Valutazione
Pregi
- La cortesia del personale
Difetti
- Una cucina sideralmente distante da quello che si può trovare a Tokyo
Bastano solo un paio di giorni per orientarsi bene a Tokyo. La metropolitana è di un’efficienza disarmante e le indicazioni sono chiare anche per chi parla bene solo le lingue neolatine e non mastica altrettanto correttamente gli ideogrammi. Se poi avete la fortuna di soggiornare a Ginza tutto risulta più facile. Ovvio che un cellulare dotato di navigatore vi consentirà maggiore tranquillità, ma questo quartiere ha un aspetto simile alle moderne città occidentali, con i suoi grattacieli imponenti, i negozi lussuosi, i brand della civiltà consumistica a cui siamo abituati. Per strada la gente è in perenne e ordinato movimento, colpisce l’assenza quasi assoluta di bambini o anziani, ma forse il motivo è che siamo nella zona del business. C’è un silenzio irreale ovunque e il traffico delle automobili, discreto e privo di quella simpatica sinfonia di clacson tipica di Roma o New York, non disturba per nulla. Addirittura i cantieri sembrano lavorare con il silenziatore incorporato: è incredibile per la nostra cultura, ma qui a Tokyo è proprio così.
Girovagare a piedi senza difficoltà è quindi possibile, a meno che non abbiate prenotato un pranzo o una cena presso uno dei tanti leggendari maestri Sushi di Tokyo. Normalmente essi officiano in sconosciuti e anonimi building, senza targhe o insegne riconoscibili dalla quasi totalità della popolazione mondiale: in questi casi la situazione si fa più molto più complessa e dovrete ricorrere a tutta la vostra intelligenza e capacità intuitiva.
Non è così per l’Ukai-Tei di Ginza, uno degli indirizzi più rinomati della città in tema di cucina giapponese versante Teppan-Yaki. Dopo giornate intere a scovare con atteggiamento sospetto questo o quel recapito enigmatico, azione a cui abbiamo sacrificato i preziosi neuroni rimasti, ecco per fortuna un locale facilmente riconoscibile: anzi il suo accesso imponente e sfarzoso ci predispone immediatamente ad una inusuale serenità, anche se la piacevole sensazione dura solo pochi istanti, perché il sospetto che questa volta proprio non ci abbiamo azzeccato con la prenotazione, si tramuta quasi subito in realtà.
L’ambiente è curato, ma pomposo e opprimente. Dopo il portone in stile Las Vegas, osserviamo sbigottiti un arredamento tra il kitsch cinese e i vetusti ristoranti francesi di epoche passate. Per carità, sorrisi e gentilezze a profusione, ma mentre ci conducono nella nostra saletta riservata avvertiamo un sottile turbamento, quella sinistra convinzione di essere le vittime occidentali di turno della serata.
Ci accomodiamo nelle nostre eleganti sedie barocche, davanti a noi si svela in tutta la sua lucentezza metallica il mitico Teppan-Yaki. Propendiamo per un compromesso, scegliendo dal menù il percorso di degustazione chiamato “Lobster&Steak” a quasi 19.000 Yen (oltre 140 Euro). Il nome ci sembra una piccola garanzia che almeno qualche delizia l’assaggeremo, golosamente sfrigolante su quel piano rovente che abbiamo al nostro cospetto. E poco importa se intorno a noi di quel minimalismo giapponese cui siamo oramai devoti seguaci, non c’è neppure l’ombra.
Lo stile Teppan-Yaki non affonda nei secoli la sua tradizione. Fu inventato a KobeRazza di bovino la cui carne viene considerata una prelibatezza gastronomica giapponese. È un wagyu (bovino giapponese) di manto nero della razza di Tajima, allevato nella Prefettura di Hyogo, l'antica Provincia di Tajima, in Giappone. Questa razza fa parte della "razza nera giapponese" che comprende altre razze simili allevate a Tottori, Shimane e Okayama. Il manzo di Kobe è rinomato... Leggi solo nel 1945 da Shigeji Fujioka: il suo motto era “Let people taste truly delicious meat” e appare quindi chiaro che l’intento del buon Shigeji era quello di offrire ai suoi commensali il modo migliore per esaltare la preziosa carne che dalla sua città natale ha mutuato il nome. Negli anni lo stile Teppan-Yaki ha trovato una diffusione notevole, soprattutto negli Stati Uniti. E forse la sua fama ha subito troppe degenerazioni occidentali. Ma quale modo migliore se non quello di andare a Tokyo, in questo famoso ristorante, per scoprire la sua essenza più vera?
