Valutazione
Pregi
Difetti
Recensione ristorante.
Cucina tradizionale o cucina creativa? Dubbio amletico che per quanto ci riguarda abbiamo sciolto da tempo in favore di un più ampio e generale concetto di “buono”.
Certo il problema ce lo siamo posto anche in redazione quando abbiamo deciso di caratterizzare con il colore Blu i ristoranti che seguono il solco della tradizione (che non significa necessariamente immutabilità) e con il colore Rosso quelli che propongono cucina creativa (che non significa necessariamente cucina molecolareQuesta cucina è oggi materia scientifica che mette in evidenza ed utilizza in cucina alcune tecniche e meccanismi basati su reazioni chimiche che trasformano un alimento, senza l'utilizzo di sostante chimiche o additivi. Ferran Adrià è il massimo esponente di questa forma/scuola di gastronomia. La Cucina Molecolare Spagnola, a seguito di "El Bulli" di Adrià ha segnato un vero e proprio... Leggi e sifonata).
A nostro giudizio è assolutamente fondamentale che la cucina si evolva sperimentando nuove tecniche e assumendosi il rischio di abbandonare le strade conosciute per addentrarsi in percorsi nuovi.
Sull’importanza delle avanguardie nella storia e in tutti i settori dell’agire umano non pensiamo possano esserci ancora dubbi.
Dall’altra parte non si può non riconoscere un indiscutibile merito a chi seppur nell’epoca della globalizzazione, del mordi e fuggi, del progresso ad ogni costo, ferma le lancette del tempo per continuare a rappresentare lo straordinario patrimonio della cucina tradizionale italiana.
Cucina tradizionale, che si arricchisce ulteriormente quando è espressione del territorio nel quale si esprime.
Tradizione e Territorio.
Un binomio che in Italia appartiene sia a grandissimi ristoranti, tavole d’eccellenza dove la tradizione è sublimata da una materia prima impeccabile e da una tecnica di esecuzione magistrale, in una cornice anche lussuosa a volte, sia alle tante vere e genuine trattorie (appellativo oggi inflazionato come non mai) nelle quali certo non si indugia al lusso, ma nelle quali la tradizione a tavola si sposa ancora con conti umani.
Poi c’è una categoria di mezzo di cui sicuramente fa parte la Trattoria del Fulmine, baluardo da ormai più di 80 anni della cucina di territorio in quel di Trescore Cremasco e quindi in piena Bassa, terra per tradizione vocata all’allevamento e quindi alla salumeria e alla casearia.
L’ingresso, con la targa in bella vista, sembra più da ristorante di tono che da trattoria, ma una volta entrati si è accolti come in ogni antico locale di paese che si rispetti dal bancone del bar. Quindi l’aria da trattoria prende definitivamente il sopravvento quando ci si accomoda nella rustica sala da pranzo con vista sul cortile interno.
Si, si tratta di trattoria, non c’è dubbio. Come in molte trattorie, peraltro, il bagno è fuori in cortile. E meno male. Dire che meriterebbe un’aggiustatina è un eufemismo.
Ma veniamo al sodo.
Portano l’acqua, non la versano. E’ una trattoria. Portano la carta dei vini ricca di grandi annate e grandi ricarichi. Ma che trattoria è?
Ci aspettiamo che qualcuno ci porti il menu. Niente da fare. Si avvicina il Patron e inizia a declamare i piatti a voce.
E qui, vogliamo dirlo. Troviamo assolutamente incomprensibile che possa ancora esistere il menu “orale”. Va bene il Patron che spiega, racconta e consiglia. Ma sempre dopo aver fornito agli ospiti il menu con ben indicati i prezzi di ogni portata.
Troviamo che sia una questione di elementare buon senso.
Quella del menu raccontato è un tipo di informalità che possiamo ancora tollerare al massimo nelle trattorie da 30 Euro a persona tutto compreso. Qui, onestamente, stona.
Noi, che conoscevamo il posto, e quindi non rischiavamo sorprese finali, abbiamo abbozzato.
Anche perché la gran parte dei piatti declamati, con bonarietà e manifesta passione (nulla da dire) da Gianni Bolzoni invitano davvero ad un tuffo nella più pura cucina di territorio. Ma noi siamo qui per dare un voto ad un ristorante. E ci accorgiamo di aver dimenticato il libro Cuore a casa.
