Passione Gourmet Il Canto, Paolo Lopriore, Siena di Roberto Bentivegna - Passione Gourmet

Il Canto, Paolo Lopriore, Siena di Roberto Bentivegna

Ristorante
Recensito da Presidente

Valutazione

18/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

Difetti

Visitato il 10-2024

Questa recensione aggiorna la precedente  valutazione che trovate qui

La mancanza di immediatezza non può essere considerata un difetto per uno chef, semmai è una caratteristica, un sigillo. Potrebbe essere un difetto per un ristoratore ma non per un artista o artigiano che dir si voglia.
Se la complessità e la difficoltà di “farsi leggere” sono diventati un difetto, allora abbiamo un problema. La voglia di uniformare tutto sta facendo molti danni.
Il mondo moderno è certamente più orientato alla sensazione istantanea, alla prima impressione. E’ sempre più difficile attendere, scoprire, non vivere di pregiudizi.
La cucina di Paolo Lopriore richiede di fare preventivamente tabula rasa e richiede pazienza, attesa, fiducia. Attributi difficilissimi per l’utente medio che siede al ristorante, che semmai ha desiderio di conferme, di sicurezze, di svago.
Non c’è un piatto al Canto che rimanga fedele alla prima sensazione gustativa: l’inizio può essere uno shock, acido o salato o amaro, non manca la versatilità a questo chef.
Può addirittura capitare di storcere il naso o di fermarsi di colpo, come se si fosse ricevuto uno schiaffo.
Poi entrano in azione i sensi, il cervello, i ricordi: sono piatti in movimento, mai statici. 30 secondi, 1 minuto, il sapore cambia, la soddisfazione aumenta, sale il piacere. Intanto il piatto vuoto torna in cucina e tu continui a sentire un qualcosa, sempre più sfumato ma persistente da morire. Non ti abbandonerà fino al prossimo morso, del prossimo piatto, del prossimo viaggio. E via di nuovo sul treno, in movimento, ora rapido, ora lento, accelerata, frenata brusca, siamo quasi fermi, e poi giù per la discesa, più veloci di prima: montagne russe virtuali. Ad accompagnare non c’è pane di mille forme e sapori, non c’è proprio il pane! Giusto così, sarebbe un passaggio a livello inatteso nel nostro viaggio.
Io non so se la cucina sia arte, ma se non lo è, questa è quanto di più vicino all’arte ci sia in Italia.
E l’arte, si sa, non è sempre comoda: però può muovere le coscienze, aprire a nuove percezioni.
Qui forse non troverete l’equilibrio di altri grandi, ma una potenza espressiva che ha pochi pari, quella sì. E non potrete rimanere indifferenti a questa esperienza, magari la odierete, ma indifferenza proprio no.
Controcorrente in tutto: in un momento in cui i menu degustazione hanno stufato, perchè spesso lunghi, senza un filo conduttore, o stereotipati, qui a Il Canto è l’unica via da percorrere. Dimenticate la scelta alla carta, non è posto da scelta alla carta. Scegliete un menu, magari date un range di prezzo e fate fare in cucina, secondo l’estro del momento e la disponibilità del mercato. Permettete così di decidere per voi un percorso, con i suoi rettilinei a gas aperto e le sue curve strette da fare in seconda.
Mettete in bocca, chiudete gli occhi e lasciatevi trasportare dalla corrente energica. Poi fatemi sapere se ha vi ha portato su o giù.
Io devo ancora scendere.

P.S. Alcuni di voi, leggendo, potrebbero pensare: “ma questo è un 19!”

Ok, non colloco Paolo Lopriore tra i grandissimi solo perchè voglio rifare conoscenza con la sua cucina, voglio essere certo di non avere visto un film sbagliato quella sera di Agosto, al momento unica. Questo è un discorso che potrebbe valere per tutte le cucine che abbiamo la fortuna di incontrare per la prima volta, ma per questa in particolare ha un valore superiore. E forse chi c’è già stato potrà capirmi e perdonare il mio difetto di sicurezza.

01) Insalata di alghe, erbe aromatiche, radici e fiori

Alga nori Assenzio Buon Enrico Dragoncello Fiori di borragine Insalata riccia Margherita Menta Rapanello Sale Maldon Wasabi Zenzero Trifoglio Fiore di Begonia e altro ancora
Ne hanno scritto in molti, non mi ripeterò. Voglio solo far notare che un menu come questo non si può valutare singolo piatto per singolo piatto, facendo medie aritmetiche. Follia! Così come non giudicheremmo mai un film o un’opera dai primi 5 minuti.
E’ una intro, una stretta di mano: “piacere, sono Paolo Lopriore e nelle prossime due ore cercherò di allietarvi la vita”.

02) Inno alla Norvegia

Caviale Cetriolo sottile arrotolato Granita d’acqua di mare Salicornia Senape in grani Yogurth Un petalo di fiore di limone
L’esperienza più importante per la formazione di Lopriore è stata ovviamente Marchesi, in più periodi; quindi Troisgros. E’ poi stato per più di due anni al Bagatelle, 2* Michelin di Oslo: questo è il quadro del suo ricordo. Non sono mai stato in Norvegia ma ora penso di conoscerla un pochino anche io.

03) Lumache al verde

Lumache
Sedano (tre modi: – il gambo in sfoglia bianca sottile arrotolata, – le piccole foglie tenere verde chiaro, – il concentrato, ottenuto con la centrifuga lenta, verde scuro)
Sorbetto alla mela verde
The verde in polvere
Quanto di più distante dalla mia, e forse vostra, idea di lumaca. Forse il piatto andrebbe chiamato solo Verde (e lumache), perchè concentarsi solo su un elemento porterebbe a fraintendere il piatto, per me grandioso ed espressivo come e più dello sdraiarsi su un prato verdissimo dopo un violento acquazzone. Ha la potenza di trasportare la mente in un altro luogo, mica pugnette. Di lumache migliori ne avrete assaggiate più di una, ma non è questo il punto.

04) Funghi, tabacco e noci

Funghi crudi sottili
Brodo di funghi con tabacco in infusione legato poi con agar-agar
Noci
Nepitella
Panna fredda sparsa con uno spruzzatore
Qui siamo già al primo gran premio della Montagna.
L’impressione visiva è quella del bosco o del prato dopo una brina mattutina. L’impatto gustativo è analogo e sconvolgente: fresca terrosità.
Una tempesta di sensazioni che arrivano come lampi di luce su uno sfondo nero, fino a mischiarsi in una persistenza infinita. Credo di ricordare ancora il gusto che mi è rimasto in bocca dopo l’ultimo boccone. Da pelle d’oca.

05) Spaghetti, sedano, bottarga e ricci di mare

Come dicevo, in un menu si può anche decelerare. Così quello che può sembrare un passaggio a vuoto, perché privo del mordente degli altri piatti, potrebbe essere anche una boccata d’aria. E’ uno spaghetto, buonissimo, ai ricci di mare. Quasi gourmand nell’approccio e in questa cucina ci si può stupire di una cosa del genere.

06) Pescatrice con il suo fegato e foie gras, tartufi estivi, germogli di piselli e marsala

Si può sbagliare, è umano. In questo caso il lieve eccesso di sale sposta dalla perfezione un piatto sublime, per tecnica (e la pescatrice è un banco di prova tremendo), concezione e risultato.

