Valutazione
Pregi
- Un locale di eleganza davvero notevole.
- Cucina di grande equilibrio e tecnica.
Difetti
- Servizio un po’ distratto.
Pascal Devalkeneer è uno dei nomi più prestigiosi della cucina belga, come testimonia anche il fatto che Ferran Adrià lo indichi tra i 10 chef contemporanei da seguire nel bellissimo volume “Coco” .
Nato in Africa da un padre grande appassionato di gastronomia, officia allo Chalet de la Forêt da quindici anni, ben prima che la Flemish Wave si caratterizzasse come uno dei movimenti più frizzanti della gastronomia europea.
Devalkeneer, d’altronde, non è assimilabile a nessuna avanguardia perché è uno chef più classico, che sa stare nel suo tempo senza nostalgie e guardando, come pare indispensabile oggi, anche a est, ma con la consapevole volontà di fornire soprattutto un’esperienza di grande ristorazione classica.
Il locale è incantevole: ai bordi della foresta di Soignes, splendido polmone verde di Bruxelles. Lo chalet è stato ristrutturato con grande sapienza ed è veramente elegante. L’ambiente perfetto per collocarvi una serata romantica o un pranzo d’affari, a patto che la cucina sia altrettanto notevole. E, fortunatamente, l’offerta gastronomica non delude, a meno che non si pensi d’imbattersi nell’esperienza della vita.
Dopo qualche esitazione iniziale, un po’ sorprendente in un locale di questo tono (i ravanelli apripista sono simpaticamente “rustici”, ma è meno simpatico riportarli per sbaglio una seconda volta, facendo invece lungamente attendere per menù e carta dei vini), la partenza è fatta di amuse bouche molto buoni tra cui svetta lo yogurt affumicato con tapiocaLa manioca (Manihot esculenta Crantz), anche nota come tapioca, cassava o yuca (da non confondere con la yucca, pianta succulenta dell'America centrale), è una pianta della famiglia delle Euphorbiaceae originaria del Sudamerica. Ha una radice tuberizzata commestibile, molto ricca in amido. La specie è coltivata in gran parte delle regioni tropicali e subtropicali del mondo. La radice viene preparata e... Leggi ed erbe.
La mano è sapiente, sia quando si consente digressioni più contemporanee (il “povero” sgombro con verdure acidulate e vinaigrettePer vinaigrette si intende una miscela di sale, olio e aceto. Viene utilizzata come condimento per insalate, piatti di verdure crude o cotte e alcune varietà di pesce. In generale si prepara con 2/3 di olio e 1/3 di aceto e l'eventuale aggiunta degli altri ingredienti a piacere (senape, pepe, vino bianco o aceto balsamico). Per una buona riuscita della... Leggi di soya e yuzuLo Yuzu è un albero da frutto distribuito nell'Asia orientale del genere Citrus. Si pensa che sia un ibrido tra il mandarino e il papeda. Il frutto è molto aromatico, il diametro è solitamente compreso tra 5,5 e 7,5 centimetri, ma possono arrivare anche a 10 centimetri.... Leggi, arricchito dal caviale che ne arrottonda e ingentilisce il finale) sia quando sta nel super classico, come nella variazione d’agnello con spinaci e pacchero ripieno della spalla d’agnello tritata: cotture millimetriche. Peccato per qualche passaggio un po’ scolastico (il tonno rosso) e per un branzino non entusiasmante per sapore della materia prima che smorzano gli ardori del recensore.
Il reparto dolce è coerente con il resto: pre-dessert all’insegna della freschezza, con la granita di saké con fragola, limone e cetriolo (quest’ultimo è ormai di gran moda, come visto anche da Desramault) e dolce principale un po’ confuso visivamente ma davvero notevole al palato (con mini madeleines da primato).
Per una volta, segnalazione anche per i petit fours, in particolare per una tartellette con crème brûléeLa crème brûlée è un dessert a base di crema inglese (in questo caso tuorli, panna liquida e non latte, vaniglia e zucchero) cotta sormontata da una sfoglia croccante di caramello. Differisce dalla crema catalana per l'utilizzo in quest'ultima di latte intero e non di panna, ma anche per la tipologia di cottura: in forno a bagnomaria per la brûlée... Leggi che ricorderemo a lungo.
Carta dei vini interessante, prevalentemente francofona, aperta a etichette non scontate e prezzata meglio di quanto si potrebbe temere, dalla quale abbiamo scelto con gran piacere una chicca già nota, il Rully 1er Cru «Meix Cadot» di Vincent Dureuil-Janthial, la prova eccellente che si può bere grandi Borgogna in denominazioni non famosissime, spendendo cifre più che ragionevoli (nel caso circa 50 euro).
Patate al tartufo con carbone di mais: presentazione all’insegna di un elegante trompe l’oeil.
Yogurt affumicato con tapioca ed erbe.
Sgombro con verdure acidulate, caviale e vinaigrette di soia e yuzu: un piatto “povero-ricco” maneggiato con la cura di una grande table.
Branzino con funghi, fave e tartufo estivo: idea e abbinamenti riusciti, ma l’ingrediente principale non entusiasma.
Tonno rosso appena poché, foie grasIn francese significa letteralmente "fegato grasso" ed è definito dalla legge francese come "fegato di anatra o di oca fatta ingrassare tramite alimentazione forzata”. È uno dei prodotti più famosi e pregiati della cucina francese. Esistono tipologie di 'foie gras' non derivate da animali sottoposti ad alimentazione forzata. Spesso il fegato grasso è associato all'alta cucina francese e internazionale per... Leggi, rabarbaro e riduzione di frutti rossi: terra-mare un po’ scolastico ma tecnicamente indiscutibile.
Variazione d’agnello con spinaci selvatici e pacchero ripieno di spalla d’agnello.
Granita di saké con fragola, limone e cetriolo.
Mirtillo e sedano con gelato al fromage blanc e madeleines.
Petits-fours di fattura davvero notevole e ottime gelatine.
Uno scorcio dal nostro tavolo.