Valutazione
Pregi
- Una cucina contemporanea ma con solidissime basi classiche.
- Il servizio, formale ma cordiale e non imbalsamato.
- Il rapporto... quantità/prezzo, lodevole.
Difetti
- I molteplici e differenti stimoli possono confondere e non far apprezzare a pieno il tutto.
- Attenzione nella scelta dei menù, il numero dei piattini che giungono a tavola è davvero notevole.
Parigi, VIII arrondissement. Due passi dagli Champs Elysées, altrettanti dall’Arc de Triomphe.
In uno dei quartieri dalla più alta concentrazione di ostentazione al mondo, adiacente ad una struttura alberghiera nemmeno a dirlo a cinque stelle, opera un ristorante che, ormai da svariati anni, di stelle ne porta al petto due di meno. Ed è uno tra i primi indirizzi che salta in mente all’appassionato, non appena si parla di alta cucina francese, un luogo dove si sono formati innumerevoli chef divenuti poi altrettanto bravi e famosi.
In un contesto simile, crogiolati nel bello, circondati dalle numerose e costanti attenzioni del personale e rilassati in un quieto ambiente, non lussuoso ma assolutamente elegante, è possibile che il primo aggettivo che balzi in testa, che l’associazione mentale -praticamente automatica- fatta a posteriori sia… “divertente”?
Ebbene sì, se il luogo in questione porta il nome di Pierre Gagnaire, potete stare certi che sarà così.
Nonostante il già menzionato servizio che, malgrado a questi livelli si possa praticamente dare per scontato, è di tale precisione e discrezione da riuscire comunque a colpire, gli aspetti più stupefacenti di questo luogo (e nello specifico della sua cucina) sono la molteplicità e l’intensità degli stimoli ai quali si è sottoposti. Un vortice che inizia con gli stuzzichini appena seduti al tavolo, e termina soltanto una volta giunti alle strepitose praline, in accompagnamento al caffè.
Impeccabili sfoggi di tecnica, sapienti modulazioni di acido ed amaro, marcati contrasti di temperature, virtuosi piatti-francobollo in luogo di portate faraoniche: raccontata così, chiunque si aspetterebbe di trovare in cucina un ragazzino, un talento emergente, uno chef con un sacco di idee e la fiamma della voglia di stupire ben viva in corpo.
Evidentemente, Gagnaire giovane lo è dentro: nonostante un’età anagrafica dove i più iniziano a godersi la pensione, lui riesce ancora a creare, a divertirsi ma soprattutto a divertire.
La sua è una cucina dallo stile contemporaneo, che fa un uso sottotraccia e mai evidente di tecniche moderne, e nonostante la costante ricerca in collaborazione con l’amico (nonché noto chimico, attivo in campo gastronomico) Hervé This, trova i principali e più evidenti punti di forza nella qualità delle materie e nella concentrazione dei sapori, davvero esemplari.
Inoltre una peculiarità storica (al punto che ha permesso di coniare il termine “gagnairiano”) è il frazionamento della singola portata in vari piatti, che compariranno al tavolo tutti assieme od in vari servizi, a seconda della natura della stessa e delle scelte in cucina.
Questo, malgrado il menù degustazione piccolo (amuse bouche, plat, desserts), comporterà il ritrovarsi travolti da una quantità imbarazzante di piatti e piattini, contenuti nella dimensione ma non certo nel gusto, dei veri e propri piatti compiuti che funzionerebbero anche nelle vesti di portata vera e propria.
Poi un gran piatto d’impostazione più classica, giusto per ricordarti che sì, il talento, la tecnica, l’inventiva, gli ammennicoli… ma i quarant’anni di esperienza ai massimi livelli ci sono, e non vi è alcun motivo di dimenticarli.
Si continua quindi con i superbi dessert, quattro, impostati su quattro stili differenti ma tutti di livello eccelso, a dimostrazione (qualora ancora ce ne fosse bisogno) di una padronanza della cucina davvero a 360°.
Un’esperienza totalmente appagante e di reale divertimento dunque, che trova il suo unico aspetto negativo proprio all’interno di quello positivo: affrontando così tanti stimoli nel corso di un pasto, dato che molti dei piatti arrivano “in gruppo”, si rischia di non dare il giusto peso alle singole creazioni, di restare un po’ tramortiti dalla varietà delle stesse e di non riuscire a metter tutto correttamente a fuoco. E se già ciò accade con il menù piccolo, non osiamo immaginare con quelli più ampi… oltre a correre il serio rischio che anche gli stomaci “a fisarmonica” siano messi a dura prova dalle quantità, a conti fatti davvero ragguardevoli.