07) Costata di manzo semplicemente disossata profumata “alla brace”

Carne Purè di grigliata Pane Pomodoro Basilico
E’ cruda ma è grigliata. O è grigliata ma cruda. Vedete voi. Piatto straordinariamente moderno e al tempo stesso primitivo e non perché ci siano applicate chissà quali tecniche fantascientifiche, sferificazioni all’argon o sezionamenti laser, ma perché c’è il recupero del bruciato, ingentilito e ammorbidito, e l’abbinamento di una carne cruda a un purè come se fosse cotta, e forse è più cotta questa di tante altre mangiate (almeno il cervello potrebbe anche interpretarla così). Non lo so, ci devo ancora pensare 😉

08) … … … … …. ‘Mpepata di cozze

Cozze, la loro acqua addensata, pepe, limone
Mo’ adesso che ci fanno le cozze a fine pasto, dopo la carne. Abbi fede miscredente, come pensi di ripulirti il palato prima che ti arrivi il petardo sensoriale successivo? Non vorrai mica un sorbettino al limone??
Dai una leccata a questo scoglio, azzerati il palato e riparti più veloce di prima perché ti attende un sogno di una notte di mezza estate

09) Rognone, rabarbaro, frutti rossi & rosa

Un cucchiaio con il rognone crudo amalgamato con tutti gli elementi; un petalo di rosa sopra; una salsa al the.
Rognone crudo???? Salsa al the??? Sei un pazzo Paolo Lopriore. E io ti amo. Gastronomicamente parlando, sia chiaro 🙂

10) Semifreddo allo zucchero affumicato, liquirizia e fiori di finocchio

Siamo arrivati al punto che “ottimo” si accompagna a “solo”. Solo ottimo.

11) Pomodori conditi: pompelmo, verbena, olio & lamponi

50 g di vaniglia per 150 g d’olio con infuso di verbena: acidità, acidità, dolcezza, acidità……
Ti amooooooooo….Ricominciamo?!?

Piccola pasticceria che non può essere banale, ed infatti è da primato, col dragonciokblanc che svetta su tutto.

I Vini che ci hanno accompagnato:

Champagne Jérôme Prévost La Closerie Les Beguines Extra Brut (100% Pinot Meunier)

Barbera d’Alba Vigneto Gallina 2003, La Spinetta, Rivetti

Sauternes-Barsac 1er Cru Château Climens 1996 (assemblaggio Sémillon-Sauvignon Blanc)

il pregio: Vera cucina d’autore

il difetto: In un ristorante come questo la carta andrebbe abolita 🙂

Il Canto
Paolo Lopriore
Strada di Certosa, 82
Siena
tel. (+39) 0577 288180
alla carta: € 110
menu degustazione € 95- € 120

www.certosadimaggiano.com

Chiuso: dal 10 di dicembre fino al 10 di Febbraio. Giorni di chiusura: da Marzo ad Ottobre Il Canto è aperto solo per la cena tutti i giorni fatto salvo il martedi. Da novembre a marzo, il canto è aperto pranzo e cena tutti i giorni eccetto il lunedi ed il martedi. Il mercoledi è chiuso per pranzo.

Visitato nel mese di Agosto 2010

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Roberto Bentivegna: iscritto (in grande ritardo) tra i Paolo Lopriore Fans

100 Commenti.

  • Antonio Scuteri14 Settembre 2010

    Clap clap clap In genere evito di fare commenti alle recensioni in quanto tali. Ma questa è davvero ottima, tecnica e coinvolgente al tempo stesso. Complimenti E mi predispone al meglio per il tagliando che devo fare al Canto fra meno di un mese

  • Luca14 Settembre 2010

    Benvenuto fra i fans di Paolo, bella rece e che bel menu Luca C

  • norbert14 Settembre 2010

    Scusate,non posso fare a meno di sottolineare la grandezza di Lopriore e di Roberto che l'ha raccontata così. Chapeau a tutt'e due. La passione nelle due declinazioni fondamentali al di là ed al di qua del passe....

  • Giovanni Lagnese15 Settembre 2010

    Giustizia è quasi fatta. Una volta assegnato il 19, giustizia sarà stata fatta. Giovanni

  • giannirevello15 Settembre 2010

    Bravo Rob te l'ho già detto, ..adesso alla prossima, e da studiarla bene: ..MICAT IN VERTICE! Il motto è giusto a Siena, e ci deve far pensare a un terzo che valga gli altri due.

  • Gigi Eporedia15 Settembre 2010

    Ottima recensione e ottimo Lopriore. Però, nel corso della mia ultima visita, a fine maggio, il risotto con capperi e olive aveva una sapidità che rasentava il salato. Quindi, voto corretto, ma per il momento non di più.

  • Rob7815 Settembre 2010

    Grazie per i complimenti, spero si intuisca soprattutto il ritmo di questa recensione e l'entusiasmo che mi ha spinto a scriverla. Non scrivevo così volentieri da tempo, forse dall'ultima mia trasferta ad Alba. Visto che siamo prossimi alle uscite delle principali guide, penso di poter già fare un resoconto dell'anno gastrico. Sono sempre più convinto che i vertici del mio triangolo ideale siano Torriana, Alba e Siena. Crippa è forse il più completo e sicuro, si muove con disinvoltura tra mille terreni con grande eleganza e con un equilibrio unico; sa poi come parlare a tutti suoi clienti Parini è il più giovane, forse acerbo, ma ha la capacità unica di concentrare l'assoluto in pochi cm2 di piatto, caratteristica dei grandissimi. Lopriore è il genio, senza schemi e senza limiti, senza filtri, quasi un talebano del gusto: piaccia o non piaccia, è il cliente che si presta ad accogliere le sue idee, mai il contario. Non ha la perfezione stilistica degli altri (la sapidità in alcuni piatti viene contestata da più persone) ma la sua potenza evocativa è senza pari. Che triangolo.... Senza contare le numerosissime tavole che non ho ancora avuto il piacere di rivisitare quest'anno.. La cucina italiana è in grandissima forma :)

  • goran15 Settembre 2010

    anche se mi manca alba, sono assolutamente d'accordo con rob sui vertici della ristorazione italiana. vorrei aggiungere un ulteriore punto di forza di parini e lopriore: ci si alza dalle loro tavole con una leggerezza altrove impensabile dopo un'intero menù..... per me è un apetto molto importante

  • Norbert15 Settembre 2010

    Robè forse hai dimenticato, tra gli altri, un signore di Licata,uno abruzzese ed un altro grande che è vicino Torino..... :-)

  • Rob7815 Settembre 2010

    Eh, ne ho dimenticati tanti! Ma quello è il MIO triangolo... Comunque il mio cuore è grande, c'è posto per tutti :)

  • Rob7815 Settembre 2010

    Bravissimo. Osservazione estendibile anche a Crippa

  • The Dark Knife15 Settembre 2010

    Ed uno che sta a Senigallia..

  • The Dark Knife15 Settembre 2010

    Non vorrei fare il guastafeste, ma penso che il pane in tavola sia una cultura/tradizione imprescindibile per un ristorante (stimatissimo o meno che sia) e, ancor di più per un italiano. Da Lopriore servono apparentemente "solo" grissini. Ma se si chiede il pane te ne portano varie tipologie. Ed è pure buono.

  • Giampiero Prozzo15 Settembre 2010

    Su Dissapore recentemente si discettava su come dovesse essere una recensione. Per me, questa, è straordinaria. Bravo Rob

  • Rob7815 Settembre 2010

    Io sono sempre più convinto che il pane di mille forme e sapori sia dannoso per l’alta cucina. Andrebbe gustato in altri contesti, perché sazia e spesso distoglie dal percorso pensato dallo chef, ma è una mia personalissima opinione. In linea di massima, in un ristorante “tradizionale” ti darei ragione, perché il pane fa certamente parte della nostra storia (come quella di molti altri paesi), ma in uno come questo, dove tutti gli schemi saltano, sono forse di troppo anche i grissini :)

  • Giovanni Lagnese15 Settembre 2010

    Io sono un acerrimo nemico del pane a tavola. Va bene - se straordinario e sempre diverso/in evoluzione (quindi se c'è dietro una continua ricerca) - dove si fa cucina tradizionale. Non va bene in nessun caso dove si fa cucina creativa. Al limite, se c'è la necessità espressiva dello chef di utilizzare il pane, allora che lo chef lo faccia portare insieme al piatto a cui vuole abbinarlo. Giovanni Lagnese

  • Rob7815 Settembre 2010

    Non ho sottolineato nello scritto una figura molto importante al Canto. Se noi possiamo godere ancora oggi di un Lopriore così, lo dobbiamo alla testardaggine di Anna Claudia Grossi, che continua a credere nel suo chef nonostante le mille difficoltà (che a quanto pare però non sono legate ai numeri, visto che nella mia cena il locale era completo) Grazie Anna Claudia, ce ne fossero di padrone di casa così.

