Dennis Borchia e i suoi Piwi

IL NOSTRO GIUDIZIO

Pievica 2023

Vini Bianchi
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Mantica

Vini Bianchi
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La diffusione dei vitigni PIWI in Veneto

Presentati i risultati del progetto IM.VI.BIO.R. sulla diffusione dei vini da vitigni resistenti PIWI in Veneto. Il Veneto si conferma regione trainante in Italia per i PIWI. domina la classifica con 630 ettari coltivati a vitigni resistenti, 94 produttori e 173 etichette in commercio, pari al 38% del totale nazionale. Seguono l’Alto Adige (53 produttori e 119 vini in commercio), il Trentino (37 produttori e 61 vini), la Lombardia (34 produttori e 49 vini) e il Friuli Venezia Giulia (21 produttori e 41 vini).

La ricerca, condotta su 25 aziende agricole, ha confermato la soddisfazione dei produttori PIWI per il percorso intrapreso. Il 96% ha dichiarato che coltiverebbe nuovamente vitigni resistenti, mentre il 76% intende aumentarne il numero. I vantaggi ambientali ed economici sono, infatti, significativi: i vitigni resistenti richiedono in media 4 trattamenti annui, contro i 15/20 necessari per le varietà tradizionali. Nonostante ciò, il 48% dei produttori ha dichiarato di incontrare difficoltà nella commercializzazione del prodotto finale. I produttori PIWI, infatti, si concentrano maggiormente sulla vendita diretta (96%) e nel canale Ho.Re.Ca. (91%) e si affidano in misura limitata agli intermediari o alla GDO, con percentuali molto basse.

Il 92% dei produttori intervistati ritiene, infatti, che comunicare in modo efficace i benefici del prodotto sia essenziale per il suo successo commerciale. I trend di mercato mostrano una sempre maggiore sensibilità alle tematiche legate alla sostenibilità ambientale e sociale. L’Indicazione Geografica Tipica e la dicitura Vino prodotto da vitigni resistenti possono contribuire a incentivare l’acquisto”.

“Il test effettuato su un campione di consumatori ha dimostrato che, senza un’adeguata informazione, il consumatore tende a scegliere un vino tradizionale. Questo fenomeno è in parte attribuibile alla cosiddetta wine neophobia, ossia l’inconscia avversione a provare vini nuovi rispetto a prodotti già conosciuti e quindi familiari. Tuttavia, quando il consumatore viene informato sui benefici ambientali e sociali dei vitigni resistenti, le preferenze si spostano significativamente a favore di un vino PIWI, accompagnate anche da un aumento rilevante della disponibilità a pagare.

Dopo aver letto con grande interesse questo comunicato stampa sulla crescita esponenziale del mondo Piwi-vigneti resistenti in Veneto, mi è venuta spontanea una domanda.

Ma i vini bianchi da uve resistenti a che livelli possono arrivare, possono ambire a stare al tavolo con i grandi?

L’azienda di Dennis Borchia

Dico vini bianchi perché i rossi 100% da  vitigni resistenti sono ancora piuttosto scontrosi, spigolosi, con tannini scalpitanti.

Per quello che riguarda le mie degustazioni, fino ad oggi non ho mai sentito niente di particolarmente emozionante, portano nel calice un messaggio molto importante e significativo ma, all’atto pratico, quello di puro piacere di fronte al calice sono sempre stati un po’ deficitari, come se gli mancasse un’anima.

La curiosità e la voglia di risposta alla mia domanda mi hanno portato in quel di Bussolengo, un caro amico sommelier, Matteo Di Giovanni, mi ha parlato di un nuovo progetto, ancora allo stato embrionale ma secondo lui , già con vini significativi.

Dennis Borchia e sua moglie Anna hanno una piccola azienda a Bussolengo, in provincia di Verona, dopo anni di pazienti studi sui vitigni resistenti (PIWI), hanno commercializzato la prima annata nel 2023.

