Passione Gourmet Chatomat, Paris (F). Alice Di Cagno e Victor Gaillard. Di Carlo Cappelletti. - Passione Gourmet

Chatomat, Paris (F). Alice Di Cagno e Victor Gaillard. Di Carlo Cappelletti.

Ristorante
Recensito da Presidente

Valutazione

16/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

Difetti

Visitato il 04-2024

Recensione Ristorante

Segnatevi a chiare lettere sul taccuino gourmet questi due nomi: Alice Di Cagno e Victor Gaillard. Non sono personaggi da copertina, questi ragazzi, e probabilmente frequentano i circuiti che a Parigi “contano” meno di altri loro giovani colleghi, ma a meno di 30 anni sono già dei veri fenomeni. Alice, italo-brasiliana dai trascorsi arpeggiati (ben intuibili dai miracoli che realizza partendo da semplici ortaggi) e Victor, cresciuto principalmente chez Ledoyen, in attesa di far fruttare in modi più consueti il loro amore hanno dato vita ad un locale che, al giorno d’oggi, è da masochisti lasciarsi sfuggire se si capita nella Ville Lumière.
Innanzitutto la notizia è questa: Chatomat non un bistrot, è un ristorante, vivaddio.
I tavoli sono stretti, certo, ma non al punto di prendere una gomitata pleno pectore dal vicino (ce l’ho). Il locale è affollato ma piccolo ed i ventiquattro coperti, tutti esauriti con abbondante anticipo, non lasciano la sensazione di essere al centro di un mercato coperto (ce l’ho). Sorpresona!, non capita neppure di uscire con la sensazione, dopo 3 cestini di pane, di esser stati in un’ottima boulangerie (ce l’ho, anche questa).
Ciò che non accade soprattutto, è di tornare a casa domandandosi se valga la pena spendere un terzo che in uno stellato per ricevere tre amuse bouche, un’entrata ed un predessert. Per spiegare i 40 euro scarsi per tre piatti veri (più entratina e mignardise) in realtà non è che serva tanta scienza: 3 entrate, 3 piatti principali, 2 formaggi e 3 dessert, una scattante tuttofare in sala e due soli nella cucina minuscola da cui però, per motivi misteriosi, esce una grande cucina.
Niente funambolismi cerebrali (da qui il colore, al solito violetto ma per questa volta più virato al blu), ma ottime materie prime, tecnica sensazionale ed accostamenti da manuale. L’occhio, certo, vorrebbe di più, ma non è il caso di sottilizzare davanti a tanta sapienza culinaria. I piatti che ci sfilano davanti si distinguono soprattutto per due parametri: concentrazione e nettezza. Tutte le portate sono di enorme pulizia, tanto più sorprendente se pensiamo al fatto che molti contengono salse a specchio e che sono impiattati per accumulazione e non per giustapposizione. Eppure nulla è sfocato.
Basta la semplice pancetta con crema di peperoni e vinaigrette di soia per capire di che pasta sono fatti quei due, ma è con i gamberetti crudi, spadellati e con le zampe fritte (un po’ alla Bulli) con salsa alle arachidi, patate e ravanelli o con la straordinaria guancia i vitello con mais, spinaci, capperi e acciughe che la coppia dimostra di avere completa padronanza nel manipolare sapori forti ma ricchi anche di sfumature, di mezze tinte. Il taglio e la marinatura dei carciofi nella coda di rospo (cottura perfetta) con fagiolini e bouillon al basilico, arricchita di un numero incredibile di dettagli, sono stupefacenti per finezza, come straordinario è trovare un dessert al rabarbaro, affiancato al geniale macaron al petit suisse, dove esso sia realmente protagonista, e non uno scialba comparsa messa al centro del piatto.
Nelle mie due visite in poco più di tre mesi non un piatto sbagliato (e in questa occasione in due la carta l’abbiam presa tutta…), non una cottura meno che perfetta. Questi due ragazzi meritano molto. Nel momento in cui inizieranno a lavorare anche sull’impiattamento (anche se comprensibilmente essendo solo in due non dev’essere semplice), rendendo così anche più agile la degustazione, restituiremo loro il mezzo punto che togliamo con questa valutazione.