  • Giovanni Lagnese15 Settembre 2010

    Bravo Roberto! Giovanni

  • giovanni gagliardi15 Settembre 2010

    Sono d'accordo assolutamente. Se voglio mangiare il pane vado dal prestinaio. Ad Majora

  • Orson15 Settembre 2010

    Sì, su questo punto sono abbastanza talebano anch'io (che pure sono appassionato di pane e impazzisco a trovarne di buono anche nella capitale). Da Lopriore, per esempio, è difficile trovare spazio persino per il vino (anche facendo ottime scelte come Rob), vista la grande, unica personalità dei piatti. Belli anche i piatti nuovi e benvenuto anche Roberto nel Lopriore fanclub;) (che vuol dire anche, lo so per esperienza, che ormai ogni volta che qualcuno ti proporrà di tornarci dirai di sì!)

  • il Corazziere del Quirinale15 Settembre 2010

    Barbera Vigneto Gallina 2003 ???!!! Rivetti ottima Scelta ?!?

  • stefano15 Settembre 2010

    Semplicemente il Migliore !!! Cucina allo stato dell'arte. Grazie di esistere Paolo !!! Poi certamente si mangia benissimo in tanti altri posti (Senigallia per esempio docet) ma qui tutti i sensi sono stimolati, chi non l'ha provato o semplicemente non riesce a sintonizzarsi (ed è facile con i sapori de Il Canto) non può capire...

  • The Dark Knife15 Settembre 2010

    Penso che uno sia libero di ordinare e mangiare quello che vuole sia da Lopriore sia all'osteria di zio peppino, quindi se il commensale pensa che il pane gli porti via spazio dallo stomaco o, ancor meglio, crede ed è convinto che un percorso degustativo di un grande chef non preveda il pane, comunque sia, il pane ci deve essere punto e basta! Ma stiamo scherzando!? Io entro in un ristorante e non trovo il pane?! Non servono 150 tipologie, serve pane. Non parlo per me, personalmente lo assaggio (e mi dispiace pure non consumarlo), ma il 90% di esseri umani che va a mangiare al ristorante e non trova il pane, fa bene a lamentarsi..

  • Giovanni Lagnese15 Settembre 2010

    Non stiamo affatto scherzando. Nella cucina d'autore, il pane ci deve stare esclusivamente se e quando serve. E serve quando ha un senso. Un senso originale, diverso dalla sua funzione originale, o che aggiunga qualcosa ad essa. Se la vogliamo mettere addirittura da un punto di vista legale, il cliente non ha alcun diritto a vedersi servito il pane. Fermo restando che, affinché anche la nomenclatura e le regole stiamo al passo con i tempi, la categoria "ristorante" dovrebbe, anche legalmente, essere affiancata da quella di "luogo di fruizione di cucina d'autore". Certamente però anche attualmente non viga alcun obbligo di servire il pane nei ristoranti. A te cliente viene proposto ciò che ti viene proposto - e nei limiti della legge vige la massima libertà propositiva. Tu cliente puoi accettare o scegliere di non andare. Volendo puoi anche parlar male. Sei libero di farlo. Ma io sono libero di dire che ti sbagli. Puoi anche usare un tono un po' aggressivo, dicendo "il pane ci deve essere punto e basta! Ma stiamo scherzando!?". Sei libero. Ma io sono libero di dire che quello che dici denota una mentalità limitata, da persona sempliciotta, ignorantella e non molto arguta. Tu sei libero di chiedermi a che titolo esprimo il mio giudizio, e io sono libero di risponderti. Tutto legittimo, io non invoco nessuna illegittimità, né legale né dialettica, e faccio notare che è invece invocarla è dialetticamente illegittimo. I lettori, ad ogni modo, sono liberi di giudicare. Giovanni Lagnese

  • Giovanni Lagnese15 Settembre 2010

    Scusate i refusi, ma credo si capisca. Giovanni Lagnese

  • Rob7815 Settembre 2010

    In realtà ho detto una inesattezza, perchè al Canto il pane c'è, solo che viene portato a 3/4 del pasto, se non ricordo male prima dei secondi (ma potrei sbagliare perchè non l'ho degnato di sguardo) Questo a conferma dell'attenzione ai particolari di Lopriore (il pane non te lo porto all'inizio quando hai appetito, e lo usereresti a mo' di appetizer, ma dopo un poco e con le portate dai gusti più decisi..) Anche se in generale non sarei così categorico in questa obbligatorietà nella presenza del pane (anche da Adrià mi sembra non ci sia) Ci sono abitudini degli avventori che possono anche essere corrette :)

  • giovanni gagliardi15 Settembre 2010

    Che il pane, come l'acqua in un ristorante debba esserci è cosa buona, giusta e anche un tantino ovvia. Qui si parla di altro e cioè dei cestini con 200 tipi di pani diversi e fumanti che vengono continuamente proposti durante il pasto. Ecco, questo per me non è essenziale (oltre ad essere devastante e pericoloso ai fini di una piena degustazione del pasto). La bontà dei pani non rientra mai nel mio personale canone di valutazione di un ristorante che non è una panetteria. Preferisco che il pane lo portino a richiesta o comunque che lo propongano solo sul secondo. E poi diciamo la verità, ma quale pane e pane. Per la grande maggioranza sono brioche o pizze rustiche travestite, che vanno mangiate a solo. Ma il pane non dovrebbe servire ad accompagnare..... Ad Majora

  • Giovanni Lagnese15 Settembre 2010

    Per quanto riguarda il vino e il bere in generale, io sarei per l'abbinamento di bevande ai piatti stabilito dallo chef nei casi in cui lo chef giudichi la cosa semanticamente rilevanti. Al pari di qualsiasi altra componente del piatto, al pari di un side dish. Negli altri casi (cioè sui piatti senza... "side dish liquido"), che ci si beva acqua. Giovanni Lagnese

  • Il Guardiano del Faro15 Settembre 2010

    Ti ho già fatto i complimenti in privato per questa recensione incisiva , avvolgente e coinvolgente, ma mi sembra giusto ribadirli in pubblico, l'ho appena riletta davanti ad un bicchiere di pinot bianco di Terlano perchè di più sarebbe stato probabilmente sprecato nei confronti di questa cucina.

  • Giovanni Lagnese15 Settembre 2010

    "l’ho appena riletta davanti ad un bicchiere di pinot bianco di Terlano perchè di più sarebbe stato probabilmente sprecato nei confronti di questa cucina." Nel senso che le emozioni date da questa cucina - addirittura anche solo tramite questa recensione - sono così sublimi da arrivare a un vertice di altezza tale che, qualsiasi cosa tu "aggiunga", di più non puoi ottenere? Sono d'accordo. Giovanni Lagnese

  • velavale15 Settembre 2010

    cioe? non ho capito?

  • Il Guardiano del Faro15 Settembre 2010

    Come no ! .... what else... !?