Studi per vinificarli nella loro miglior espressione cercando, però, di mantenere un forte legame con la tradizione.  Entrambi conoscono il mondo nel vino dall’interno. Dennis Borchia dopo aver studiato enologia e aver fatto diverse esperienze in varie aziende vinicole, da nove anni lavora  come enologo in un’azienda della Valpolicella, molto nota e importante con le etichette verdi scritte in corsivo.

Anna invece, è cresciuta tra i tavoli del ristorante di suo papà, che fin da piccola le ha fatto conoscere diverse realtà nella ristorazione e nel mondo del vino, ampliando così le sue conoscenze.

Grazie alla scelta dei vitigni resistenti si focalizzano su una viticoltura sostenibile con un utilizzo ridotto di macchinari e carburanti nei vigneti e nel processo di vinificazione in cantina. Ricercano un’estrema qualità parte dall’uva, con la scelta delle varietà e dall’accurata selezione in fase di vendemmia. Producono poche bottiglie ma l’intenzione è quella di fare un vino di grande qualità.

“Vinifichiamo tutte le varietà separatamente e dal torchio vanno direttamente nei tonneaux, senza essere mai travasati. I nostri vini vengono lasciati sulle proprie fecce fino all’assemblaggio per l’imbottigliamento. Utilizziamo un vecchio torchio manuale da 200 kg e vendemmiamo rigorosamente a mano.”

Due vini bianchi prodotti completamente da vitigni resistenti,  Mantica prodotto con Souvignier Gris, Johanniter e Bronner e Pievica, il loro gioiello, prodotto con Bronner e Johanniter.

foto della vendemmia

“Da 10 anni stiamo facendo esperimenti su queste varietà nuove, ma solo nel 2023 siamo partiti con la nuova annata e la 2024 è in affinamento in legno.

Usiamo principalmente 3 varietà a bacca bianca,  Souvignier Gris, Bronner e Johanniter che sono fra le più diffuse sulle 35 utilizzabili in Italia, il Souvignier Gris è sicuramente il più resistente agli attacchi funginei, 4 trattamenti sono sufficienti per la stagione completa contro i 18 dei convenzionali e 25 circa del Biologico.

Il Souvignier Gris è di quarta generazione, incrociato ogni volta con portatori di resistenza alle malattie con varietà europee, generando così dei soggetti a sé stanti, che nulla hanno o poco con i loro procreatori, aggiungendo quindi dei soggetti nuovi che rispondono in maniera diversa a suoli e tipi di vinificazione. Per questo tutte le nostre microvinificazioni durante questi anni hanno cercato di ottenere il meglio per questi nuovi individui.

Le varietà resistenti alle malattie arrivano da più parti del mondo, Usa in primis con le vitis rupestris e riparia, poi Asia con le vitis amurensis, Corea, Giappone e in minor misura Europa.

Quella che è stata un po’ la nostra quadratura del cerchio dopo tante prove di vinificazione è stato l’uso a 360 gradi del legno, dall’inizio alla fine, consapevoli che in questo modo il vitigno di partenza poteva essere un po’ limato, ma i benefici apportati al vino sono troppi per rinunciarci.

I legni nuovi e usati li andiamo a prendere in Borgogna da Pierre-Yves Colin Morey, con cui abbiamo un buon rapporto, la misura è di 350 litri, che è la misura che usa anche lui, con lui condividiamo l’acquisto e preziosi suggerimenti sulla maniera ottimale d’uso.

le vigne di Dennis Borchia

I vini fermentano con alta torbidità, con le fecce grosse, che rimangono fino al momento dell’imbottigliamento, il blend viene fatto al momento dell’imbottigliamento, questo permette di amalgamare meglio il legno con ogni singolo vino, lo fonde in maniera ottimale, senza prevaricarlo, una pratica ripresa dai maestri borgognoni.

L’uso del legno apporta dei grandi benefici in termini di arricchimento, il vino sempre a contatto con la sua feccia genera delle reazioni con l’ossigeno di completamento, la malolattica poi in legno è un ulteriore scalino facendo crescere il vino.