Con tutta sincerità non siamo riusciti a toglierci il dubbio: dove risieda il fascino di vedere davanti a sé uno chef che usa il Teppan-Yaki come una banale piastra qualsiasi rimane un mistero.
L’Ukai-Tei di Ginza è un buon ristorante a onor del vero, ma della cucina giapponese, di quello spirito seducente che ci ha folgorato in molti altri posti, non ha proprio nulla. E’ semplicemente un ridondante locale in stile francese per ricchi uomini d’affari e mascherato artatamente con un maquillage orientale, giusto per stupire incauti e sprovveduti turisti.
Un luccicante spettacolo circense insomma, tra l’altro costoso e pretenzioso, molto distante dalle legittime aspirazioni di una vera anima gourmet. Alle foto e alle rispettive didascalie lasciamo il compito di riportare fedelmente il resoconto di una serata andata storta a Tokyo.
Una cronaca a tratti autoironica e divertente, benché al momento dei dessert (e di fronte ad un inquietante Crème CaramelIl crème caramel, caramel custard o latte alla portoghese è un budino spagnolo con uno strato di caramello liquido in superificie, a differenza della crème brûlée, nella quale è solido. Preparato con uova, latte, zucchero e vaniglia, per la sua peculiarità di poter essere preparato in anticipo, si è diffuso in modo quasi ubiquitario nei menu dei ristoranti europei. E'... Leggi) lo smarrimento abbia preso decisamente il sopravvento sul sorriso.
Se vi capiterà una piccola disavventura come la nostra, nel cuore pulsante di Tokyo e in quella Ginza così scintillante e smagliante, non vi scordate mai che ci sono straordinarie pasticcerie ovunque con cui raddrizzare una serata.
Ah, dimenticavamo: straordinarie pasticcerie giapponesi.
Foto d’apertura: l’ingresso, facilmente riconoscibile…
La mise en place davanti al Teppan-Yaki: molto classica, almeno in Europa.
Qualcosa d’italiano (e per fortuna…) non poteva mancare.
Amuse bouche: flan di tartufi…
Uno dei pochi meriti per essere un ristorante filofrancese: la carta dei vini…
Prima portata: un discreto dentice marinato (ma il Teppan-Yaki?)
Incominciano finalmente ad allestire il Teppan-Yaki, siamo fiduciosi. Finora abbiamo fissato il muro davanti a noi.
Lo chef all’opera sulla seconda portata, ma il Teppan-Yaki è usato come strumento scenografico, anche un fornello da campo sarebbe stato utile per riscaldare un piatto già cucinato.
Ecco il risultato: lingua di bue grigliata (sì, ma in cucina).
Dopo tanto Teppan-Yaki sempre dalla cucina arriva una zuppa di crostacei, giusto per darci tregua… (ma siamo a Parigi?)
Ci presentano un astice crudo, non sarà che lo cuoceranno al Teppan-Yaki?
Eh, magari… Ecco che lo chef lo prepara seguendo una tipica ricetta giapponese: la fricasseaDal francese fricassee, è un termine generico utilizzato per descrivere una varietà di piatti stufati. In genere è fatto con pollame, ma sono possibili preparazioni con altre carni bianche. La carne è tagliata a pezzetti e stufata in pentola fino a formare una salsa, poi addensata con burro o panna. Spesso include verdure o altri ingredienti. La fricassea greca è... Leggi.
Il risultato: ecco il nostro astice in fricassea. Bienvenue a Tokyò, Monsieur…
Il primo indizio che forse siamo veramente a Tokyo.
La conferma: il Teppan-Yaki funziona davvero e lo usano!
Ci siamo quasi…
Siamo commossi: Ukai Prime Beef Siliron al Teppan-Yaki!
E vai, esageriamo con il Teppan! Riso saltato all’aglio…
Abbandonato il Teppan-Yaki ecco la sala dove ci saranno serviti i dessert.
Tra i quattro assaggiati riportiamo solo la foto di quello che ci è sembrato, all’Ukai-Tei, il più vicino possibile alla cultura giapponese: il Crème Caramel.
Usciamo, c’è Ginza by night…
Una straordinaria pasticceria giapponese…
Adesso sì che siamo felici…