  • The Dark Knife15 Settembre 2010

    @ Giovanni Lagnese estraggo quanto scritto nel mio intervento.. "Penso che uno sia libero di ordinare e mangiare quello che vuole ... da Lopriore ... se il commensale pensa che il pane gli porti via spazio dallo stomaco o ....è convinto che un percorso degustativo ......non preveda il pane.... .....Non servono 150 tipologie, serve pane. Non parlo per me, personalmente lo assaggio (e mi dispiace pure non consumarlo)..." Io ritengo semplicemente che almeno una fetta di pane debba essere servita al cliente, tutto qui. Non per una questione legale, figuriamoci. Per una questione di correttezza (sempre col cliente), dato che nelle tavole è una consuetudine. Caro Sig. Legnanese, rispetto totalmente il tuo punto di vista su Lopriore.... semplicemente non lo condivido. Ritengo che Lopriore sia un cuoco di caratura straordinaria. Per me quello che gli manca è l'armonia del gusto. Ma sarà sicuramente un mio limite. Per me il top sono Mauro Uliassi, Massimo Bottura e Pino Cuttaia punto e basta =)

  • Giovanni Lagnese15 Settembre 2010

    "dato che nelle tavole è una consuetudine" Ragionando così, non è che si vada molto lontano. Quanto all'armonia del gusto in Lopriore, non è che per caso sei di quelli che non ravvisano alcuna armonia (musicale) in, che so, Ascension di John Coltrane? Giovanni Lagnese

  • Giovanni Lagnese15 Settembre 2010

    Appunto: il pane laddove "serve", laddove ha un senso. Giovanni Lagnese P.S. Da Adrià sono anni che non c'è, il pane. E ci mancherebbe.

  • Giovanni Lagnese15 Settembre 2010

    Che il pane debba esserci non è affatto cosa buona. Né giusta. E tantomeno ovvia. Giovanni Lagnese

  • Giovanni Lagnese15 Settembre 2010

    Appunto, non poteva che essere così. Sono contento che anche tu ammiri Lopriore. Giovanni Lagnese P.S. Però quella rece del Bulli non te la perdonerò mai!

  • Il Guardiano del Faro15 Settembre 2010

    Quando ci vediamo te lo spiego, però poi non dirlo a nessuno... ;-) Ok ?

  • The Dark Knife15 Settembre 2010

    Eh si, sono proprio tra quelli.. Un mio limite. Non grave comunque.

  • Giovanni Lagnese15 Settembre 2010

    Spero tu sia stato ironico. Altrimenti... non sai cosa ti perdi. Davvero. Giovanni

  • q.b.16 Settembre 2010

    ..già già già.....Pinot di Terlano...ottimo...il tuo preferito se non mi sbaglio ;-)

  • giancarlo maffi16 Settembre 2010

    complimenti per la rece. bottura no ?

  • Rob7816 Settembre 2010

    Grazie! Bottura fa parte di quelle tavole che non ho avuto il piacere di rivisitare quest'anno. Ma i miei compari mi dicono sia in uno stato di forma extra-ordinario

  • Il Guardiano del Faro16 Settembre 2010

    Pinot Bianco di Terlano è la porta d'ingresso dei vini bianchi. Sempre una boccia in frigo! Però oggi Baroleggio, sai com'è, l'autunno alle porte, il profumo di vendemmia...

  • giancarlo maffi16 Settembre 2010

    ci sono andato ieri. ho provato tre sue nuove cose, dopo il viaggio in lapponia e peru'. ormai si fa fatica a dargli meno di 19,9 / 20, per intenderci. vai di corsa

  • gianni revello16 Settembre 2010

    ..in Italia i due migliori, è da un po' che lo dico ..e nel mondo niente da invidiare

  • Giovanni Lagnese16 Settembre 2010

    Il problema è: dove cacchio dormire a Modena???? Giovanni

  • Giovanni Lagnese16 Settembre 2010

    Sia chiaro: ovviamente il dove dormire non rappresenta certo un problema per un gourmet. Volevo solo sottolineare che l'ospitalità a Modena non brilla certo per originalità e classe. Giovanni

  • gianni revello16 Settembre 2010

    Basta accontentarsi e, per la comodità, andare lì vicino. Ad esempio, due passi a piedi e sei al Best Western in via Blasia, vicino al Duomo. Ha anche il garage.

  • Lucien16 Settembre 2010

    Mascarello i suppose.. ;-)

  • q.b.16 Settembre 2010

    ...il solito poeta...spero prima o poi di mettere le gambe sotto un tavolo assieme a voi due e farci tutti assieme una bella partita a bocce...

  • emanuele barbaresi16 Settembre 2010

    Eccellente recensione, eccellenti foto. Fa, fanno voglia di tornare quanto prima alla Certosa. Certo, a volte i piatti di Lopriore sembrano avere problemi di equilibrio, ma si tratta senz'altro di una scelta. Altre volte non ho trovato, nei suoi menu, un livello costante dalla prima proposta all'ultima. Qua e là ci s'imbatte in qualche riempitivo. Ma questo è umano e comunque avviene anche da Adrià, anche se dallo chef catalano - visto il numero delle proposte - in modo più comprensibile. Poi, è verto: da Lopriore bisogna assolutamente evitare la carta, dove ci si può imbattere in proposte addirittura banali. Ma non dimentichiamo che si tratta dell'unico ristorante di un albergo di lusso, il che in effetti è abbastanza incredibile, dato che con ogni probabilità ad almeno nove clienti della Certosa su dieci di provare una cucina come quella di Lopriore può non importare assolutamente nulla; di più: la potrebbero persino trovare incomprensibile o, peggio, fastidiosa. Comunque, al di là del numeretto (e il mio, basato su ciò che ho effettivamente provato e non su ciò che leggo, continua a essere 17: spero di smentirmi alla prossima occasione), la cucina di Lopriore è una delle poche davvero stimolanti (quattro, cinque?) che sia possibile trovare oggi in Italia. Su questo non c'è dubbio. ps. Sul pane concordo con Lagnese

  • gianni revello16 Settembre 2010

    Ciao Emanuele, ti suggerisco di tornare a Il Canto, delle sette esperienze che ho fatto in questo ristorante le ultime due, quella di giugno e questa, sono state le migliori. Entrambe 19/20 tanto per parlare in una scala che tra noi conosciamo. Per me non c’è stato nessun riempitivo, ricordo bene, ho pure foto e qualche appunto, c’è stata un’alternanza nel menu di momenti, in modo da produrre una dialettica che evitasse di stancare palato e mente con una stimolazione non variata, un fenomeno ben noto, culturale e fisiologico, in ogni campo dove sono in azione in modo raffinato i sensi. L’anno scorso, salvo una cena straordinaria per forza e inventiva, in compagnia di due amici, sconvolti da inattese novità vitali e sotto shock :) , non avrei detto 19. Oggi sì. Le immagini dicono già molto ma, pur splendide come quelle di Roberto, non dicono nulla del gusto dei piatti di Lopriore, che è un gusto DINAMICO come quello di nessun altro a mia conoscenza, Italia o altri paesi. Assurdo, per dire, cercare di capirlo con un assaggio, mentre questo criterio può essere più o meno applicato alla quasi totalità dei piatti che consumiamo, che sono, non assolutamente, ma tendenzialmente, statici. E questo della dinamicità del gusto secondo me è uno dei fattori fondamentali che definiscono una grande cucina. Ho discusso con Lopriore l’anno scorso di questo dato che per me balza agli occhi (ma meglio dire: al gusto!, no? ..guardare è facile, ..ma siamo ancora ai preliminari) per cui in un suo piatto la combinazione dei vari elementi, già in sé netti e incisivi (è essenziale), avviene su tempi e curve di intensità diverse. Relativamente ad uno specifico piatto, ricordo che parlando con lui ad un tavolo della piscina della Certosa avevo tracciato su un foglio le curve delle sensazioni gustative che avevo provato nell’intreccio dei vari elementi. Devo avere ancora da qualche parte gli appunti. Roberto, mitico!, la prima volta che mangiava a Il Canto, lo ha capito quasi subito. E anche il fatto che lì non aveva molto senso spaccare capelli in quattro e perdere il filo del discorso dando i ‘voti’ piatto per piatto. Ad esempio una portata fantastica, la Pescatrice alla Rossini, tra i tanti squisiti equilibri e rimandi (tra cui quelli al suo maestro), aveva due punti secondo noi migliorabili che la scostavano un po’ dalla perfezione che avrebbe meritato. Ma questo non ha cambiato più di tanto il giudizio generale. Anche qui Roberto ha messo una bellissima foto, restano solo in fondo un po’ nascosti i due foie, caratteri decisivi per il piatto, con quello più intenso di colore della pescatrice al centro. Anche l’ultimo dessert, semplicemente eccezionale. E il colore! Quest’anno la cucina di Lopriore è più colorata. Tutt’altro che un puro fattore esteriore. Ma tutto questo, per chi ha la bontà di leggere, attenzione, tranquilli, non è una cosa di testa, che fosse finita lì a tutti noi direbbe ben poco, ma è cosa di cuore, pancia, testa, è un’alchimia che, per chi ama la grande cucina, avviene spontaneamente a Il Canto (..anche alla carta, no problem, ..ma carta bianca soprattutto, mi raccomando!) e genera una soddisfazione e un divertimento crescente. Basta andare una volta. Non aspetti altro di tornare. La rece di Roberto è fantastica, riproduce quel clima, nessuno avrebbe saputo trasmettere meglio quella cena.

