Il Campionato dei Grandi
Come mettere a confronto 16 bottiglie di Bordeaux Premier Cru di diverse etichette e di diverse annate, per decretarne la migliore? Ho scelto una formula che mi è parsa divertente, quella del Campionato del mondo di calcio usata anche in Champions League: quattro gironi all’italiana di singole verticali su 4 annate della stessa etichetta e poi la fase ad eliminazione diretta con le prime due in finale. E un ultimo tocco, per rendere il tutto davvero speciale, un divertente confronto del vincitore con un outsider in blind tasting.
I quattro gironi
Appuntamento dall’amico Alessandro Pipero presso il suo ristorante stellato di Roma. Otto partecipanti: oltre a Paolo Lauciani (FIS Roma) a fare da anfitrione, i grandi amici Orazio, Mario, Gianluca, Giorgio, Barbara e Agnese.
L’emozione di stappare queste sedici icone di Bordeaux uscite dalla mia cantina privata era immensa. Per non sbagliare, al cavatappi l’abilissimo Roberto Zitelli che con maestria unica ha salvato un paio di bottiglie dai loro tappi segnati dall’età. Tutte le bottiglie erano perfette.
La fase finale
I primi due dei quattro gironi.
- Chateau Latour: un’ inattesa potenza ed eleganza dal 2003 e un 1966 mai tramontato.
- Chateau Lafite: le annate 1996 e 2003 che pur non avendo superato i quarti di finale, a giudizio unanime dei partecipanti, avrebbero potuto reggere in modo regale una serata dedicata.
- Chateau Mouton: il sempre eccellente 1982 e uno spettacolare 1959
- Chateau Haut-Brion (l’unico non Pauillac): un sorprendente ma atteso 2005 e il già blasonato 2009, penalizzati dalla giovane età, nonostante l’elevata valutazione (voto 95 entrambi) non superano i quarti di finale. Basterebbe aspettare qualche anno e il risultato potrebbe cambiare.
Il meraviglioso Latour 1966 (voto 97) – vino maschio, con le sue note di tabacco e grafite – così come il grandioso Mouton 1959 (voto 96) – vino integro e perfino austero con note affumicate e di mentolo – non passano le rispettive semifinali. La finale al cardiopalma regala un testa a testa fra i due colossi rimasti a contendersi il titolo: il Latour 2003 – che ha sorpreso tutti per quell’annata mai valorizzata abbastanza e foriera di piacevoli note di tartufo ed anice stellato (voto 98) – e il capolavoro di Pauillac nell’annata 1982 con un Mouton da leggenda (voto 99). Un vino, quest’ultimo, ancora giovane, ricco di tabacco e rabarbaro e, per usare l’espressione molto azzeccata di Paolo Lauciani, “gravido” di cassis, con una potenza incisiva, un finale lunghissimo e un intrigante retrogusto di menta, tabacco e liquirizia.
Tra un campione e l’altro, qualche pausa con calici freschi a base di uno strepitoso Dom Perignon Oenotheque 1995, perfetto esempio di equilibrio degli opposti, e di uno Chassagne-Montrachet di Ramonet 2014 floreale, balsamico, minerale, intenso e teso come una corda di violino.
La sorpresa (anzi, le sorprese)
Come poteva mai finire una serata così, se non cercando di smorzare la tensione accumulata durante la degustazione di questi sedici mostri sacri? Beh, a me piace la provocazione e quindi ho deciso di concludere con una chicca… Un’ ultima bottiglia da servire alla cieca, per rilassarsi e finire in bellezza. Concentrato, intenso e sfaccettato, con un gusto che ha un che di bordolese. La bottiglia “misteriosa” era un Vega Sicillia Unico – Riserva Especial nel blend 1990-1991-1994. Giocare a indovinare a fine serata è stato molto divertente e qualche amico intraprendente è anche arrivato molto vicino a svelare l’ospite misterioso!
Per concludere, l’amico Gianluca ci ha deliziato con una bottiglia degna di una serata d’onore. Un Yquem 1950 semplicemente perfetto, dal tipico naso di buccia di arance amare, zafferano e frutta candita, con una dolcezza suadente che invita al sorso successivo. Quale miglior bicchiere della staffa!
Iniziativa fantastica l’impostazilne A gironi con semifinali e finali geniale. Molto curioso di poter assaggiare un Yquem tipo quello del 1950... Insomma ogni volta non finisco mai di stupirmi di quanto entusiasmo e passione scaturisce dai vostri articoli Bravi
Confronti senza un senso, bisognerebbe avere più rispetto per la storia di Bordeaux ?
Un Circo Barnum ?
Grande rispetto per Bordeaux e la sua storia, negli anni passati a recuperare bottiglie, a studiare vini ed annate per provare una fantastica panoramica su una grande fetta di storia di Pauillac e di Haut Brion. La passione e lo studio è sempre sinonimo di rispetto, un pò meno i giudizi affrettati e superficiali.
[…] è altresì a capo del Domaine Dillon che, da pochi anni, ha acquisito un’icona enologica qual è Château Haut-Brion. Su tali presupposti è facile farsi un’idea del contesto in cui si colloca il ristorante: una […]