Villa Maiella

VALUTAZIONE

Cucina Classica

17/20

PREGI
Accoglienza e servizio in sala.
Cantina di gran livello.
DIFETTI
Collegamenti non proprio comodi rispetto alle rotte abituali.

Da più di cinquant’anni, un affare di famiglia sull’Appennino abruzzese

Siamo a Guardiagrele, piccolo centro dell’Abruzzo pedemontano. In questo gioiellino del panorama gastronomico italiano, rispetto alla nostra ultima visita, tanto è cambiato, sale annesse, riviste negli spazi e nella luminosità. Arcangelo Tinari e Pascal Tinari, l’uno alle redini della cucina e l’altro responsabile di sala e cantina, proseguono con entusiasmo quel bel racconto cominciato dai nonni e poi tessuto ininterrottamente dal loro papà, Peppino Tinari. Anfitrione, osservatore e dispensatore di aneddoti, condivisi in toto con la moglie Angela, che ancor si diverte come pastry chef. Nell’ultimo decennio, i loro ragazzotti (oggi non ancora quarantenni), dopo aver affinato conoscenze a tutto tondo con esperienze in Italia e all’estero, hanno assunto responsabilità crescenti, forse anche consci, per citare Seneca, che “la fortuna non esiste, esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità”. Ecco dunque materializzarsi una cucina fatta di buona tecnica e ragionata creatività, capaci di trarre massimo profitto dalle materie prime provenienti da filiere sempre più corte. Sala e cantina dal canto loro coniugate in un servizio dagli spunti eccellenti, un margine di errore tendente allo zero e una profondità di bevuta da menzione, Francia su tutte. Innegabile la percezione di essere piacevolmente catapultati in una comfort food zone di notevole spessore.

La materia prima protagonista della vocazione classica

Tra gli antipasti del menù “La nostra proposta”, che consigliamo caldamente, meritano citazione il succulento Vitello marinato al caffè e cumino montano, in carta dall’anno della stella, piatto dal sapore fresco e profondo, con piacevole nota pungente della maionese allo zenzero. L’accostamento acido-dolciastro del Pomodoro a pera con pesto di basilico e vinaigrette (di pomodoro), portata stagionale oltre che territoriale, dove la consistenza del frutto di queste terre è quasi carnosa, mentre l’acidità è raddrizzata dall’emulsione aromatica in superficie. La leggerezza del Porcino in tempura con lardo in superficie, inno di attaccamento morboso fatto di ricerca della materia prima, ça va sans dire. All’esterno, il panorama è sì dominato dalle vette appenniniche, paesaggi lunari annessi, ma più a nord est, uno scorcio di mare ci ricorda la ricchezza e frattanto l’eterogeneità di questi territori. Idea vivida nelle Sagnette (formato di pasta diffuso in tutta la regione) con lardo fritto e vongolette, visivamente un piatto che non rende l’idea dell’equilibrio gustativo tra sapidità e grassezza; al palato il residuo iodato è sottile, così come il condimento nel suo insieme. Risalendo idealmente verso le dolci colline, è impossibile dimenticare il Farro (spezzato) mantecato con porcini. L’amalgama lo presenta meglio di un risotto mentre la finitura con jus di vitello e formaggio erborinato ne amplifica la complessità, con la complicità di porcini locali in doppia consistenza, crudi e cotti. Signature dish frutto di gran manualità, i Ravioli di burrata allo zafferano di Pizzoferrato con Lenticchie di Caprafico, sfoglia tiratissima e ripieno equilibrato che sprigiona di giustezza sapori intensi e penetranti. Arcangelo Tinari ha vissuto un periodo – direi fondamentale – tra le cucine di Michel Bras. Il Foie gras d’anatra alla brace, trasmette l’eleganza transalpina, tra una cottura perfetta e una grassezza mai paga smorzata dalla nota dolce acidula delle consistenze di mela rossa. Infine, protagonista della circolarità è il Maialino Nero, servito su hummus di ceci e misticanza. Le carni vengono allevate nella fattoria di famiglia e trasmettono quei sapori lunghi e terrosi, con peso specifico dalla qualità evidente. A conclusione del percorso emergono le dolci digressioni con gli ortaggi in zucca e cioccolato, un pre-dessert nel quale avremmo preferito più freschezza, ma la logica lo colloca in desideri più autunnali. All’apparenza meno golosa ma tecnicamente di livello alto la Crema bianca, aglio e Tuber Magnatum. Un dolce non dolce dove il tartufo bianco assume connotati quasi materici con la terra che inganna al primo assaggio e scivola verso percezioni zuccherine crescenti, in una combine piacevolmente equilibrata.

Oggi, questa cucina, unitamente ai ruoli chiave di sala e cantina dei Tinari, si mostra centrata nel gusto, vivace nei sapori e calata intensamente nel territorio. Lo scandire delle portate ha una ritmica armoniosa e di giuste proporzioni, dove la sostanza, prevarica la forma. I presupposti per poter sedere al fianco delle grandi famiglie della ristorazione italiana, vi son tutti.  

IL PIATTO MIGLIORE: Farro mantecato con porcini, jus di vitello ed erborinato.

La Galleria Fotografica:

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Andrea Mucci

Dall’inizio del terzo millennio lavora in ambito finanziario ma la tavola, qualsiasi sia la sua declinazione, ne occupa da sempre i ritagli del tempo libero, alimentandone la ricerca del gusto, della piacevolezza e del senso estetico. Sommelier AIS per passione, si innamora dello champagne, che berrebbe anche a colazione e degusta con immancabile sottofondo jazz. Nel piatto ricerca l’essenza della materia prima, tra forma e soprattutto sostanza, con la curiosità di sapere cosa avrà da dire al palato.

1 Comments

  1. Erika ha detto:

    Ci sono stata la sera del veglione ed anche in quella occasione è stato inappuntabile come perfettamente descritto, ci abbiamo anche soggiornato e siamo rimasti molto soddisfatti, credo sia tra i migliori ristoranti non solo d’Abruzzo ma di tutto il centro Italia, da tornarci sicuramente

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VALUTAZIONE

Cucina Classica

17/20

PREGI
Accoglienza e servizio in sala.
Cantina di gran livello.
DIFETTI
Collegamenti non proprio comodi rispetto alle rotte abituali.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menù solo degustazione a 80€, 95€ e 115€

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