  • emanuele barbaresi17 Settembre 2010

    Ciao Gianni, ritornerò sicuramente. Del resto, piatti-capolavoro come "funghi, tabacco e noci (e nepitella)", qui descritti, me li ricordo ancora. Sono da vero sobbalzo sulla sedia. Altri, invece, li avevo trovati meno centrati (ma ormai manco da un anno). E soprattutto non sono d'accordo sul fatto che la carta sia convincente quanto il degustazione. Lì in un'occasione mi sono imbattuto in almeno un paio di piatti davvero banali. Magari non è più così, però vedo che anche per Roberto qui il degustazione è "l'unica via da percorrere".

  • gianni revello17 Settembre 2010

    Ciao, è inteso che “l’unica via da percorrere” di Roberto non è un'affermazione di tipo apodittico, ma sarà lui che potrà specificare meglio. Comunque Roberto, come ha detto, è la prima volta che viene al Il Canto, quindi non può mai aver scelto alla carta. Delle mie sette esperienze (in tutto una cinquantina di piatti diversi, più alcuni ripetuti una o due volte), tre sono state alla carta, una nel 2008 e due nel 2009, tutte in continua crescita e sempre di alto livello, non troppo scostate dai carta bianca avuti due volte nel 2009 e due volte nel 2010 (ora è un top). Ovvio che aver la possibilità di far realizzare un percorso allo chef dà modo di cogliere delle peculiarità dello stile che altrimenti richiederebbero ben più visite per essere colte.

  • gianni revello17 Settembre 2010

    ..Posso citare una differenza abissale dall’ottimo Parini al Povero Diavolo che per me c’è stata tra una cena alla carta gennaio 2008 e un suo splendido carta bianca luglio 2010.

  • Alberto cauzzi17 Settembre 2010

    Questo è quantomeno singolare. Da ormai biografo ufficiale del folletto di Torriana :wink posso assicurarti che tra il carta bianca e la carta non c'è alcuna differenza se non l'aggiunta di qualche "distrazione" o prototipo, che voglio sperare non siano state le cose migliori della tua cena. Può anche starci che noi tutti compiamo errori di valutazione, noi che stiamo seduti al tavolo. Non è solo crescita del cuoco o qualche altro strano e singolare guazzabuglio. Infine ci può pure stare, Bottura Docet ma mi pare di capire che possa valere anche per LoPriore, che si vivano periodi particolarmente felici di intensa e profonda creatività positiva. La cucina, i cuochi e, Ça va sans dire, anche noi stessi siamo in continuo movimento. I giudizi scolpiti nella roccia non sono di questo mondo, almeno per me.

  • Alberto cauzzi17 Settembre 2010

    Aggiungo Gianni, per provocarti ma convinto :-), che Parini non ha nulla da invidiare ai mostri sacri che, giustamente, continuiamo ad incensare. Basterebbe passare una volta al mese da Torriana per rendersi conto del fatto che mentre la maggior parte di questi grandi ha prodotto 2/3 piatti diversi Giorgio nello stesso periodo ne ha sfornati una 30ina. E' una cucina istintivamente geniale la sua, in grado di essere svolta e portata in tavola da una sola persona (visto con i miei occhi). Una cucina terribilmente "a la minute", terribilmente contemporanea, terribilmente avanguardista ma al contempo concreta e comprensibile. Una cucina tra le più moderne, sia come concezione che come esecuzione, ed accattivanti che ho provato negli ultimi anni.

  • Giovanni Lagnese17 Settembre 2010

    Il cattivo gusto a me dà un po' fastidio, però. Giovanni

  • gianni revello17 Settembre 2010

    Se è per quello a me anche il "buon gusto". Buono e cattivo gusto sono solo due palle al piede.

  • Rob7817 Settembre 2010

    Con “l’unica via da percorrere” intendevo esprimere una mia sensazione, cioè che alla carta si perderebbe buona parte del senso di una cena al Canto che, per ammissione dello stesso Lopriore, è un percorso a diverse velocità. Solo Paolo può conoscere esattamente i suoi piatti, solo lui sa creare il giusto circuito. E questo perchè qui il degustazione NON è un semplice assemblaggio di piatti alla carta. E' un problema di conoscenze, a meno che non ci si vada 7 volte in 2 anni.....eh, GiannI? :)

  • gianni revello17 Settembre 2010

    Ciao Alberto, provocazione accettata, ho una mia opinione, ma su Parini preferisco sospendere ancora il giudizio, che è pure molto positivo, perché, senza entrare in dettagli stilistici, una sola esperienza anche se di grande valore non è sufficiente. Sul numero dei piatti: non lo considero in sé né un valore né un disvalore. Penso però, come ti ho detto in base a dati non conclusivi, che al momento non meno di sette cuochi che mi piacciono più di lui in Italia ci siano (e da diversi altri non sono mai stato). Ma tempo al tempo. Intanto ci dovrò tornare e consiglio chi non è ancora stato al Povero Diavolo di andarci al più presto. P.S.: ho appena fatto un tour davvero interessante: Tassa (grande) - Sposito - Iannone - Esposito - Deleo - Caputo - Iaccarino.

  • gianni revello17 Settembre 2010

    Non è singolare, intanto per la prima esperienza non parlo di adesso ma di quasi tre anni fa, e poi non sono il primo a dirlo. Non che in quella cena mi fossi trovato male, anzi, tutt’altro, semplicemente non avevo riscontrato una cucina con tutti questi caratteri d'eccezione. Poi niente è scolpito nella roccia, è ovvio. E’ certo anche possibile che alcune sottigliezze tre anni fa non mi fossero arrivate. O che quella sera le cose fossero sottotono, altrettanto possibile. Ma è invece sicuro che Parini abbia poi proseguito nella sua evoluzione fino ad arrivare agli alti livelli di adesso, è indiscutibile. Io parto dall’ultima esperienza del luglio scorso. Questa è la base del mio discorso, non certo la cena di quasi tre anni fa. Giusto, anche Bottura, ora a livelli stratosferici, negli ultimi due anni ha fatto un incredibile balzo in avanti.

  • gianni revello17 Settembre 2010

    Quando torniamo? :) E con te anche al Povero Diavolo! :)

  • fabio fiorillo17 Settembre 2010

    Gianni, da campano, sono interessato al tuo tour..qualche concisa notizia?

