Passione Gourmet Santa Giulia, Michele Lasco, Timoline, Alessandro Pellegri

Santa Giulia

Ristorante
via Brescia 3/A, Timoline di Cortefranca
Chef Michele Lasco
Recensito da Alessandro Pellegri

Valutazione

13/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Cucina tradizionale, lievemente modernizzata ma senza fronzoli

Difetti

  • La carta dei vini, praticamente inesistente
Visitato il 11-2011

Benvenuto ad Alessandro, appassionato progettista meccanico ma anche fine conoscitore enologico. Che non disdegna affatto la cucina.

Il Presidente

Ebbene si, lo ammetto.
Ero scettico, in quanto prevenuto.
Prevenuto nei confronti della Franciacorta.
Cantina di produzione nella DOCG Franciacorta, relais con suites in zona tranquillissima, ristorante con possibilità di organizzare cerimonie, tutto nella stessa struttura. Le premesse per un’offerta prettamente qualitativa non sono granché.
Troppo spesso questa zona regala sorprese tutt’altro che positive, sia nei vini che nelle location in generale, siano esse ristoranti, agriturismi o relais.
Trovandoci nella ridente Lombardia produttiva, gran parte di quanto sopra riportato è frutto di mere operazioni commerciali da parte di freddi imprenditori, con la necessaria passione sostituita in toto dalle risultanti di costi e ricavi.
Arrivando presso il ristorante e trovando nel parcheggio un pullman granturismo, ammetto serenamente d’aver pensato “ecco, lo sapevo, oggi ci sarà da ridere…”
…invece ora, altrettanto serenamente, posso ammettere di essermi sbagliato.

Il ristorante Santa Giulia si trova all’interno dell’omonimo Borgo a Timoline, una frazione di Cortefranca, all’interno della più vocata zona di produzione del Franciacorta, posta nella fascia tra Erbusco ed il lago d’Iseo; per arrivare qui infatti si passa davanti a tutte le più rinomate aziende franciacortine.

Il borgo è in posizione davvero tranquilla ed ha un comodo parcheggio riservato all’interno della struttura; essendo arrivati con leggero anticipo, ne approfittiamo per una passeggiata al suo interno.

Ci rechiamo verso la zona delle cantine, ci viene mostrato come è stato ricostruito all’esterno un vero e proprio museo (riconosciuto tale dalla Regione) delle attrezzature agricole storiche “per la produzione del vino”… “…del granoturco vorrai dire” pensiamo, ma non facciamo i rompiballe, sorridiamo, ascoltiamo ed annuiamo.

Comunque non siamo qui per passeggiare, pertanto poco dopo veniamo fatti accomodare al tavolo dalla cordiale maitre. La sala è abbastanza grande, con una decina di (troppo) piccoli tavoli non molto distanziati tra loro, e la mise en place è decisamente sottotono, scarna e poco curata nella sostanza.
Per precisazione, il sopracitato pullman è qui per una visita in cantina e pranzo, ma i numerosi turisti verranno fatti accomodare in un’altra sala rispetto alla nostra, che resterà quindi più calma.

Ci viene subito offerto uno spumante brut di produzione Vignenote, il brand del gruppo relativo ai vini.
Ordiniamo il menu degustazione più completo, “Un Milanese in Franciacorta, omaggio alla cucina lombarda”.
Il menu prevede e comprende l’accompagnamento con i vini della cantina, peccato non venga portata comunque la carta dei vini, né venga chiesto l’eventuale interesse a consultarla, probabilmente le disposizioni “aziendali” in merito sono abbastanza restrittive e volte a voler proporre i propri vini.
A fine pranzo richiedo comunque la carta per darle una curiosata, ed appare in effetti decisamente scarna, pare compilata giusto perché “ci vuole”: una nutrita presenza franciacortina (a ricarichi onesti), pochissimi champagne, pochi rossi e qualche bianco italiani. Non pervenuto il resto del mondo, compresa la Francia tutta.

