Un vino stupefacente
E’ successo qualche anno fa, nell’autunno 2008 in Borgogna, ma vale la pena raccontare una giornata irripetibile.
Alle dieci in punto, con alcuni amici del Grand Jury Européen guidati dal presidente Francois Mausse, si comincia presso il Domaine de la Romanée-Conti con l’assaggio dei vini dell’annata 2007, ancora in botte. È la solita goduria di quando si visita Romanée-Conti. I vini hanno il caratteristico profumo di petali di rosa, amareneLe amarene sono i frutti del ciliegio aspro (Prunus cerasus), dalla quale derivano anche le visciole (varietà meno diffusa). Dai frutti di colore rosso chiaro, dal sapore amarognolo e leggermente acido, le amarene vengono consumate come tali, sotto forma di gelato, sciroppate o nel liquore portoghese ginjinha.... Leggi e lamponi, i tannini sono setosi e i finali lunghissimi, per un’annata difficile interpretata in modo perfetto. Segue una degustazione alla cieca e, come normale, al “Domaine” nessuno usa la sputacchiera. I due vini degustati (anzi, bevuti!) sono Grands Echzeaux 1989 e Richebourg 1999, e lo chef de cave Bernard Noblet, come premio per averli indovinati, ci apre un Romanée-Conti 1954. Annata difficile, gran vino.
Bernard Noblet al Domaine de la Romanée-ContiPoi, visita al Domaine Armand Rousseau. Il “patron” Eric ci fa assaggiare dalle botti l’annata 2007, per poi regalarci una piccola verticale di Clos Saint Jaques e una di Chambertin. Mano fatata, vini come piacciano a me (purtroppo non solo a me). E a seguire, sempre per non farsi mancare nulla, degustazione al Domaine Denis Mortet con i vini fatti dal giovanissimo e talentuoso figlio di Denis, Arnaud, che ha appena preso le redini della cantina dopo la tragica scomparsa del papà. Arnaud è bravo: c’è la densità dei vini di Denis. Arnaud gli ha forse donato un filo di eleganza in più.
E non è finita. Ci aspetta una visita d’eccezione: degustazione e cena al Domaine Bouchard Pere & Fils, acquistato nel 1995 da Joseph Henriot. Siamo al centro di Beaune, nell’imponente costruzione che ha resistito alla rivoluzione francese e alla seconda guerra mondiale. Avevo sentito favoleggiare della sua enorme cantina in cui erano contenute oltre un milione di bottiglie (sarà vero?), ma non avrei nemmeno sognato di visitarla. E invece sì. Entriamo in cantina da un cunicolo lungo quasi sette metri, murato durante la rivoluzione e l’occupazione tedesca (si sa, rivoluzionari e militari non sono astemi…). Apprendiamo che tutte le “vecchie” bottiglie della cantina sono state stappate e solo quelle perfette ricolmate e ritappate. Del XIX secolo pare ne siano “avanzate” (si fa per dire) oltre duemila, incluso il Meursault Charmes 1846, il Montrachet 1865 e il Clos de Vougeot 1865 (conto ventuno bottiglie).
Scorcio della cantina Bouchard
Si va a cena. Tutti i vini sono serviti alla cieca. Iniziamo con un Henriot Cuvée des Enchanteleurs 1985, Champagne elegante, cremoso e con finale fumè, seguito dal Mersault Perrieres 2002 di Bouchard, succoso, denso e vibrante. Si procede con la verticale di Clos de Vougeot. Veniamo informati che si comincia con tre vini del ‘900 e si finisce con uno dell’800. Le tre annate “giovani” sono 1998, denso, elegante e aromatico, il 1948, in perfetta forma, fine e con una piacevole nota di fungo porcino, e infine il 1928, in fase discendente ma ancora con un buon volume e terziari affascinanti che culminano in note di tartufo nero e finale di giuggiola. Non difficile individuare le annate visto che ci era stato suggerito che terminavano per 8. Quando è la volta dell’ultimo vino, tutti, dopo quello che ci siamo detti in cantina sull’annata 1865 – che, per la cronaca, secondo Michael Broadbent è una delle quattro migliori annate del XIX secolo – ed il conteggio delle bottiglie effettuato in cantina siamo convinti che berremo il Clos Vougeot 1865. Certo che, dopo aver visto il vino nel bicchiere, il dubbio sorge a tutti: il colore non è mattonato, se non addirittura ambrato come tutti ci aspettavamo. E’ invece rosso rubino carico, limpido. Ci stiamo sbagliando di un secolo? Pare di no. È proprio il 1865, come tutti avevamo sperato. Apprendiamo che si tratta di una bottiglia stappata, ricolmata e ritappata nel 1943 e successivamente nel 1991. Ma torniamo al bicchiere. Il naso, leggermente chiuso (dopo 143 anni…), dietro una nota di stallatico e salsa di soia, mirtillo e sottobosco. In bocca, dopo un bell’attacco il vino è fresco, carnoso, ancora dotato di un bel volume, vellutato e balsamico. In bocca è sorprendentemente potente, stratificato ed equilibrato, con un finale lunghissimo. Un vino stupefacente.