Con buona pace di tutti quelli che “…macché ristoranti gourmet, che fuori da lì poi devi farti una pizza!”
Scorcio di sala e mise en place
Picoli stuzzichini iniziali, notevoli grissini, burro.
Biscotto al Parmigiano con crema di Parmigiano, tonno colorato alla barbabietola…
…cialda rapa, limone e crema di olive (nel bicchierino sottostante).
Il vino, scelto dalla brava sommelier.
Cialdine di pane, servite con…
…un illegale burro agli agrumi, dall’intensità pericolosa.
I fantastici pani.
Granita di peperoni verdi, vellutata verde e cannolicchi. Il piatto dei contrasti: caldo/freddo, sapido/erbaceo, gommoso/cremoso: partenza a razzo.
Rillette di leprotto al combawa ricoperta di succo di carote; boccone d’albicocca soffice al lardo di colonnata.
Uova di salmone biologico e cuore di palma fresco, crema al limone e gorgonzola, duxelle di champignon di Parigi.
Un quadro di questa cucina: un turbine di sapidità, acidità, grassezza e terrosità in solido equilibrio, in un boccone da due centimetri quadrati.
Latte di haddock legato con patate, avocado. Altro boccone di grande intensità, compresso in una tazzina da caffé.
Fagioli di Paimpol, gamberetti grigi e cecina; salvia croccante.
Impiattata in sala la portata principale:
Merluzzo giallo cotto sulla sua pelle, mousselineLa crema mousseline, o meglio le creme mousseline, rappresentano un arricchimento della crema pasticcera. Infatti sono realizzate con una base di crema pasticcera, con aggiunta di burro. A questa base vengono poi aggiunte, a caldo, le varie aromatizzazioni, che possono essere costituite da liquori, cioccolato, paste di frutta secca (nocciola, pistacchio, mandorla), paste di frutta. La crema mousseline viene utilizzata... Leggi d’olio d’oliva al tandoori, melanzana di Firenze.
Cottura esemplare per il merluzzo, salsa che da sola fa il piatto, in perfetto e strabiliante equilibrio tra morbidezza, gusto e rotondità, completato dal lieve apporto dolce ed astringente della melanzana. Impiatto semplice e non particolarmente ricercato, in realtà una gran portata.
…con a parte, una gustosissima cialda croccante, bagnata con i succhi del merluzzo, e spinaci appena saltati…
…il tutto servito con un’insalata di farro appena calda e verdure brasate, abbondantemente passate nel burro.
I deliziosi predessert, piccoli capolavori di tecnica e gusto.
ParfaitIl parfait è una preparazione dolce di origine francese: si tratta di un gelato del tipo semifreddo, leggero, molto delicato e soffice come una spuma, confezionato con un unico composto di base (frutta secca, cioccolato o anche prodotti salati e vegetali).... Leggi al papavero ricoperto di cioccolato dulcey, velouté di latte di cocco, banane e mango.
Primo dessert, dolce e morbido, su note tropicali.
Pasta di mandorla al tè verde Matcha, gelatina al moscato, melograno.
Secondo dolce,l’opposto: amara la mandorla, tannico il matcha, acida la gelatina, acido il melograno. Dessert decisamente spinto.
Crema di limone, tarteletta con cioccolato Cuba, disco di pompelmo, ganacheDetta anche 'parigina', la ganache si ottiene mescolando panna fresca e cioccolato insieme a una piccola parte di burro. Si prepara versando la panna bollente sul cioccolato e mescolando con piccole oscillazioni al centro del recipiente.... Leggi di cioccolato Venezuela.
Terzo (splendido) dessert: modulazioni di dolcezze ed acidità attraverso due varietà di cioccolato, a temperature differenti, che avvolgono le acidità del limone e del pompelmo. Applausi.
Gateau alla mela, mousse di mela verde, uvetta profumata al Rum.
Ultimo dessert, caldo, avvolgente e più ordinario, ma non per questo di minor valore.
Le fantastiche praline.
Dettagli della sala.
Per chi lo gradisse, è possibile richiedere il tavolo dello chef, con vista sulla cucina.
