Passione Gourmet Les Bacchanales, chef Christophe Dufau, Vence (F) di Norbert

Les Bacchanales

Ristorante
Avenue de Provence 247, Vence
Chef Christophe Dufau
Recensito da Presidente

Valutazione

14/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Una cucina leggera in un ambiente bucolico

Difetti

  • Alcune preparazioni perfettibili
Visitato il 07-2013

520

Nel 2009 Christophe Dufau ha trasferito in una silenziosa villetta ricca di moderne opere d’arte, lontana dal centro della tranquilla Vence, il suo ristorante che, a Tourettes sur Loup, aveva mietuto già fama e allori.
All’interno, attraversata la sala da pranzo al primo piano, si accede a un piacevolissimo pergolato circondato da un rigoglioso giardino con tanto di orto.
In un’atmosfera rilassata, nobilitata da un servizio gioviale e informale, l’incontro con la cucina di Dufau è senza dubbio interessante: il passaggio da grandi francesi come Albert Roux nel londinese Le Gavroche o il sommo Loiseau a Saulieu sono sicuramente bagaglio importante nella sua formazione, ma è probabilmente l’influenza del danese Jan Hurtigkarl quella che maggiormente ha caratterizzato lo stile dello chef.
Dal grande scandinavo, suo compagno di viaggi intorno al mondo per anni, Dufau ha mutuato una cucina di mercato, essenziale, molto varia, certamente mediterranea e aperta a molteplici influenze.
Non ci sono piatti classici, se con essi si intende capisaldi della cucina tradizionale francese, ma preparazioni che, con l’utilizzo di ortaggi e ingredienti rigorosamente stagionali, esaltano il gusto dando un rilievo importante alla leggerezza.
Quest’ultima, infatti, viene ricercata con metodo essendo praticamente assenti salse e fondi di cottura.
Mare e terra, fiori e frutta, verdure e funghi tutti insieme compongono il materiale cui attingere per ricette fondate su sobrie giustapposizioni di elementi.
Non tutto trova però la propria quadratura, alcuni piatti risentono di eccessiva rusticità o di accostamenti poco equilibrati.
Una salsa di carote un po’ troppo dolce e degli spaghetti fatti in casa dalla dubbia consistenza non sono così il degno accompagnamento di una varietà di salmone che avrebbe necessitato di ben altro complemento o, ancora, un bergamotto che è troppo prevalente sulla dolcezza di un gambero già contrastata dalla presenza del limone.
Non è certo una cucina che faccia di finezze e finiture la propria cifra stilistica, ma la semplicità e la levità con cui sono costruiti i piatti rendono il risultato comunque lodevole e degno di rilievo.
Da altri particolari come un concentrato sorbetto di acciughe, un fritto impeccabile o una triglia perfettamente marinata, si nota infatti, altrettanto nitida, una salda mano in cucina.
La cantina è ottimizzata al massimo, con pochissime etichette per lo più di nicchia, e consente l’apertura e la scoperta di bottiglie dal rapporto qualità prezzo molto conveniente.

Ambiente.
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Vigoroso pesto al prezzemolo, una versione decisamente meno apprezzabile di quella classica.
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Meringa di sedano e mela, marmellata di tuorlo d’uovo.
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Grissini alle olive e rosmarino.
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Fritto di finocchio, piccola paranza e aioli.
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Pane alle patate.
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Sorbetto di acciughe, pomodoro e olive.
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Triglia en escabeche, legumi confit, crema di acetosella, cracker di riso nero.
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Gambero, limone e bergamotto (troppo forte la presenza di quest’ultimo).
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Fegato di vitello, anguria marinata, vinaigrette di lamponi e dragoncello.
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Salmone, gallinacci, salsa e schiuma di carote, spaghetti fatti in casa con bisque di crostacei.
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Piccione, melanzane affumicate, gnocchi di mais e formaggio (un pò troppo grevi).
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Chevre du Pics des Courmettes affumicato.
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Nocciole con siero di vino e insalata.
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Melone, menta, cetriolo, ribes, granita di acetosella, meringa al limone. Molto fresco e defaticante.
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Albicocca, chou al miele, gelato alle mandorle.
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Petit fours.
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Convincente questo village di Philippe Colin.
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Esterno.
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Una valida mascotte tra di noi (di cui purtroppo non ricordiamo il nome).
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