Passione Gourmet Anselmi - Passione Gourmet

Anselmi

Vino
Recensito da Angelo Sabbadin

Uno sguardo visionario al futuro

L’articolo tratta un argomento molto dibattuto, che ha diviso le opinioni, la diffusione dei vitigni resistenti, i PIWI, personalmente mi sono sempre basato sulle qualità organolettiche dei vini assaggiati e devo dire che non ho mai trovato niente di affascinante, ma la cosidetta evoluzione della specie ha messo in campo dei vitigni più dotati anche sotto questo aspetto, come i nuovi impianti di Anselmi sul Capitel Foscarino, mi ha incuriosito molto il racconto di Roberto Anselmi così ho avuto il piacere di averlo con me in un tour nella vigna.

Cercherò qui sotto, prima di parlare della visita presso il produttore che ha creduto fortemente nei resistenti, tanto da fare circa 15 ettari di impianto, di spiegare le ragioni dei favorevoli e dei contrari. Tra i vari impatti negativi della crisi climatica c’è l’incremento delle malattie nel settore agricolo, inclusa la viticoltura. In particolare, ci sono due malattie della vite che, anche a causa delle stagioni sempre più calde e secche, colpiscono le viti e i loro frutti: la peronospora (che si manifesta con macchie brune-giallastre) e l’oidio (quando le foglie si ricoprono di una patina biancastra e polverosa). Entrambi i casi, se non trattati tempestivamente, possono portare alla perdita del raccolto dell’uva. Da qui la necessità di rendere le viti resistenti ai patogeni con i PIWI, acronimo della difficile parola tedesca Pilzwiderstandsfähige, che significa viti resistenti ai funghi. La loro missione? È quella di combattere le malattie fungine della vite come l’oidio e la peronospora.

I PIWI hanno origine da ricerche iniziate oltre un secolo fa, mirate a contrastare le principali minacce per la vite. Verso la metà del 1800 arrivarono dall’America alcune grandi calamità: l’afide fillossera e i parassiti fungini peronospora e oidio devastarono il patrimonio viticolo europeo, causando danni irreparabili. Si cercò subito di limitare il disastro, e la soluzione ottimale si trovò nell’innesto, unendo un ramo di vite europea con la parte radicale di vite americana, dalla quale riceve i geni di resistenza alle principali malattie. Non stiamo parlando di organismi geneticamente modificati (OGM), ma di un incrocio interspecifico, cioè effettuato tramite impollinazione e selezione. In pratica, è un processo che potrebbe avvenire anche in natura con un po’ di fortuna. Ciò che è importante sottolineare è che, nonostante vari incroci, il patrimonio genetico della Vitis Vinifera rimane identico al 95%. Anche se ci sono ancora viti a piede franco, non innestate su piede americano come quelle sull’Etna e a Pantelleria, l’innesto rimane ancora oggi la pratica agronomica difensiva più diffusa, fondamento di quasi tutta la produzione vitivinicola.

Tuttavia, questa soluzione non è stata completamente efficace nel proteggere la vite dalle malattie fungine. L’uso di sostanze come il rame e lo zolfo è stato il primo rimedio trovato per contrastare queste minacce, ma non senza conseguenze negative. Perciò, negli anni ’30 si è iniziato a sperimentare la tecnica dell’ibridazione. Grazie alle moderne attrezzature, è stato possibile isolare con precisione le qualità genetiche resistenti di una pianta e farle riapparire nell’ibridazione successiva. Da qui sono nati numerosi ibridi che, incrociati tra loro per generazioni, hanno dato vita ai primi vitigni PIWI, resistenti alla peronospora e all’oidio. Nel 1975, dall’Istituto Federale di Viticoltura di Friburgo, sono emerse molte delle varietà PIWI oggi più diffuse, come il Solaris, il Bronner, il Souvignier Gris, il Prior e molte altre. Quell’anno segnò l’inizio dei vitigni resistenti, le cui varietà in commercio oggi presentano un patrimonio genetico che si aggira intorno al 95% del genoma europeo. Una vera rivoluzione, anche in termini di sostenibilità. Il fatto che i PIWI siano (quasi del tutto) immuni ai funghi elimina la necessità di trattamenti delle piante con pesticidi e altri prodotti chimici o naturali, riduce il compattamento del suolo, l’uso di acqua e di conseguenza l’utilizzo di macchinari. Questo ha un impatto decisamente positivo sulle emissioni inquinanti, sulla contaminazione dei suoli e sull’ambiente. Inoltre, si adattano più facilmente alle condizioni derivanti dal cambiamento climatico.