Entrata: alice alle tre insalate.

Orata cruda marinata, bulgur, zucchine e dulce.

Pancetta, peperoni e vinaigrette alla soia.

Guancia di vitello, spinaci, mais, capperi ed acciughe.

Fegato di vitello, manioca, patate e salsa vergine.

Rana pescatrice, fagioli, carciofi, bouillon al basilico.

Genovese ai frutti rossi.

Rabarbaro brasato….

…e macaron al Petit Suisse.

Manca la foto della ganache di cioccolato con nocciole offerta alla fine (le condizioni di luce erano già drammatiche da parecchio).
E se dicono 10 cl fidatevi (ps. Gimonnet BdB a 8 euro al calice a Parigi è un lusso)

Il pregio: se costasse il triplo avrebbe uno dei migliori rapporti qualità prezzo di Parigi. Ma non mi pare una buona ragione per cambiare.
Il difetto: alcuni tavoli sono soggetti a doppio turno.

Chatomat
6, rue Letalle, 75020 Paris (F)
Tel. +33 1 47972577
Aperto a cena da Mercoledì a Domenica.
Alla carta 28-40 euro.

Visitato nel mese di luglio 2012


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Carlo Cappelletti

3 Commenti.

  • gianni revello6 Agosto 2012

    Agli scacchi, mia antica passione, mat è scacco matto. Scià mat dice il re ha perduto, finita la battaglia. Allora Chatomat (…Château Mat …pronunciasi sciatomà :) ) è forse un, insieme scherzoso e ambizioso, omaggio e scacco tanto ai vecchi chateaux che a un novello re Chateaubriand (…Château Brillant …lo sciatòbrillante). …O anche un richiamo allo stranogatto sorridente di Alice nel Paese delle meraviglie? Un nuovo château ..mat de cocagne (Alice di Cagno) a Paris? Per non dire di Victor Gaillard. Appunto ancora un altro gagliardo in città. A gennaio sono stato in una galleria d’arte parigina per vedere finalmente dal vivo le opere di uno dei migliori giovani artisti francesi …Cyprien Gaillard! La gallerista s’è installata come sede tra Baratin, Chateaubriand, Dauphin, Rino, Chatomat… alla sera in teoria, fosse semplice trovare posto ma siamo a Parigi, a lei appassionata di quelle cucine resterebbe solo imbarazzo della scelta. Abbiamo cercato insieme ma per lo Chatomat tempi brevi niente da fare. Intanto grazie a Carlo per la bella rece. Il resto alla prossima.

  • elena11 Marzo 2013

    Ho cenato allo Chatomat sabato sera (9 marzo) e non sono assolutamente d'accordo. Piatto prinicipale buono, ma assolutamente ordinario tra l'altro niente a che vedere con le presentaizoni fotografate in questo articolo). Era una spalla di vitello con spinaci, zenzero e peperoni, presentata nel suo brodo. Buono, ma si trattava di un piatto banale, riproducibile nella cucina di casa propria, mi aspettavo qualcosa di più. E non parliamo del dolce: Poire, dacquoise, noisette au chocolat parfume au poivre e bergamotto - ditemi voi se dalla descrizione nel menù ci si poteva aspettare una pera affogata in un mare di latte al cioccolato?! Un disastro! tra l'altro non ho capito che latte fosse, se di capra o che, comunque aveva un odore terribile. un dolce imbarazzante. davvero mi sembrano giudizi non rispondenti a ciò che oggi il risotrante è.

  • Carlo (TBFKAA)11 Marzo 2013

    Ciao, Elena. C'è un articolo più recente, firmato da Roberto Bellomo, a proposito dello stesso ristorante, ed è riferito ad una visita di non più di un paio di mesi fa. La cucina au gout du jour senz'altro ha il limite di rendere molto difficili i confronti, perchè senz'altro in certi giorni troverai piatti più riusciti ed altri meno. Io comunque in tutte le occasioni in cui ci son stato ho trovato un livello molto uniforme, e mi stupisco abbastanza di un dolce "imbarazzante" in un locale dove di solito i dolci sono di livello sensazionale. Mi spiace che tu non sia stata fortunata.

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