Antica Locanda Roncaglia

Un piccolo angolo di paradiso rurale

La designazione di Bergamo, assieme a Brescia, quali “Capitali Italiane della Cultura per il 2023”, ha acceso l’attenzione per scoprire meglio un territorio assai variegato, dalla pianura sin verso realtà valligiane che, nel caso di Bergamo, fanno veramente la differenza. Bergamo patria adottiva del milanese Gino Veronelli, detto anche “sua nasità” per il particolare fiuto nell’andare a scoprire, e poi valorizzare, anche realtà solo apparentemente minori. Del resto è pur vero che la cucina bergamasca ha richiami di assoluta eccellenza, uno per tutti Da Vittorio della famiglia Cerea in quel di Brusaporto ma… oltre alle stelle, c’è di più, come l’Antica Locanda Roncaglia, piccolo universo capace di sorprendere i più e, a dimostrazione di ciò, valgano due esempi.

I bergamini non sono gli abitanti del capoluogo, ma i pastori transumanti che portavano i loro armenti a pascolare in quota dando luogo a un’autentica cultura rurale che poi ha contaminato, nel loro tornare a valle nella stagione fredda, un’ampia area sino al Piemonte, come Emilia e Veneto. Dalla loro la lavorazione un formaggio, ovvero lo stracchino, che non è quella confezione sigillata e morbidosa che troviamo sui bancali della GDO. Tutt’altro. Stracchino padre nobile di autentica aristocrazia casearia quali Gorgonzola o Taleggio che, un tempo, recitavano all’anagrafe “stracchino gorgonzola” o “stracchino taleggio”. È questa curiosità di risalire alle fonti che ci ha portato in Valle Imagna, poco meno di mezz’ora da “Berghem”, all’Antica Locanda Roncaglia, che è una storia nella storia. A Sant’Omobono Terme, sorta di capitale valligiana, è sorto, a fine anni novanta, il Centro Studi Valle Imagna che, con lungimiranza visionaria, non si è occupato solo di recuperare antichi termini dialettali o danze in costumi d’epoca. Ha rivalorizzato tutta la filiera agricola che dal pascolo ha dato luogo alle lavorazioni di formaggi, salumi, prodotti dell’orto e del bosco. Nel 2013 ha restaurato un piccolo complesso rustico nella contrada Roncaglia di Corte Imagna affidandolo a due testimonial che hanno realizzato i loro sogni. Roberto Facchinetti in cucina (nulla a che fare con il quasi omonimo Roby dei Pooh) e Sara Gandolfi tra sala e dispensa. Un piccolo angolo di paradiso rurale che merita la dovuta attenzione.

E così dalla sinergia con il Centro Studi ogni luogo è vivibile con la sua storia, attraverso pannelli narrativi puntuali e precisi senza essere pedanti. Uno per tutti il secadur, ovvero l’essiccatoio per le castagne, per secoli il pane quotidiano delle famiglie. Vi è una sala lettura, in quello che era un magazzino di attrezzi, tutti debitamente esposti, in cui la vostra curiosità stimolerà ulteriormente l’appetito a cibarvi dei vari capitoli di cultura materiale che vi faranno sentire di casa, per qualche ora, in questa locanda. Nella bella stagione i tavoli all’aperto favoriscono una convivialità spontanea.

Cultura materiale

Ma è ora di affilare le papille e andare al sodo. Dopo una piccola coccola di Pane e prosciutto si parte in quarta con Salame e stracchino. Bello e palestrato l’insaccato, figlio di suino ruspante; intrigante il cacio valligiano, con una cremosità che si gusta con libidinosa sorpresa. Sara è molto empatica nel pilotarvi lungo la carta del giorno e l’intesa è conseguente. È lei che tira la pasta, di vari formati che potete portarvi anche a casa, ma la scelta cade immancabilmente sui Casoncelli, piccoli scrigni a custodire un trito di vacca bruna, dadolini di pancetta con quel tocco in più di fogliolina di basilico che completa l’armonia generale. Come negarsi le Tagliatelle ubriache, stavolta con ragù di manzo e umori passiti di Valcalepio, il locale frutto di Bacco. Viaggiamo ruspanti di lusso con la Polenta taragna (rigorosamente antichi mais, lo Spinato di Gandino per tutti) con una fonduta di formaggi valligiani e funghi. Ma è l’ora di dare la parola ai casari del posto. Una pokerata di Stracchini e pecorini che si accoppiano in lambada golosa con una marmellata di pere selvatiche, quelle che vedete pendere dall’orto a tiro di raccolta. Poco dopo è la volta delle cugine fruttaiole, Prugne in crostata con una granella di amaretto.

Nel complesso di tratta di un’esperienza molto interessante, esempio di come si possa realizzare, a tavola, la quadratura del cerchio di quella che viene anche definita cultura materiale, ovvero il territorio, rappresentato da una tradizione ben temperata, qui fatta di piatti di stile e sostanza, ambasciatori di storie che hanno accompagnato queste comunità nei secoli e, grazie anche all’Antica Locanda Roncaglia, sono giunti fino a noi, che li riscopriamo più attuali che mai. Chapeau!

IL PIATTO MIGLIORE: Casoncelli alla bergamasca.

La Galleria Fotografica:

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Giancarlo Saran

Ha immolato la sua vita professionale al giuramento di Ippocrate, trapano in resta. Per proprietà transitiva ha esteso i suoi interessi oltre le fauci, inoltrandosi in quei sentieri che, dalla gola in poi, contribuiscono ad alleviare i percorsi terreni. Per anni antenna sul territorio del Gastronauta Davide Paolini, ha pubblicato a quattro mani, nel 2010, “Il Gastronauta nel Veneto” per i tipi de Il Sole 24 ore. Collabora sin dalla fondazione a “La Verità”, contitolare di due rubriche: “Peccati di Gola” e “La Storia in tavola”. Nella sua fedina editoriale appaiono articoli in svariate riviste di settore: “Spirito di Vino”, “Monsieur”, “Arbiter”, “Taste Vin”, “Papageno”. Ha fondato “L’Ordine dei Cavalieri delle Calandre”, primo fan club planetario dedicato a un tristellato.

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Trattoria

Cebolla
PREGI
Nella sua apparente semplicità qualità e sostanza di valore.

DIFETTI
Non è ancora conosciuto come merita.

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