Iniziamo da apolidi.
Insalata di filetto di salmone alla panna acida e rosso d’uovo. Ed è un bell’inizio. Di eccellente qualità il Salmone Balik, piatto fresco e primaverile di eccellente equilibrio gustativo.
Quindi un classico, Pappardelle con cipollotto, porri e guanciale di maiale.
Non ci ha convinto. Porro molto (troppo) aggressivo e poco altro. La sfoglia della Pappardella poi, con un condimento così rustico l’avremmo preferita più rustica e consistente.
Seguono dei buoni Ravioli d’anatra con burro al profumo di salvia, piatto tradizionale che mantiene quello che promette.
Quindi Lumache alla lombarda con crema di patate, piatto ben eseguito, perfetta la consistenza delle lumache ed elegante la Parmentier.
Ancora Tradizione e Territorio con l’Anatra in salsa al vino rosso. Niente lunga cottura sotto vuoto. Qui si cucina in maniera classica e, certo, in bocca la consistenza c’è tutta. Fin troppa. Piatto semplice, concreto che riassume meglio di ogni discorso forse cosa significhi oggi fare tradizione in cucina.
Chiusura in bellezza con la Torta di mandorle con crema di mascarpone allo zabaione. Un inno al colesterolo. Ma che goduria.
Arriva il conto. No, non era un trattoria.
In conclusione, diciamo che abbiamo trovato una buona cucina di territorio, un conto un po’ alto e qualche vezzo (vedi menu cantato) di cui avremmo fatto volentieri a meno.
Ad Majora
il pregio : Il rispetto di tradizione e territorio.
il difetto : Il menu declamato a voce.
Trattoria del Fulmine – Famiglia Bolzoni
Trescore Cremasco (CR)
Via Carioni, 12
Tel. 0373/273103
Chiuso domenica sera e lunedì
Prezzi: 60 euro v.e.
Visitato nel Maggio 2010
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Giovanni Gagliardi
avvocato...ma soprattutto, è legale il menù a voce?
A parte che molti clienti preferiscono la "declamazione" ,più colorita e circostanziata che la lettura del menù, ritengo che tutti i locali abbiano anche la carta scritta, forse meno aggiornata nei piatti del giorno e magari con qualche imbarazzante correzzione, ma ritengo sacrosanto il diritto alla lettura dei piatti sulla carta con relativi prezzi.-
quoto assolutamente
E' "illegale" e come.. c'è infatti un obbligo per i ristoranti di esporre al pubblico i prezzi dei piatti attraverso le carte o menu posti “in luogo visibile”(quindi anche all'ingresso del locale), come stabilisce l'art. 180 del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, decreto non nuovissimo che infligge una sanzione di 308 euro (come oblazione), che è tra l'altro, una miseria in confronto a quello che possono lucrare i ristoratori (ecco perchè se ne fottono spesso..). Passerebbe dalla parte del torto invece il consumatore che, qualora il conto finale corrispondesse ai prezzi esposti, deve mettersi l'anima in pace, anzi in tasca, perchè è come se avesse fatto un contratto scritto e abbia accettato i prezzi. Il discorso è diverso invece sui limiti dei prezzi di piatti e vini. E' infatti lecito proporre prezzi esorbitanti e, per di più, non legati alla qualità del cibo e alla quantità, dato che le porzioni sono libere. Mi viene in mente un esempio illustre in quel di Firenze. In pieno centro c'è un ristorante di cui non faccio nome, famosissimo, dove manca il menu perchè i piatti sono recitati a voce, la qualità non è eccellente e, per di più, si pagano 70 pippi a cranio. De gustibus non disputandum est.
se de gustibus non disputandum est, figurati a ovest :)
mi sembri Tano...la dice 5 volte a servizio!
voto eccessivo, secondo me.
Il menu è esposto all'esterno del locale. Quindi giuridicamente sono a posto. Io però potrei comunque non farci caso ed entrare. A quel punto il discorso diventa evidentemente di opportunità e correttezza piuttosto che di mera legalità. Ad Majora