La Tonnellerie fornitrice dei legni è Chassin di Beaune, unica ancora a conduzione familiare, famosa per la ricerca della qualità della materia prima usata, dopo molteplici assaggi di vini affinati nei legni di altre Tonnellerie, Chassin per noi ha sempre una marcia in più.

Chassin ha una cura maniacale nella scelta del rovere, vuole sapere ogni informazione necessaria, non hanno strumenti per misurare la tostatura, questa importante operazione è svolta solo da papà e figlio, e decidono a naso la durata dell’operazione quantificata in minuti.”

La degustazione dei vini di Dennis Borchia

Mantica 2023

All’olfatto si può apprezzare la densità e il volume aromatico, inaspettato sinceramente. Intensi i toni di pera kaiser, mela golden, pesca bianca, arricchite da toni dolci, mielati, fiori gialli, vaniglia Tahiti, pepe bianco, zenzero candito. Sul palato vino di calore e densità, materia ricca che avvolge il palato con discreta freschezza a equilibrare il sorso. 88/100

Prezzo al pubblico 22-25 euro, info: anna@dennisborchia.com

Mantica di Dennis Borchia

Pievica 2023

Il mosto viene trasferito in tonneaux da 350lt di rovere francese e ungherese e fatto fermentare. Nel Pievica la densità e il volume aromatico si fanno ancora più interessanti perché oltre alla polpa gialla si aggiunge il tropicale, melone, pesca, ananas, pera, mela, susina, cera d’api, resina, tocco floreale e vanigliato.

Bocca in linea con la parte aromatica, avvolge il palato con trama densa e ricca, buona anche la struttura con un lievissimo tocco tannico, e lungo finale salino. 89/100

Prezzo al pubblico 40 euro, info: anna@dennisborchia.com

Pievica di Dennis Borchia

Ho apprezzato molto questi vini da uve Piwi-resistenti annata 2023 per volume e ampiezza che hanno dimostrato nel calice, procedendo poi coi i 2 assaggi di botte dei vini ancora separati, annata 2024 di Johanniter e Bronner, mi sono convinto ancora di più della bontà del progetto.

Oltre a portare un messaggio di grande rispetto per l’ambiente, visti i pochissimi trattamenti, portano sul calice anche caratteristiche sensoriali decisamente buone. Dal numero di ettari totali dichiarati sopra stiamo parlando di meno dell’1% del vigneto Veneto, ma il fatto che alcuni grandi produttori abbiano aperto una finestra sui resistenti come Roberto Anselmi, Maculan, Gianni Tessari la dice lunga sul significato che portano con sé.

Assaggi di botte

Bronner 2024 (in legno)

Da fermentazione spontanea e legno nuovo. Si fa apprezzare per un frutto molto nobile, pera kaiser, mela golden, susina gialla, tocco di pesca, tocchi burrosi, agrumati, tostati, affumicati, iodati. Bocca densa, di peso, già armonica, con finale spinto su tono agrumati e salini.

Assaggio di Bronner

Johanniter 2014 (in legno di secondo passaggio)

Da fermentazione spontanea, un frutto ancora discreto, con sottili note di polpa gialla, agrume, note fumè, di tostatura. Ampio invece sul palato, grande volume e ricchezza di materia, finale persistente e verticale che ancora una volta mostra tocchi agrumati e fumè.

Assaggio di Johanniter
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Angelo Sabbadin

Nato e cresciuto a Padova, lavora nei migliori ristoranti della città; alle Calandre sviluppa la sua conoscenza e passione suggellate dal riconoscimento come miglior Sommelier nel 2011 per la Guida de l’Espresso. Il vino è materia articolata e complessa, una passione, vera, un qualcosa che ti rapisce. Da raccontare e trasmettere come emozione. Fondamentale, per scriverne, è ascoltare e capirlo.

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