Valutazione
Pregi
- Una delle location più belle di Ischia, sicuramente la più famosa.
- Materie prime di alta qualità.
- Carta dei vini con ricarichi onesti ed attenzione alle realtà locali.
Difetti
- Alcuni piatti non perfettamente centrati.
- Una cucina che dà l’idea di avere il freno tirato.
- Come già rilevato nella precedente visita, i servizi non all’altezza del locale.
Un’isola sempre affascinante quella di Ischia.
Il verde dei boschi, il blu del mare, i vapori delle acque termali, il profumo dei limoni.
Conquista il cuore e ritempra lo spirito.
La cultura dell’accoglienza e dell’ospitalità che permea il cuore degli ischitani si percepisce allo stesso modo tanto nelle lussuose strutture 5 stelle quanto nei piccoli bed & breakfast, come nei ristoranti più blasonati quanto nelle tipiche trattorie dell’entroterra.
Ma, tra le tante strutture, ce n’è una in cui questa cultura acquista un sapore ed un fascino tutto particolare, consentendo ancora oggi di respirare quell’aria di dolce vita che, dalla metà del secolo scorso, ha reso questo angolo di paradiso una delle mete più ambite dal jet set: L’Albergo della Regina Isabella a Lacco Ameno.
Raffinato e mondano come pochi altri.
A completare la sua già ricca offerta, dal 2009 è arrivato l’Indaco, una proposta gourmet degna dei palati più fini ed esigenti.
In sala cortesia e professionalità, in cucina il timone è affidato allo chef Pasquale Palamaro.
Ischitano doc, giovane e capace, a suo agio sia con i piatti di terra che con quelli di mare, dimostra di avere un buon palato ed una buona mano.
Però, come già segnalato nella nostra precedente visita, potrebbe forse essere un po’ più coraggioso, più ambizioso.
Intendiamoci, si mangia bene. La qualità si avverte sia sotto il profilo della materia prima, sia sotto quello squisitamente tecnico. La sensazione però è che manchi quel quid pluris che rende un’esperienza gastronomica unica e riconoscibile.
Qualche incertezza nella concezione di alcuni piatti (a partire proprio da quello di benvenuto), alcune sensazioni di déjà vu (l’olio in polvere, tanto per fare un esempio) ma soprattutto la riproposizione degli stessi elementi in piatti differenti (la crema di mozzarella, le chips di patate sotto la cenere, persino lo stesso fiore edule riproposto in tre differenti portate) danno l’impressione che la voglia di sperimentare si sia presa una pausa, che si tenda un po’ troppo a restare su sentieri sicuri, già battuti, quasi che la vena creativa fosse in esaurimento (cosa che ci sentiamo assolutamente di escludere).
Un atteggiamento comprensibile per uno stellato che si trova ad operare nella scettica periferia gastronomica italiana, in cui è già difficile far accettare una proposta diversa da quella tradizionale ed in cui, osando troppo, si rischia di bruciarsi perdendo quella clientela che faticosamente si è riusciti a portare a tavola.
Molto meno comprensibile se, oltre al talento, che a Palamaro non difetta di certo, si ha la fortuna di avere una location, una struttura alle spalle ed una clientela evoluta come quelle di cui può godere l’Indaco.
Qui si può e si deve osare di più.
I sapori sono comunque piacevoli, leggermente appiattiti su una nota dolce ma, salvo qualche eccezione, abbastanza equilibrati.
La carta dei vini, ben assortita tra italiani ed internazionali, merita una doppia menzione d’onore.
La prima per i ricarichi che appaiono ben calibrati. La seconda per la cospicua presenza di vini locali, un esempio che molti ristoranti in Italia dovrebbero seguire, stellati e non.
In conclusione, a scanso di equivoci, va ribadito che, nonostante ci sia qualcosa da rivedere, dalla tavola ci si alza comunque con il sorriso, segno inequivocabile che il palato è stato adeguatamente gratificato.
Allo chef un solo consiglio: provare a togliere il freno a mano e spingere sull’acceleratore.
La macchina c’è, il pilota anche, al prossimo passaggio ci piacerebbe assistere ad un “giro” record.
La tavola con cestino del pane, grissini, crackers e spugne di alici con burro.
Il benvenuto della cucina: gambero, uovo, chips di patate sotto la cenere su crema di mozzarella. Un trionfo di tendenza dolce e grassezza. Comunque gradevole ma non l’ideale per aprire il pasto. L’amuse bouche dovrebbe elettrizzare le papille gustative, non anestetizzarle. Un sorso di vino dalla vibrante acidità e tutto torna a posto…
Aculei di mare: il riccio secondo lo chef a base di tartareLa bistecca alla tartara (conosciuta anche come carne alla tartara, steak tartare o più comunemente tartare) è un piatto a base di carne bovina o equina macinata o finemente tritata e consumata cruda. La ricetta prevede che dopo essere stata triturata la carne deve o marinare nel vino o in altri alcolici oppure viene aggiunto del succo di limone e... Leggi di palamita, capelli d’angelo al nero di seppia fritti, spuma di patate con gocce di olio e limone. Fresco, morbido-croccante ed equilibrato.
Lingua di vitello, crema di bufala, cicoria e caviale Asetra: ancora la crema di mozzarella, anche qui un predominio delle sensazioni morbide bilanciate a fatica dalla nota salmastra del caviale.
Bavette Gerardo di Nola all’acqua pazza di murena, olio all’alloro e spinaci: bella la presentazione, perfetta la cottura della pasta, forse superflua la polvere d’olio, peraltro fin troppo vista negli ultimi tempi.
Tortello di coniglio agroaffumicato di melanzane e vongole: bello da vedere, gusto pieno ed intenso con nota fumé ben presente. Peccato per la pasta, leggermente troppo erta.
Nasello in acquacottura di citronella, emulsione delle sue proteine e terra di patate: cottura del pesce perfetta, gusto equilibrato, come guarnizione si poteva evitare di ripetere fiore e chips di patate (qui anche in polvere) già visti in altri piatti.
Scacco matto al manzo stracotto: presentazione scenografica, scacchiera a base di mozzarella e fondo brunoI fondi bruni sono preparati con ossa e carni rosse o scure arrostite al forno. I succhi ottenuti dalla tostatura in forno vengono sfumati (spesso con una componente alcolica) e fatti ridurre in casseruola fino alla densità desiderata ed ottenere così il fondo bruno.... Leggi. Gusto decisamente intenso e complesso, leggermente virato su toni dolciastri.
Il predessert: perla di cioccolato bianco con ananas liquido. Un fresco preludio al dolce.
La natura, salsedine, vaniglia e porcini: gelato alla vaniglia, cioccolato fior di sale, crema ai porcini, cioccolato bianco. Un piccolo quadro. Sulla tela di cioccolato bianco è raffigurato il famoso “fungo”, lo scoglio simbolo di Lacco Ameno. Il gusto è pieno, complesso, per certi versi quasi ruffiano ma sicuramente lascia il segno.
E per finire, la piccola pasticceria.
Ad accompagnare il pasto un’interessante selezione di vini locali, abbinamento “di territorio” in questa occasione.