  • Giovanni Lagnese17 Settembre 2010

    Concordo, Gianni. Ma in certo cattivo gusto - plausibilmente - io non ci trovo proprio nulla. Questo non c'entra ovviamente con quel "buon gusto" che è solo un limite per la creatività e per la fruizione estetica. Giovanni Lagnese

  • Giovanni Lagnese17 Settembre 2010

    Mi associo alla richiesta. Sono interessatissimo a conoscere le tue opinioni, Gianni. Rientri fra le tre-quattro persone in grado di esprimere giudizi degni di essere presi in considerazione. Giovanni Lagnese

  • Giovanni Lagnese17 Settembre 2010

    Gianni, ho anche una domanda per te. Te la pongo? Massì! La musica può esprimere disperazione senza ricorrere alle dissonanze, ad esempio come nella Sinfonia 40 di Mozart. Beh, ti chiedo: secondo te la cucina può esprimere disperazione senza le dissonanze? Giovanni Lagnese

  • gianni revello17 Settembre 2010

    Ciao Fabio, un piacere sentirti. Chiedere a me qualcosa di conciso? :) Mi limiterò ai ristoranti campani. Molto difficile essere concisi dopo un tour così vario e interessante. A far categorie si sbaglia, ciascun ristorante aveva una sua specificità e una sua bellezza e questo è ciò che più conta se si vuole di volta in volta non cavar pulci, nostre e altrui (..ma è possibile non farlo?), e invece cercare piuttosto di massimizzare il piacere e il valore di un’esperienza. Se proprio dovessi tentare una precaria sintesi direi: Genio e sregolatezza? No! Tutt’altro: L’alta ristorazione in Campania, ovvero Della grande arte dell’accoglienza e della concretezza. Il famigerato ‘voto’ alla cucina? Oscilla per l’insieme dei ristoranti di cui sopra in un range molto stretto e non casuale. Una valutazione deve tenere conto di tanti fattori, allora, supposto che un nostro metro abbia senso per tutto e per tutti, e non ne sono affatto certo, direi tra un minimo di 15.5 e un massimo di 16.5/20. Nessun 15, nessun 17. Perché? Prodotti super (pesce, pomodoro, pasta, olio, formaggio, ecc) e tecnica accurata di scuola ben salda, sì, certo. Cimento dell’invenzione? Poco. Grande attenzione al cliente e all’intrapresa. Due valori non meramente utilitaristici, che indirizzano appunto a quel genere di esperienza, che copre in scioltezza e grande piacevolezza, e non banalmente nei casi migliori, il gusto di un ampio spettro di fruitori delle annesse, quasi sempre fuor dall’ordinario, bellezze ambientali. Sto scrivendo qualcosa più in dettaglio. Ad esempio ho finito in linea di massima Pappacarbone (no foto), potrei anche parlare più in diffusamente dei vari piatti, magari se avrò tempo e voglia lo farò. PAPPACARBONE, Rocco Iannone. Cava de’ Tirreni. Settembre 2010. Cena (locale abbastanza pieno) Il locale è bello perché ha carattere. Il servizio al femminile (unico caso in tutto il nostro tour campano) all’inizio è un po’ freddo, ma poi se c’è feeling si scioglie, diventa più gentile, sempre restando puntuale ed efficiente. Meno, altra mano, al momento della scelta del vino: la carta è adeguata, ma certo non ricca e ciononostante, per l’addetto, piena di arcani. Gli antipasti e i primi sono a 15 Euro, i secondi a 22 Euro, i formaggi 10 Euro. All’ordinazione c’è una giusta flessibilità orientata al cliente nella composizione del percorso gustativo scelto dalla carta. Nel nostro caso, un menu composto da due antipasti, due primi, un secondo, un dessert a 80 Euro. Accettata senza problemi qualche variazione nella sequenza di mia moglie, ci viene domandato se abbiamo delle preferenze nel grado di cottura del pesce. Rispondiamo si faccia secondo gusto e arte dello chef, giusto così. Avremo: Tartare di merluzzo (freschezza assoluta, punteggiata d’aromi); Insalata di polpo, fagiolini e pomodori (molto buona, specie i pomodori, estremi); Piccoli fiori di zucca ripieni di ricotta di bufala, con, a parte, funghi porcini trifolati, e, ancora, brodo di porcini (bene gli elementi uno ad uno, l’insieme invece non funziona del tutto); Paccheri (pastificio Vicidomini) al pomodoro (pasta squisita, un'esperienza nel bagaglio dei ricordi la consistenza, ma veramente esagerata la quantità di sugo, ottimo); “Carbonara” di merluzzo (spaghetti lunghi De Cecco) con bottarga di tonno (originali i profumi, le uova della “carbonara” sono quelle dei due pesci, il sugo è però un po’ troppo diluito, il piatto meno interessante); Triglie su purè di patate, brodo di frutti di mare e maggiorana (triglie fantastiche come sempre dovrebbero essere e come invece assai raramente sono, purè leggero eseguito alla perfezione, buono il brodo ma una quantità minore sarebbe stata sufficiente); Tortino di nocciole di Giffoni e cioccolato (squisite le nocciole, il resto un po’ rustico). In conclusione, materie prime effettivamente tra l’ottimo e lo straordinario. Le preparazioni, quasi sempre centrate, regalano a volte emozioni, talora anche intense, o persino mai provate, ma, sovente, non escono da una buona normalità e da un’immediatezza che non evolve. Il posto è serio, e lo si può consigliare senza remora alcuna. Ma per me: una tantum. La ‘semplicità’ può balzare al sublime, ma più facilmente capita che abbia solo timore d’uscir di casa. Può persino prendere il velo (vietato fotografare). In passato, dopo una carriera mondana anche grande non era così insolito il ritiro in convento. E un mezzo da sempre discutibile, l’etere, allora veicolava lo spirito, oggi la tv.

  • gianni revello17 Settembre 2010

    Ciao Giovanni, un piacere sentirti, so bene che ami molto sia la musica che la cucina, interessante la tua domanda, come sono tutte le domande, anche le mie, anche le tue, ..chissà perché quasi sempre un po’ meno interessanti sono le risposte :) Magari sul tema che mi hai proposto proverò a risponderti, prima o poi, con altre domande :) Lo farò.

  • Giovanni Lagnese17 Settembre 2010

    Ci conto. Ciao Giovanni P.S. Credo che talvolta siano interessanti anche le risposte

  • gianni revello18 Settembre 2010

    Da cosa può dipendere? Dalle domande? Non pensi che il tema della “disperazione” nella 40, come quello della “gioia” nella 41, siano solo un pre-testo per Mozart? Una sorta di modo per richiamare l’attenzione coi “sentimenti”, diciamo, con paragone asimmetrico, come il far credere che tema della grande cucina sia il “mangiare” e non piuttosto la declinazione del nostro più o meno continuamente mutevole rapporto simbolico col cibo? Non credi che se l’oggetto principale di queste opere di Mozart fosse davvero l’ “espressione” della “disperazione” o della “gioia”, e così via per tutta la griglia del catalogo (Don Giovanni/Leporello/Elvira..) dei “sentimenti” ogni volta storicamente determinati, queste opere si porrebbero in un ambito di modello mentale di primo livello, e in tempo locale, e quindi al di fuori del sigillo del genio, che ha la caratteristica di creare delle unicità che, in micro e in macro, forano il tempo, individuale e collettivo (..e non “gioie” e “disperazioni”, in sé tipicizzate di volta in volta da specifici feuilleton, film, reality, riti collettivi, e così via) ? Messo in subordine il pur forte elemento catartico, l’arte (in musica, in cucina, ..in tutta la vastità di oggetti e forme che continuamente creiamo), col suo continuo gioco di sperimentazione e ridefinizione dei modelli non è piuttosto, soprattutto, uno dei motori più potenti dell’evoluzione? Ciao Giovanni

