Passione Gourmet Tamo - Passione Gourmet

Tamo

Ristorante
Via del Mulino 6, Spoltore (Pe)
Chef Antonio Blasi
Recensito da Andrea Mucci

Valutazione

15/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Una cucina personale con tratteggi cosmopoliti.
  • Un rapporto qualità/prezzo ottimo.
  • La contestualizzazione dello stile della sala nel borgo.

Difetti

  • Prenotazioni solo telefoniche.
Visitato il 02-2024

Una sfida di coraggio nel borgo di Spoltore

Tamo è la creatura di Antonio Blasi, salentino, e Mariachiara Guastadisegni, abruzzese: compagni nel lavoro ma soprattutto nella vita. Rispettivamente ai fornelli e in sala, quest’ultima raccolta, luminosa e moderna, i due formano una coppia giovane e con esperienze internazionali di spessore, oltre che coraggiosa nel portare avanti, dal 2017, un progetto tanto affascinante quanto complesso vuoi per ubicazione, decentrata rispetto all’area metropolitana di Pescara, vuoi per l’eterogeneità rispetto alle tavole locali. E ciò è provvidenziale, perché qui va in scena una cucina gustosa, istintiva e in continuo movimento, in simbiosi con la materia prima, pesce e carne, senza tralasciare costanti incursioni vegetali convergenti in piacevoli cromatismi.

Piatti incisivi senza sovrastrutture

Pur essendo un percorso “breve” non mancano giochi di consistenze e punte di contrasto che finalizzano un gusto diretto, profondo, tra pigli internazionali, prodotto esperienziale dei viaggi fatti, e radici d’origine. Al centro l’ingrediente, senza particolari sovra costruzioni.

Dal menù “Degustamo”, a mano libera, apprezziamo la freschezza del Carpaccio di tonno, proposto con zeste di limone e arricchito con salse e riduzioni tra Oriente e Occidente, e l’intensità del Carciofo alla marinara, ripieno con panzanella e rifinito con maionese all’aglio. Antitetici anche i primi: la Chitarra con cime di rapa, vongole ed astice è un piatto quasi etereo, in un gioco se vogliamo anche di texture oltre che di morbidezze, identificabili nella pienezza del crostaceo decapode e dei molluschi, coesistenti con l’accenno vegetale amaricante. Gradualmente crescente la sapidità del Raviolo di coniglio alla cacciatora su fonduta di parmigiano: una estemporanea di selvaggina di bella esecuzione tra sfoglia e ripieno, ineccepibili, azzeccati nel bilanciamento. Si riaffaccia in punta di piedi poi il mare, con un pesce dal sapore eccellente (e purtroppo in via di estinzione): una Cernia ai carboni, servita completamente senza sale, adagiata su un letto di croccanti verdure di stagione prima di essere accostata a un’incisiva quanto gustosa salsa bernese, equilibrata in acidità. Piatto vincente e leggero, dove dietro un apparentemente approccio “semplicistico”, si cela buona tecnica, palesata anche sul finale, quando gli inebrianti profumi preannunciano lo Strudel dell’Artusi con crema inglese all’avena, dessert che coniuga delicatezza a placida golosità.

Quanto al capitolo enoico, la carta vini, sviluppata in orizzontale con proposte italiane ed incursioni transalpine gioca su un taglio e cucito e si completa con drink per il fine pasto. Il ridotto numero di coperti agevola il servizio, curato, piacevole e attento. Nel complesso la sosta è ben gratificante, complice il citato e manifesto talento, intriso di sperimentazione oltre che di manifesti margini di crescita, possibile questa, perché no, affiancando già all’attuale menù degustazione un percorso specifico, oppure da sette o più portate.

IL PIATTO MIGLIORE: Cernia ai carboni con salsa bernese.

La Galleria Fotografica:

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