C’è una schiera che guarda con diffidenza a queste varietà: il partito dei no mette in campo varie e articolate motivazioni per essere contro alla diffusione di questi vitigni ibridi, considerandoli prima di tutto una minaccia alla tipicità dei vini italiani. Il timore è infatti che, con un’ampia introduzione dei PIWI nel vigneto italiano, l’identità viticola nazionale possa risentirne negativamente. Inoltre, grazie alla loro resistenza ai funghi, potrebbero essere coltivati in zone non tradizionalmente vocate, stravolgendo il concetto di territorialità, alla base del principio stesso delle denominazioni di origine. Da un lato, insorgono i puristi del vino artigianale, che vedono la pratica legata alla creazione di vini PIWI come un allontanamento dalle pratiche tradizionali e un limite per la preservazione della biodiversità, con un conseguente impoverimento culturale e biologico della viticoltura. Un’altra critica è legata al meccanismo intrinseco di selezione dei PIWI. Con questo metodo si vanno a selezionare principalmente geni dominanti, il che potrebbe essere un problema se si scoprisse che possono portare a caratteristiche indesiderate, rendendoli difficili da rimuovere.

Poi esiste la cosiddetta “falsa scienza” e la scarsa confidenza con il naming che ancora non sono patrimonio comune, che parlano di OGM, tossicità della malvidina dicogluside, eccessiva produzione di metanolo in fermentazione, sensazioni gustative di selvatico, quel foxy che riaffiora periodicamente anche tra i commenti degli esperti. Detrattori che guardano con sospetto a questo nuovo mondo. A monte di tutto c’è da considerare che l’andamento climatico difficile, come nell’annata 2023, sta mettendo a dura prova il vigneto italiano e sicuramente l’interesse e le resistenze verso i PIWI si stanno ammorbidendo, guardandoli con meno sospetto ma come una possibile risorsa. Non è affatto trascurabile il fatto che la viticoltura, che occupa solo il 3% della superficie agricola europea, utilizzi il 65% di tutti i fungicidi impiegati in agricoltura. In un’epoca di emergenza climatica, non sorprende quindi che i vini PIWI, così sostenibili e naturali, stiano vivendo un momento di grande successo. Se fino a pochi anni fa i produttori in Italia si potevano contare sulle dita di una mano, oggi sono già 165 le cantine registrate, che producono un totale di 290 vini.

La PIWI International, associazione che tutela questa nuova e moderna frontiera vitivinicola, ha registrato ad oggi oltre 150 varietà. Tra le principali viti resistenti alle malattie fungine ricordiamo: Solaris, Bronner, Souvigner Gris, Johanniter, Regent, Cabernet Blanc. Attualmente in Italia si coltivano circa 1000 ettari di vitigni resistenti, pari allo 0,3% delle nostre vigne, soprattutto nelle regioni del Nord-Est che hanno autorizzato per prime la coltivazione: Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Veneto e Lombardia. A queste si sono aggiunte le Marche e l’Abruzzo per alcune varietà, mentre in Piemonte esiste un campo prova presso l’Istituto Umberto I di Alba, meglio conosciuto come l’Enologica. Al momento sono 36 le varietà iscritte nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite e tra le più diffuse troviamo il Bronner, lo Johanniter, il Solaris, il Souvignier Gris. I nomi derivano talvolta dall’ibridazione con vitigni più famosi, come il Cabernet Blanc incrociato con il Regent, oppure sono semplicemente fantasiosi.

