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Locanda Piera

19-06-2024
di Giacomo Bullo

Il gustoso tempo dell’Appennino reggiano con Stefania Lombardi

Va da sé che il tragitto sia più irto di curve che di poderose pendenze. L’Appennino reggiano nella sua fitta vegetazione oltre a celare bellezze montane, sempre più sembra dotarsi di ristoratori eroici che hanno fatto della loro resistenza locale lo strumento con cui raccontare la profonda identità culinaria che permea queste vallate. Aguzzando la vista e armandosi di pazienza automobilistica, la chicca di questa di nostra visita arriva dalla piccola Busana alle pendici del Ventasso, dove da oltre vent’anni Stefania Lombardi porta avanti la Locanda Piera, ai locals meglio conosciuta come “Dalla Piera” dalla madre di Stefania Lombardi allora in cucina con lei. Il nome ha tutto il sapore (e la storicità) dei luoghi del cuore, che fungono non solo da punto di ristoro ma anche veri e propri segnavia per tutti coloro che bazzicano da queste parti. Pareti in pietra e travi massicce. A parallelismo di una cucina solida, da autodidatta quella di Stefania Lombardi che all’attivo ha visto tanti cuochi sedersi alla sua tavola, primo fra tutti il padre della cucina italiana contemporanea: Gualtiero Marchesi. Solito qui a indulgere sul capitolo delle paste fresche. Di cui ovviamente ne aveva ben donde!

Il microcosmo messo in piedi da Stefania Lombardi, ruota ovviamente sui fornitori locali che anche attraverso questa insegna riescono ad esprimere il valore intrinseco di micro produzioni. Dalle farine di castagne in primis a quella di granturco, fino alla parte enoica in piacevole divenire. La trama qui tessuta è in grado di definire un arazzo gastronomico di una montagna ancora tutto da scoprire. La Polenta fritta in partenza con la pancetta e l’Aceto Balsamico Tradizionale traccia dritto il profilo della Via Emilia, prendendo in un solo colpo: Piacenza, Parma e Reggio Emilia. Ogni città, con il proprio alfiere rappresentato. La giornata lo consente, e se anche fuori ci fosse un sole splendente, difficile prescindere dal Cappelletto in brodo, calibrato nella sua sapida proporzione tra brodo e ripieno. Lavoro di fino nella fattura, dove ad ogni boccone tali piccoli scrigni affollano il cucchiaio dell’avventore – nella proporzione (tradizione) devono starcene almeno 6!  Lo Gnocco con ragù di coniglio, è fondente al morso ed in grado di recuperare consistenza con il coniglio appena saltato con il Marsala. Il gap di mantecatura è colmato grazie al prezioso apporto cremoso del fegatino in paté. Lo sbalzo termico di quest’ultimo regala una piacevole dimensione chaux – froid  cremosa in grado di posizionare il piatto come uno dei più validi tutta la sequenza proposta. La Pappardella con ragù di cinghiale (in un futuro potrebbe essere quasi privata del condimento, tant’è orchestrata) è così carnosa nella trama da avere una precisa identità forte, lasciando potenzialmente indietro l’altra carne – il cinghiale – a cui è maritata. Futuribile sottrazione con burro e appena una grattata di Parmigiano per valorizzare tale artigianalità nel fare la pasta fresca. La Millefoglie di maialino e funghi è golosa, immediata nella sua collocazione geografica, con prodotti che da queste parti imperano come il fungo e la grande cultura per la carne di maiale. C’è posto, per una chiusura dolce, dove quattro assaggi rimandano alla tradizione delle cosiddette torte della credenza: Torta “nera” ossia di cacao e caffè; Torta alla ricotta; la Torta mele e noci e la quasi sconosciuta (almeno fuori da questo pezzo di Appennino) Torta in “cantina”.  La versione montana, della più diffusa in zuppa inglese, dove l’alchermes si trova accoppiato ad uno suo parente alla lontana, il Sassolino. La frolla bagnata dai liquori, racchiude il ripieno di crema al burro, arricchito a sua volta dalle scaglie di cioccolato. Il tutto una volta assemblato, deve riposare in un luogo fresco per almeno due giorni, così da lasciare armonizzare i diversi elementi. Da qui l’appellativo di Torta in “cantina”. Il tempo ancora una volta come ultimo ingrediente. Lo stesso che si necessita se si vuole arrivare in questa locanda e che sembrerà a sua volta correre, una volta seduti.