La prima succursale di Cannavacciuolo: un bistrot comme il faut
Il termine bistrotBistrot o Bistrò. Piccolo locale tradizionale francese che offre un servizio simile all'osteria italiana. La crescita esponenziale di locali di avanguardia in formato Bistrot (negli anni 2000), prima in Francia come risposta all'alta cucina da Hotellerie e poi in tutta Europa, ha segnato un vero e proprio 'movimento' gastronomico associabile al termine "Bistronomia", da cui deriva l'aggettivo 'Bistronomico' (usato dagli... Leggi, oggi molto abusato nella ristorazione, viene associato a una tavola economicamente accessibile, poco formale o, come nel caso del coinvolgimento di un grande cuoco, a una sorta di versione low cost del ristorante principale, una (preziosa) vetrina accessibile a una ampia e disparata gamma di clienti.
Raramente però evoca quello che forse è il significato più autentico da cui nasce il termine transalpino, ossia un caffè/osteria con vini alla mescita.
Ecco, il bistrot di Antonino Cannavacciuolo, tavola pilota delle sue aperture “pop”, che esprime al meglio il vero significato di bistrot.
Dopo essere entrato nelle case di molti italiani, facendosi amare dal pubblico di tutte le età per la sua genuina presenza, Cannavacciuolo ha deciso di ampliare il suo raggio d’azione – per il momento all’interno dei confini sabaudi – cavalcando l’onda del successo televisivo, con due poliedriche succursali del suo bellissimo ristorante sul Lago d’Orta. E, neanche a dirlo, il successo non si è fatto attendere.
Certo, è inutile ribadire quanto lo chef partenopeo sappia il fatto suo in cucina e, soprattutto, quanto sia bravo come ristoratore. Il progetto novarese, sorto negli spazi del foyer dello storico Teatro Coccia, ne è una piacevolissima conferma. Anche al di sopra delle aspettative.
Sala piena, servizio rapido e piatti all’altezza
Il fatto che ci facciano aspettare qualche minuto per (ri)apparecchiare il nostro tavolo (al secondo turno!), servendoci al bar una bollicina e una eccellente pizza fritta, ci fa subito capire che siamo al cospetto di una piccola macchina da guerra. La sala è piena, ma tutto scorre con ritmo incalzante. Nel menu gli antipasti, i primi, i secondi e i dolci sono suddivisi in metaforiche categorie teatrali, ouverture, musical, opera e balletto.
La cucina, affidata al bravo Vincenzo Manicone, viaggia in parallelo con lo stile proposto al Villa Crespi; i piatti sono equilibrati e armoniosi. È una cucina solida ed elegante, caratteristica, quest’ultima, che ha sempre contraddistinto lo stile dello chef partenopeo.
Ad esclusione del sapore evanescente di uno degli stuzzichini iniziali e del pre-dessert (una spuma al basilico e limone), abbiamo apprezzato praticamente tutto: dalla rotondità degli Spaghettoni con trippa, burrata e gamberi rossi, ai domati contrasti fenico-acidi del Risotto con ricci, cavolfiore e tuorlo d’uovo marinato al bergamottoIl bergamotto è un agrume coltivato quasi esclusivamente in Italia, in particolare nella provincia di Reggio Calabria. Ha forma sferica o a pera ed è di colore giallo. Il frutto viene raccolto tra novembre e marzo. Non è commestibile (il gusto acidulo della polpa è assai sgradevole), ma è molto ricercato per la sua aromaticità. Se ne ricava un olio... Leggi, fino al classico Capocollo di maialino con zucca e aglio nero. Interessanti e moderni anche i dolci, a tratti anche più audaci dei piatti salati, inclusa la golosissima piccola pasticceria nel finale.
Troviamo intelligente anche la politica sui ricarichi delle bottiglie. Assolutamente in linea con i prezzi (contenuti) dell’intera offerta. Bravi.
Il servizio è ben oliato, sebbene si mostri un po’ distaccato e sbrigativo (forse c’e qualche coperto di troppo?); gli ambienti sono poco ariosi e gli spazi ridotti, anche se i dettagli degli arredi sono curati e conferiscono al luogo una identità ben definita.
Un’esperienza complessiva decisamente di qualità.
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Cenato ieri sera,tutto ottimo servizio e cibo,