Ribes? Ma quello è melograno!
Si, a dire la verità nelle mie note avevo segnato melograno, poi quando il cameriere ci ha gentilmente trascritto il nome completo dei dolci su un foglietto ha scritto "ribes". Io, pur nel dubbio, ho riportato pedissequamente quanto da lui scritto... ma due indizi fanno una prova. :-)
Va bene
È difficile entrare del tutto in sintonia con Gagnaire, probabilmente non ci riuscirebbe lo stesso Gagnaire. Troppe sollecitazioni, troppi stimoli, troppo tutto. Il genio è indubbio, ma il giudizio sulla sua misura varia in continuazione non solo da cena a cena, ma anche da portata a portata, anzi da mini portata a mini portata. In ogni caso la sua cucina, basata su un piatto-pianeta circondato da satelliti, dà inevitabilmente il meglio, ed è più leggibile, alla carta: nei menu degustazione è più diluita, meno incisiva. Ma anche alla carta, pur limitandosi (si fa per dire) a tre piatti, si rischia l'overdose gustativa. Questo il commento di una persona, abituata alle grandes tables, dopo un’entrée di Gagnaire: “Fantastico, una delle migliori cucine di sempre, quando torniamo?”. Questo il commento della stessa persona dopo il piatto successivo: “Basta, non ne posso più, non ha senso, non ci capisco più nulla, sono stufa, andiamocene, non penserai sul serio di prendere anche il dessert?”
Come sempre mi trovo in piena sintonia con Emanuele Barbaresi. Basta osservare il menu esposto fuori per rendersene conto: dalla descrizione non capisci se stai leggendo il nome di un piatto o di un menu-degustazione, e i prezzi vanno di conseguenza, sempre sopra i cento euro (per piatto). In questo tourbillon vi sono alti e bassi nelle preparazioni e almeno nel mio caso anche nei prodotti. D'accordissimo sull'eccezionale servizio, con gli stessi super-professionisti presenti da molti anni e premiati da un pubblico che si fa accogliere numeroso anche un lunedì a pranzo.
E poi bisogna anche considerare un’altra cosa– che se distribuissi ancora ventesimi terrei conto più di un tempo –, il fattore casualità. Da Gagnaire è quasi inevitabile convincersi che, nella costruzione dei piatti, ci sia qualche elemento casuale di troppo. La cosa deriva ovviamente dalla loro sovrabbondanza, ma è difficile far finta che non ci sia. Ogni volta che arriva un piatto, alla fine, si rischia di chiedersi: “Perché questo ingrediente, questa aggiunta, questo accostamento?”. Persino nei passaggi migliori si ha l’impressione che ci sarebbe potuto anche essere un altro elemento, un altro abbinamento, un’altra preparazione, magari del tutto diversi, e il risultato non sarebbe cambiato poi di molto. È un po’ la sensazione che si provava – forse si prova ancora –, sia pure su scala minore, anche da Vissani. E che non si proverà mai, che so, da Crippa, da Bottura, da Parini, da Redzepi, da Passard (quando Passard era Passard). Dove il piatto che hai davanti è sempre compiuto, finito, concluso, magari non perfetto, certo, ma il cui senso è in genere percepibile, quando non evidente, pur se si tratta di cucine completamente diverse fra loro. Perché dietro a ogni piatto c’è un grande studio. E in questo studio ci potrai mettere molto (Bottura) o, al contrario, pochissimo (Parini), se il talento è superiore, ma il risultato finale sarà senz’altro più convincente, anche laddove non è migliore.
Sono d'accordo Emanuele, ed infatti non è un caso se Gagnaire è un 18, mentre una larga parte degli chef da te citati sono i nostri 19... :-)
Sì, infatti. In realtà però su Gagnaire il mio dubbio, per quel che possono valere i numeri, sarebbe tra 17 e 18
Difficile imputare a Gagnaire, però, la propria, generosa, ricchezza di stimoli, la maggior parte dei quali centrati, come colpa sanzionabile più di tanto in termini di voti. Il discorso sulla giustificazione della presenza nel piatto di questo o quell'ingrediente mi sembra più centrato, invece, sulla cucina di Vissani. Concordo pienamente, poi, sull'assoluta necessità di scegliere dalla carta e non più di due piatti a testa, magari con il dolce da dividere in due.