Osteria degli Ulivi
Valutazione
Pregi
- Ottimo rapporto qualità prezzo.
- Piatti che ruotano quasi quotidianamente.
- Attenzione per i vini naturali e per i piccoli produttori.
- Ottimi pani.
Difetti
- L'assenza di una carta e l'ordinazione "a step successivi".
- Il costo del coperto (che non toglie che il rapporto qualità prezzo resti fantastico)
In un momento in cui sono tanti, troppi, i ristoranti che chiudono i battenti per colpa della contingenza economica e delle difficoltà legate alla gestione del calo della clientela ad essa collegato, fa ancora più piacere ricordare la storia di Enzo e Gabriella Barnabei.
In coppia alla guida dell’Osteria degli Ulivi, locale pressoché ignorato, a torto, dai gourmetÈ detta "gourmet" una persona di palato fine, esperto in vini e vivande. Termine combacia attualmente con un'idea creativa e avanguardista applicata al mondo gastronomico.... Leggi, ma assai considerato dal pubblico abruzzese, i due si sono ritrovati obbligati a chiudere a causa del terremoto del 2009, che colpì duramente anche Montorio al Vomano e i suoi dintorni in cui l’Osteria era collocata. Senza perdersi d’animo, però, Enzo e Gabriella hanno, nel giro di pochissimi mesi e senza abbandonare il territorio, trovato le energie e le risorse per riaprire, questa volta nel centro del paese, rendendo giustizia alla proverbiale forza degli abruzzesi.
Per la gentilezza, l’altro tratto che il luogo comune assegna agli abitanti di queste terre, non resta invece che accomodarsi ad uno dei pochi tavoli di questa sala piuttosto anonima, collocata in una cornice da cui tutto ci si attenderebbe fuorché un’ottima cucina.
E invece, oltre ad una cortesia d’altri tempi che pesa assai più di qualche disorganizzazione (del resto, a parte un giovane ragazzo in sala, troveremo Enzo a mulinare continuamente fra cucina e sala), l’esperienza ci ha consegnato una cucina in gran forma, intrepida nel riproporre in chiave moderna, ma senza ostentazioni di tecnica, il territorio abruzzese ed i prodotti che esso fornisce. La stagionalità viene rispettata in maniera scrupolosa, tanto scrupolosa che, da archetipica trattoria, non esiste carta. I piatti vengono presentati a voce dallo chef, che prende le comande a rate: prima solo gli antipasti, poi avanti passo passo (con un conseguente leggero protrarsi delle attese al tavolo).
Un percorso improntato sulla piacevolezza, con preparazioni esenti da pecche esecutive e coadiuvate da prodotti spesso eccellenti, in cui solo il reparto dolce presta il fianco a qualche appunto per un semifreddo al torroncino dalla concezione e dall’impiattamento più datato che vintage.
Per il resto, però, viene difficile pensare a versioni migliori per i piatti proposti, con l’ulteriore plus di un conto dolcissimo. Non stupisce affatto, allora, che gli occupanti degli altri tavoli fossero quasi tutti clienti abituali.
Un’entrata di sostanza, che già mette in luce prodotti non convenzionali: orzo perlato, fave e piselli.
Alici ripiene di mozzarella e spinaci. Salsa di peperoni.
Galantina (un capolavoro nel genere) e puntarelle.
Orecchiette con asparagi selvatici e pane grattugiato. Semplicissime e perfette, con la componente vegetale a stabilire gli estremi delle consistenze.
Agnolotti di patate e burrata, puntarelle e pomodori.
Strepitoso l’agnello disossato alle erbe con carciofi.
Predessert (come nell’entrata il concetto di “poco impegnativo” non sembra essere il preferito da queste parti): babà crema e fragole.
L’unica portata, deludente nell’assenza di fantasia e un poco troppo dolce: semifreddo all’amaretto, salsa al cioccolato.
Rivisitazione della pizza dolce abruzzese (in apertura il dettaglio): questa invece molto gradevole.