  • Giovanni Lagnese18 Settembre 2010

    Credo che il fatto che talvolta siano interessanti anche le risposte dipenda non tanto dalle domande (anche), quanto dalle risposte (soprattutto). Ho l'impressione che ci sia stato un equivoco. Infatti, quando parlo di "disperazione" o di "gioia" non parlo della disperazione e della gioia afferenti a quello che tu chiami "modello mentale di primo livello", ma mi riferisco proprio alla "disperazione" e alla "gioia" afferenti al livello di ciò che tu descrivi come "unicità che, in micro e in macro, forano il tempo, individuale e collettivo". Credevo fosse ovvio. Non credo quindi che la "disperazione" e la "gioia" intese al livello sopra precisato siano pre-testi. Pre-testo è il libretto del Don Giovanni. Non i "sentimenti" - nel senso sopra precisato - i quali - tutt'altro che pre-testi - sono assolutamente in-testi. C'è da dire inoltre che vanno bene i discorsi dell'Estetica sull'universalità dell'arte, la catarsi, eccetera, però forse il senso della mia domanda era più "artigianale": l'arte, specie se vista dalla parte degli artisti, è anche questo. È improvvisare una sequenza di accordi, vedere l'effetto che fa, sorridere, "allappare". Così faceva Debussy, così faceva Ravel, così si trovano nuove armonie. Forse per lo studioso di Estetica siamo al "primo livello", ma l'arte è anche questo. "Questa sequenza di accordi dà un senso di mistero, quest'altra mi sembra evocare un certo profumo, fammi provare, fammi giocare, vediamo, uh, sì, figo così, vediamo colì, mmm... ecco, così mi piace proprio, scriviamo proprio così": insomma, scendiamo un po' coi piedi per terra, rendiamoci conto che anche le composizioni che sembrano dipingere l'Assoluto nascono così e il dipinto dell'Assoluto si forma empiricamente, in parte per caso, e non perché l'artista ha una pre-immagine che la tecnica non fa altro che reificare. No, la tecnica concorre molto più attivamente e mediante una dialettica molto più complessa. Ed è nel senso tecnico-artigianale precisato che andava intesa la domanda. Quasi come in un dialogo tecnico fra artisti che si danno consigli su come ottenere un certo "effetto" (Debussy l'ha fatto spesso, ad esempio durante la lunga gestazione del Pelleas). Tutto ciò non è in contrasto con quanto da te affermato su "unicità che, in micro e in macro, forano il tempo, individuale e collettivo", eccetera. Ma il senso della mia domanda era fondamentalmente tecnico. Semmai si collocava al livello della psicoacustica, della psico-teoriadelgusto, ecc. Chiedevo solo se - in pratica, tecnicamente parlando, artigianalmente parlando - si potesse ottenere un certo effetto con certi mezzi. È un po' come giocare tra compositori sfidandosi a dare un senso di tristezza con sequenze di soli accordi maggiori, o sfidandosi a evocare un profumo, o un colore. Con tutte le eventuali considerazioni psicoacustiche del caso. Ecco: la domanda aveva lo stesso senso, ma relativamente alla cucina. E le possibili (azzardate, senza pretese, come qualsiasi approccio a un problema finora molto poco formalizzato) risposte? Sono curioso di rileggerti, Gianni. A presto Giovanni Lagnese

  • gianni revello18 Settembre 2010

    L’arte, che agisce sempre all’interno del rapporto tra le due grandi categorie della ripetizione e della variazione, può essere intesa come modalità che opera nel mondo dei rimandi, delle contaminazioni, delle reti, ed è quella per noi più ovvia, non meno importante, solo più ovvia, ed è quella modalità che ad esempio ti fa dire: “..questa sequenza di accordi dà un senso di mistero, quest’altra mi sembra evocare un certo profumo ..”, ed è ancora la stessa che ti fa dire che: “ i “sentimenti” – nel senso sopra precisato – i quali – tutt’altro che pre-testi – sono assolutamente in-testi ”, e così via, cioè, detto in generale, è quella che ti fa dire che UNA cosa, pensiero ecc qualsiasi dato materiale, può anche essere UN’ALTRA, nella relazione, nella trasformazione, nell’innesco di una catena ben ramificata di effetti ecc. Per dire, una serie di suoni è ovviamente altro da un “sentimento”. Questa è una modalità molto più “occidentale”, molto ricca, ma facilmente prigioniera di un gusto, di una soggettività, dell’esperienza, di un canone, tutti elementi produttivi (ecco lo spirito “occidentale”) ma che pongono limiti piuttosto forti all’esperienza. Secondo un’altra modalità, più difficile e profonda, UNA cosa NON E’ un’altra, e non ha “sentimento”, non ha “senso”, è un in sé, ci sono molti esempi, ma vedi certa arte “orientale” (e questo effetto c’è anche nella cucina giapponese, in cui a volte lo stesso “gusto” nel senso in cui lo intendiamo noi non è la cosa più significativa, ma ha ad esempio lo stesso senso/non senso del più importante giardino giapponese, il Ryoan-ji), o vedi i dipinti di Ryman (il dipinto è sempre, con diverse modalità, completamente bianco e il tema è solo quello del dipingere), o vedi molte opere di Cage dove i suoni non hanno alcuna “intenzionalità”, alcuna relazione l’uno con l’altro (il più bell’esempio sono per me i Freeman Etudes per violino, che ti consiglio di procurarti se già non li conosci), e così via.. E naturalmente le due modalità possono essere più o meno pure, per lo più si intrecciano, e gli artisti (non ha importanza “occidentali” od ”orientali”) lo sanno bene.. Mi ricordo un’osservazione di Degas, al quale a proposito dello splendido ritratto della Famiglia Bellelli in un interno (ora è al Louvre) avevano detto: “Chissà come si sarà annoiato con un lavoro tanto ripetitivo necessario per dipingere la tappezzeria sullo sfondo” e lui a rispondere che no, era stato proprio lì dove si era divertito di più, nel senso che lì non si era dovuto interessare della “rappresentazione” (resa bidimensionale, convenzionalmente “realistica”, della varietà e specificità di volti, corpi, oggetti..) bensì esclusivamente della pittura in sé. E, tra l’altro, sono andato adesso a rivedermi l’immagine dell’opera, il tappeto che copre tutto il pavimento dell’interno è dipinto in modo praticamente “informale”. Non mi ero mai accorto che in questo quadro del 1860-62 c’erano, con esclusione del filone espressionista-surrealista, assieme tre modalità fondamentali della pittura del ‘900.. ..ma Giovanni, ti chiedo scusa, io mi fermo qui in modo definitivo perché penso non sia la cosa più giusta utilizzare questa sede per un nostro discorso, Ciao, Gianni

  • Giovanni Lagnese18 Settembre 2010

    Credo che fuori dal mondo dei rimandi, delle contaminazioni, delle reti, ecc. non via sia nulla. Puoi avere solo l'illusione di uscire da quella da te descritta come "prima modalità". In realtà vi ricadi sempre (sembra lo confermino anche le neuroscienze, per le quali questa sembra proprio essere l'essenza stessa della "res cogitans"). Ma, ad ogni modo, la mia domanda iniziale resta valida e sensata, al massimo si potrebbe dover restringere il suo ambito di significatività, ma senza annullarlo. L'arte è una pratica complessa, è difficilissimo catturarne una sola, unica "essenza". Di fatto, ponevo una domanda che - ancora, e nella stessa forma originale - non mi sembra non avere senso (ammesso che le tue risposte mirassero a una dissoluzione della domanda nel non senso). Scrivimi la tua email se ti va di continuare la conversazione. Ciao Giovanni Lagnese

