione, ma che ci sentiamo di non porre al gradino inferiore per il periodo felice che sta vivendo la sua avventura, sperando che continui cosi, anche meglio, forse nell’unica direzione ancora inesplorata di questa cucina : la leggerezza post-prandiale.

Infine approfittiamo per elogiare le figure di Remo Capitaneo in cucina e di Sebastien Ferrara, guida di una sala che funziona a meraviglia. 

La Galleria Fotografica:

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Picture of Carlo Cappelletti

Carlo Cappelletti

Di professione musicista, le ascendenze marchigiane e la passione bruciante per la buona tavola lo collocano idealmente nel solco tracciato dal padre di tutti i musicisti gourmet, Gioacchino Rossini. Amante del Friuli e delle cucine con un'identità territoriale molto forte, l'unico ingrediente che teme, sedendosi al tavolo di un ristorante, è Giovanni Allevi come sottofondo.

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VALUTAZIONE

Cucina Classica

Cucina Moderna

18/20

18/20

PREGI
Una cucina in stato di grazia.
L’eccellente servizio governato da Sebastien Ferrara.
Un ambiente diventato col tempo incantevole.
DIFETTI
L’assenza, a questi livelli di prestigio – e di conto – di una convenzione con il silos del Museo.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menù degustazione: 160€m 190€, 200€

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