Ai nuovi e pionieristici impianti Anselmi ha aperto le porte del Capitel Foscarino, ha riservato il luogo meglio esposto, più vocato della sua propietà, essendo fermamente convinto che il futuro passi per questi vitigni resistenti. “La storia dell’azienda è da sempre in continua evoluzione, il lavoro innovativo e pionieristico ci ha permesso e permetterà di ottenere vini di qualità superiore e, al contempo, una viticoltura più verde e sostenibile. A partire dalla fine degli anni ’70, grazie al lavoro iniziato da Roberto Anselmi, siamo diventati un nuovo punto di riferimento per il vino bianco italiano rivoluzionando la coltivazione della vite e la vinificazione sulle colline della nostra nativa Soave, a est di Verona. Oggi, ancora una volta, stiamo forgiando nuovi orizzonti con l’uso pionieristico di varietà di uve resistenti alle malattie (PIWI), nel tentativo di produrre il vino bianco italiano per eccellenza. Crediamo che i vitigni resistenti siano la chiave per un futuro realmente sostenibile per la viticoltura italiana”, vi dirà Roberto Anselmi. “I gravi eventi atmosferici degli ultimi anni hanno avuto un forte impatto: oggi le precipitazioni sono più concentrate e i temporali sempre più intensi. Siamo fortemente convinti che, con l’aggravarsi degli effetti del cambiamento climatico, le resistenti giocheranno un ruolo sempre più importante nella sostenibilità della viticoltura. Per la prima volta, dopo anni di sperimentazione, includeremo tre varietà di uve ibride nella produzione dei nostri vini: Aromera, Riesling Resistente e Souvignier Gris. Oltre al Gold Traminer arrivato per primo.”

Innovativo Roberto Anselmi lo è anche nella scelta della forma di allevamento, tutti i nuovi impianti sono ad alberello e questa è un’altra grandissima novità, il primo impianto di qualche anno fa è a guyot ed è di gold traminer, ma per i nuovi ha scelto con  il vivaista di intraprendere la forma di allevamento ad alberello, che daranno 3-4 grappoli per pianta. Ribadisce “questo è il mio futuro, in Italia con i resistenti siamo in ritardo di 50 anni.” A tal proposito anche il Prof. Attilio Scienza in un’intervista al Merano Wine Festival di novembre 2023 racconta: “I vitigni resistenti nascono da un’esigenza antica più di 100 anni di contrastare queste malattie americane arrivate in Europa, all’inizio i risultati dal punto di vista qualitativo erano modesti ma con il passare degli anni e degli incroci si è arrivati a dei risultati soddisfacenti, la tecnica è quella dell’incrocio ricorrente, cioè inserire continuamente nei figli di incrocio sangue europeo, alla fine si è arrivati dopo 7-8 generazioni ad avere individui con il 95% di sangue europeo e il 5% di sangue americano.” La normativa europea riconosce questa prevalenza di sangue europeo, ma quella italiana non le riconosce quindi non si possono utilizzare per produrre i vini DOC, esiste questo comma nel codice della vite che impedisce formalmente l’uso di vitigni non vinifera per produrre vini DOC. Quindi questo comma andrebbe rivisto e tolto, ma ci vuole un’attività del governo e delle commissioni per poter fare questa scelta importante, finché non si dà una legittimità a questi vitigni di poter entrare nelle DOC rimangono dei vini marginali, IGT, vini da tavola quindi vengono piantati in posti non di grande vocazione, dove anche i vitigni europei danno scadenti risultati, il consumatore apprezza questi vini per la loro sanità, non danno problemi all’ambiente e al viticoltore.