  • gianni revello18 Settembre 2010

    Solo una curiosità per avere basi comuni su cui costruire un discorso, cosa conosci ad esempio della musica e delle arti visive degli ultimi trent’anni, perché di norma quando sento qualcuno parlare d’arte sento sempre modi di pensare e riferimenti relativi a due o tre generazioni fa. Se ti fa piacere fatti dare pure la mia email da qualche comune amico. Ciao

  • Giovanni Lagnese19 Settembre 2010

    La musica non è tra i miei interessi principali, anche se in passato ho studiato composizione. Cosa "conosca" non è una domanda a cui so rispondere. Quello che secondo me è stato il capolavoro della musica degli ultimi venti anni è Vortex Temporum di Grisey. Ovviamente ammiro anche gli ultimi capolavori di Berio, Ligeti, ecc. E "conosco" quasi nulla dei compositori più giovani. Per quanto riguarda le arti visive, rispetto alla musica sono forse più aggiornato sui giovani, quantomeno grazie a Flash Art, Frieze, Artforum, Aperture per la fotografia. Ma proprio non si tratta dei miei interessi principali. Mi interessa però il rapporto fra arte e scienza, e sogno un mondo completamente formalizzato e senza arte: una sorta di hegelismo che si ferma alla Scienza, all'Intelletto. Odio la maggior parte degli esseri umani e sto studiando un piano diabolico per portare infinita sofferenza nel mondo (altro che nazismo). Forse il mio genio mi permetterà di attuarlo. Spero di averti "scoraggiato"... Giovanni Lagnese

  • Giovanni Lagnese19 Settembre 2010

    Mi scuso per quello che ho scritto: a volte mi sale troppo sangue al cervello e sbrocco. Certo però che, ad esempio, il fatto che Lopriore non abbia la stella a volte mi sembra un buon motivo per odiare il mondo e immaginare le più varie torture fisiche e metodi di sterminio per i parrucconi conservatori limitati che non capiscono. Giovanni Lagnese

  • Giovanni Lagnese19 Settembre 2010

    Ovviamente "le più varie torture fisiche ecc." è un modo di dire. È un po' come dire che gli interpreti che suonano male Mozart andrebbero torturati. Giovanni Lagnese

  • Giovanni Lagnese19 Settembre 2010

    Questa È L'INSALATA di Paolo Lopriore: http://www.youtube.com/watch?v=B7dv2-bxhE8 Giovanni Lagnese

  • renato gf19 Settembre 2010

    lopriore un genio / https://www.passionegourmet.it/index.php/2010/09/05/montecristo-le-castellet-fr-chef-christophe-bacquie-di-monica-nobili/ mah…….. un po’ troppo scolastico no? Quel merluzzo …quelle code di scampi bah! ero sicuro cheil 19 fosse il voto riservato ai semi-dei, ai Roca, Troisgros,Pacaud ecc ecc….per me è una valutazione esagerata…voi che ne dite?

  • Giovanni Lagnese19 Settembre 2010

    Ma hai visto la firma? Monica Nobili... Giovanni

  • Il Canto, Paolo Lopriore . Siena – Orson | Passione Gourmet20 Settembre 2010

    [...] Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui [...]

  • Piperita Patty6 Novembre 2010

    Permettemi di fare la spiritosa dopo la mia esperienza al Canto: www.youtube.com/watch?v=OfsJAgaY62E ihihih

  • Roberto6 Novembre 2010

    :-))))))

  • Giovanni Lagnese7 Novembre 2010

    Non c'è nulla di più volgare dei sorrisini di chi non capisce. Giovanni Lagnese

  • Roberto8 Novembre 2010

    Sei sicuro tu di aver capito il senso del link di Piperita? Io dico di no, riprova. ;-)

  • Giovanni Lagnese8 Novembre 2010

    "Non c’è nulla di più volgare dei sorrisini di chi non capisce" era indirizzato anche a Piperita. Giovanni

  • Roberto8 Novembre 2010

    non significa nulla "anche a Piperita"...

  • Pat Garrett8 Novembre 2010

    Non c'è nulla di piu' volgare di chi ostenta la propria saccenza nel web e in PG ce ne sono almeno due..

  • Giovanni Lagnese8 Novembre 2010

    La presunta "saccenza" viene percepita come tale solo da chi ha un pregiudizio in tal senso. Giovanni Lagnese

  • raffo8 Novembre 2010

    Caro Roberto,leggendo la tua rece sono rimasto basito...non tanto dal fatto che la pensiamo uguale su Paolo e la sua cucina,quanto proprio per le parole usate,per ciò che i suoi piatti han suscitato al nostro palato e soprattutto al nostro CERVELLO. Ti copioincollo una parte della mia rece all'allora prima visita (maggio 2009): [...]Qui si incomincia a capire la filosofia di Lopriore,e sostanzialmente anche la recensione dei ragazzi di TuttoTurismo: i piatti hanno un loro incipit concettuale ben preciso,ed i sensi non vengono semplicemente travolti,ma quasi invitati ad essere pensati. E' un pò come se il cervello mentre si mangia dovesse "leggere un libro" del gusto,mentre solitamente quelle senzazioni si subiscono semplicemente come "vederle in tv".[...] Il risultato in bocca è incredibile: prima l'amaro ferroso sparato,in gradazione subito sopraffatto dalla dolcezza...nel mezzo la burrosa elaganza del pesce e del suo sapore.Sembra quasi uno schiaffo che subito diventa carezza e chiude con un affettuoso pizzico alla guancia. Fantastico.[...] Proprio vero,il sapore cambia. Grazie per questa bellissima recensione. E' già ora di tornare da Paolo,alla faccia di chi ci vuol male e della Michelin.

  • rob789 Novembre 2010

    Siamo sulla stessa lunghezza d'onda, e non solo su Paolo mi sembra :) Organizza, organizza, Siena è così un bel posto :)

  • Presidente9 Novembre 2010

    A tutti chiedo cortesemente di limitare i commenti personali e di rimanere attinenti al tema del post. questo NON E' UN FORUM, in cui ognuno può parlare di se, difendersi o attaccare qualcuno. I prossimi interventi non strettamente pertinenti al post, effettuati solo per offendere qualcuno o per mettere in mostra il proprio ego con ragionamenti astratti, verranno decisamente bannati.

  • Antonio Scuteri9 Novembre 2010

    Comunque, per quanto mi riguarda, e per quello che vale, il Canto è semplicemente strardinarioo. Entusiasmante a livello cerebrale e a livello gustativo in quasi tutti i piatti

  • Giovanni Lagnese15 Dicembre 2010

    Il Canto (Lopriore) d'inverno a pranzo funziona a pieno regime o con menù ridotto? C'è qualche differenza con la cena? Giovanni

  • rob7815 Dicembre 2010

    E' chiuso per ferie fino al 10 febbraio Da quella data, pranzo e cena dovrebbe essere indifferente come proposta

  • Giovanni Lagnese15 Dicembre 2010

    Sicuro che, dal 10 febbraio, pranzo o cena dovrebbe essere indifferente? Giovanni

  • Piperita Patty18 Dicembre 2010

    Mi accorgo solo ora del mio post rimosso, non sono una che se la prende ma una risposta piccata all'auto-proclamatosi santone Lagnese ci stava, comunque capisco il punto di vista del Presidente e chiudo. Solo una cosa, il fatto di non essermi trovata in sintonia con la cucina del Canto non fa di me una che non capisce ma una che cerca cose diverse. Ho ricordi positivi di esperienze presso altri artisti dei fornelli da Adrià a Cracco passando per Parini ma qui sono uscita sconcertata. Però ci riproverei...

  • Presidente19 Dicembre 2010

    Siamo assolutamente d'accordo. Non apprezzare non è sinonimo di non capire e a questo indirizzo sono ben accetti tutti i commenti inenerenti la cucina del ristorante postato, positivi e negativi. A presto

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