Viene subito portato in tavola il cesto del pane

tutto di produzione propria: panini all’olio ed alle olive, focaccia con sale di maldon e grissini croccanti.
Si parte in tempo zero con l’amuse-bouche, una lumaca avvolta nella pancetta croccante su crema di patate

purtroppo l’invadenza della pancetta sovrasta completamente tutto il resto, la patata cerca di ammorbidire il tutto ma la lumaca praticamente risulta non pervenuta. Peccato.
La prima portata è la Millefoglie di polenta croccante, baccalà mantecato e pomodorini canditi con spuma del suo latte

una piacevole reinterpretazione del baccalà con la polenta, peccato che i crostini di polenta siano talmente sottili ed impalpabili che il sapore e la personalità del baccalà, li rendano pressoché insapore.
Fossero stati più consistenti e croccanti a mio avviso l’effetto sarebbe stato più piacevole, comunque tutto sommato un buon piatto.
Riso giallo al salto con Stael della Valcamonica e funghi pioppini

un croccantissimo riso allo zafferano, saltato con il parmigiano, si sposa perfettamente con il rustico Stael ed i pioppini perfettamente trifolati. Gran bel piatto della tradizione rivisto in chiave più ghiottona che gourmet, ma con un ottimo gioco di consistenze a renderlo piacevolissimo. Bravi.
Baccalà in gremolada, il suo foiolo alla lombarda

Purtroppo questo piatto non l’ho capito: buona cottura del baccalà, che si trova però in bilico tra la presenza forte della scorza di limone grattugiata (sopra) ed il dominante peperone con cannellini (sotto). Preso a sé, con uno solamente dei due ingredienti per volta ci saremmo anche, insieme però fanno decisamente a pugni…
Maialino da latte croccante su casoeula di verze

praticamente una casoeula “scomposta”, sotto le verze cotte in versione “light”, bollite con solamente la salsiccia, e sopra tutte le parti del maialino, che normalmente vengono bollite, cotte a parte e riportate in versione croccante. Gran gusto e nuovamente bel gioco di consistenze, ottima rivisitazione della tradizione.

Stacchiamo un momento, piccola pausa prima del dessert, viene servito un piccolo predessert, una spuma al cioccolato bianco che ha il difficile compito di preparare il palato al dolce dopo la casoeula, riuscendoci alla perfezione grazie alla grassezza del cioccolato bianco. Semplicissimo ma riuscito, bene

Il dessert (la foto purtroppo non gli rende giustizia) si rivela un’ottima chiusura del pranzo, davvero una gran riuscita

Passione e polenta: millefoglie di cioccolato e mais, semifreddo al frutto della passione e gelato alla polenta. Un piacevole scambio di sapori tra il gelato alla polenta ed il semifreddo al frutto della passione, con il cioccolato fondente al mais che porta croccantezza e da un tono un po’ meno dolce e piacione. Dessert intelligente, con l’utilizzo della polenta in maniera furba sotto forma di gelato. Peccato solamente che i crostini di polenta posti alla sommità fossero i medesimi dell’antipasto.
Chiudiamo con caffè, the e piccola pasticceria, sempre di produzione propria, in accompagnamento,

distillati serviti con selezione di cioccolatini cru Amedei.

Come già anticipato, tutti i vini serviti provengono dalla produzione aziendale Vignenote, mediamente di qualità discreta, allineata con la produzione della maggioranza dei Franciacorta:

– Franciacorta Brut -da magnum- (90% Chardonnay, 10% Pinot Nero),
– Curtefranca Bianco 2010 (100% Chardonnay, solo acciaio),
– Curtefranca Rosso 2009 (30% Cabernet Franc, 30% Cabernet Sauvignon, 30% Merlot, 5% Nebbiolo, 5% Barbera),
– Franciacorta Satén 2007 (100% Chardonnay)

In sintesi, il menu è azzeccato, e mostra una cucina desiderosa di rivisitare la tradizione in chiave moderna, solida ma non esente da qualche scivolone, come ad esempio la riproposta del baccalà in due portate (e qualche piccola lisca al suo interno), o la presenza dei medesimi crostini di polenta nell’antipasto e nel dessert.
Anche il servizio, molto cordiale e rilassato, non è esente da qualche lieve incertezza, ma siamo certi che con il tempo ed il giusto rodaggio (il ristorante è aperto da nemmeno un anno) sia la cucina che la sala affineranno le potenzialità, raggiungendo risultati sicuramente interessanti. Per ora il voto è approssimato per difetto, speriamo pertanto di poterlo aggiustare verso l’alto nelle prossime visite.

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