La rivincita gastronomica di un’intera regione parte dalla nuova linfa dei giovanissimi
Se da qualche anno a questa parte giovani talenti già affermati, come Luca Abbruzzino e Caterina Ceraudo, hanno fatto accendere i riflettori sull’alta cucina calabrese, una serie di altrettanto bravi giovani cuochi sta pian piano asfaltando questo solco ben tracciato, con l’intento di risollevare le sorti gastronomiche di un’intera regione che si sta facendo scoprire dal grande pubblico (anche internazionale).
Dalla costa tirrenica a quella ionica, dal Pollino all’Aspromonte, passando per la Sila, c’è un grande fermento per cui varrebbe la pena fare qualche chilometro.
A distanza di due anni dall’ultima visita siamo ritornati a La Tavernetta, un faro della ristorazione calabrese, e ci siamo imbattuti nella cosiddetta fase del cambiamento. Quella in cui tutte le certezze della storia del locale vengono messe in discussione, con coraggio e consapevolezza, proiettando il presente, intriso di stimoli e voglia di sorprendere, verso un futuro che tende ad una messa a fuoco stabile tra innovazione, tradizione e personalizzazione.
Questi luoghi offrono tantissimo, soprattutto nei prodotti della terra (il tartufo lo si trova in tutte le stagioni, e quello nero estivo è un prodotto di eccellenza) e offrono la possibilità di lavorare a stretto contatto con produttori e artigiani, dai quali si può attingere una materia prima con pochi eguali.
Due proposte: una gourmet e una territoriale
La famiglia Lecce ha lasciato l’intera gestione della cucina al secondogenito Emanuele, venticinquenne, con esperienze recenti da Crippa e in partenza per le grandi cucine di Francia.
La voglia di far scoprire prodotti e piatti gourmet anche extraterritoriali è tanta e da queste parti – luoghi poco avvezzi ad arzigogoli gourmet – non guasta neanche tanto, al punto che una parte del menu è dedicata ad una cucina più globale. Ma la parte senz’altro più interessante della proposta resta quella che vede come protagonista l’espressione del territorio e l’utilizzo dei suoi prodotti.
Si parte dalla Sila, con il manzo podolico servito a battuta con erbe di campo, il Risotto mantecato con melanzana alla brace, porcini disidratati e anice silano, la generosa variazione di funghi locali e il Raviolo porcini e tartufo, per arrivare al resto della regione con gli Gnocchi di patate silane serviti con ‘nduja, crema di pecorino crotonese e cipolla di Tropea. Proprio quest’ultimo, che può sembrare un’accozzaglia forzata di banalità gastronomiche, si è rivelato invece un piatto equilibrato e gustosissimo nel suo insieme.
C’è ancora un gap da colmare tra reparto dolciario e tutto il resto, ma l’audace Namelaka al caffè, sorbetto d’anice e cialda al rosmarino lascia ben presagire per il futuro.
Al momento ci sentiamo di dare fiducia a questo locale ed arrotondare il giudizio per eccesso, ma di strada da percorrere ce n’è ancora.
La galleria fotografica:
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Battuta di podolica, tartare
La bistecca alla tartara (conosciuta anche come carne alla tartara, steak tartare o più comunemente tartare) è un piatto a base di carne bovina o equina macinata o finemente tritata e consumata cruda. La ricetta prevede che dopo essere stata triturata la carne deve o marinare nel vino o in altri alcolici oppure viene aggiunto del succo di limone e... Leggi di rapa rossa crema di tuorlo e germogli estivi. Piatto materico che ha come protagonista una grandissimo prodotto locale.
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- Melanzana bruciata (buonissima), pane, pomodoro e mozzarella (l’unico ingrediente dell’intero piatto che non ci ha entusiasmato in termini di concentrazione e consistenza).
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- Risotto mantecato con polpa di melanzana alla brace porcini e semi d’anice. Molto buono ed elegante.
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- Raviolone di porcini al tartufo (dal 1988). Una ricetta di famiglia rivisitata con una cifra tecnica più evidente.
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- Semplici ma di rara efficacia gli gnocchi igp, salsa ‘Nduja, crema di pecorino e cipolla di Tropea. Piatto gustosissimo e riuscito.
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- Latte e albicocche. Una sorta di pannacotta senza mordente. Il piatto meno riuscito dell’intero pranzo.
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