La degustazione

Aromera

Il vitigno a bacca bianca (noto anche come Isaura) è una nuova varietà tra Muscat Ottonel x Eger 2(Villard Blanc). L’incrocio è stato realizzato presso l’Istituto di selezione della vite Innovitis da Erhard Tutzer ( Cantina Plonerhof di Marlengo) in Alto Adige, Italia. Il vitigno, a maturazione tardiva, è resistente a entrambi i tipi di peronospora e alla botrite (per questo è considerato una varietà PIWI). Produce vini bianchi speziati e acidi con un fine sapore di moscato e aromi di rosa simili a quelli del Gewürztraminer.

Souvignier Gris

Vitigno dalle ottime potenzialità, è un incrocio ottenuto in Germania nel 1983 presso l’Istituto di Ricerca di Friburgo. Per anni si è ritenuto fosse un incrocio di Cabernet sauvignon e Bronner, tuttavia da poco si sa che è un incrocio tra Seyval x Zähringer. Il vino che si ottiene sprigiona profumi tipici della varietà, è leggermente fruttato, minerale, con una buona struttura.

Gold Traminer

Il vitigno bianco (anche Incrocio Rigotti 84-11) è un nuovo allevamento tra Garganega x Traminer. L’incrocio è stato effettuato nel 1947 dal botanico Rebo Rigotti presso l’istituto di viticoltura San Michele all’Adige (regione Trentino-Alto Adige). Il vitigno a media maturazione è resistente al gelo, a entrambi i tipi di muffa e alla botrite. È eccellente per i raccolti tardivi.

San Vincenzo 2023 Anselmi

In questa nuova annata la percentuale di taglio proveniente dalle varietà resistenti sale a circa il 30 %, mentre gli altri vini rimangono dei Cru territoriali quindi legati al vitigno del territorio. Devo dire che rispetto al San Vincenzo che conoscevo e che ho assaggiato durante gli anni precedenti, questo 2023 è cresciuto in termini di struttura, densità ed energia. Decisamente ricco nella parte fruttata non solo inteso come polpa ma anche come buccia, quindi uno spessore di aromi più intenso. Si apprezzano note di melone, pesca gialla, ananas, agrume, floreale di biancospino ed erbe aromatiche. Sul palato ricco e denso nella materia, appagante, da metà bocca in poi rivela una vitale scia fresco-sapida che lo slancia in un finale con netti rimandi fruttati e salini.

Capitel Foscarino 2022 Anselmi

Naso che sfoggia aromi di grande finezza, pesca bianca, pera kaiser, mela granny smith, melone bianco, erbe aromatiche, limone, note rocciose. Bocca che gioca tutta sull’eleganza e finezza, entra delicato e sfoggia una scia fresco-sapida precisa che lo spinge in un allungo deciso e lunghissimo. Vino splendido per finezza e precisione.

Capitel Foscarino 1998 Anselmi

Dorata intensa la sua veste con qualche riflesso ambra. Naso denso e stratificato di confettura di mele cotogne, ananas e mango disidratati, fiori gialli , cioccolato al latte, tostatura di caffè, note rocciose. Sul palato si esprime ancora benissimo, caldo, complesso, materico, dopo tutti questi anni ha ancora un sussurro fresco-sapido che lo mantiene vitale. Monumentale equilibrio e complessità.

Capitel Croce 2022 Anselmi

Profumi caldi e densi di frutta tropicale, melone surmaturo, mango, ananas, pesca sciroppata, spezie dolci, fumè, dolci tostature. Sul palato entra ampio, caldo, denso, materico, esprime avvolgenza e una chiusura con freschezza a bilanciare e godere di una lunga persistenza. Vino complesso ma equilibrato.

I Capitelli 2022 Anselmi

Olfatto che esprime note di frutta tropicale disidratata, ananas, mango e melone, limone candito, marzapane, soffio minerale e affumicato. Sul palato caldo, morbido, denso, armonico, la scia fresco sapida bilancia alla perfezione la morbidezza del vino. Un altro  vino da manuale, perfetto.

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