Passione Gourmet Orto by Jorg Giubbani - Passione Gourmet

Orto by Jorg Giubbani

Ristorante
via Venino 12, Moneglia (GE)
Chef Jorg Giubbani
Recensito da Silvia Izzi

Valutazione

16/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • L’elevazione e l’esaltazione delle tante erbe aromatiche.

Difetti

  • Logisticamente non semplice da raggiungere.
  • Il servizio perde di incisività con l’alternanza tra personale di sala.
Visitato il 07-2023

Dalle colline liguri al mare

L’Hotel Villa Edera e la Torretta fa capolino tra le colline liguri che si impongono nel panorama. La strada per giungervi è di per sé una mini-avventura, che preannuncia quello che sarà il viaggio tra montagna, collina e mare che Jorg Giubbani ci riserverà nel suo ristorante, Orto.

Allo Chef, classe 1992, la Famiglia Schiaffino, proprietaria dell’hotel, ha affidato la nuova interpretazione del ristoro all’interno della deliziosa struttura; un corteggiamento durato diverso tempo, mentre forgiava la sua personalità in cucine blasonate, da Quique Dacosta al Belmond di Portofino e, infine, nel luogo che forse più ha lasciato in lui una forte impronta, la Stüa de Michil, in Val Badia. Il sorriso di Orietta Schiaffino ci riserva il benvenuto sin dal parcheggio, attraversata la hall ecco l’ingresso, oltre il quale veniamo accolti da Kevin Abila che ci accompagnerà a tratti lungo quasi tutto il percorso, accomodati sulle tradizionali sedie “chiavarine”. Starà invece al Sommelier Daniele Crepaldi il compito di supportarci nella scelta di un bianco ligure di carattere che ci accompagni a tutto il pasto, un racconto non banale e ricco di aneddoti che ha arricchito la nostra esperienza.

Gli orti di Jorg Giubbani: tradizione contemporanea e identità rurale

Sfogliando il menù, curato anche nella forma con bellissimi disegni che ne riassumono concetti con eleganti pittogrammi, pregustiamo i tre i percorsi degustazione: “Ligustico”, sei portate in un viaggio dal mare all’entroterra nella tradizione contemporanea. “Inte l’Òrto”, sei portate per affondare le mani nelle radici alla riscoperta dell’identità rurale. “Qui e Ora”, un percorso di sette portate alla cieca ad estro dello Chef, espressione della sua audacia. Non banale la possibilità, oltre il classico abbinamento alcolico, anche di un percorso analcolico. La scelta per il menù “Ligustico” ci ha permesso di toccar con mano la rilettura moderna della tradizione forse a discapito di una spinta più intrepida. I piatti che più ci hanno colpito, Sentiero in Liguria ovvero i diversi tipi di orto dello Chef: “orto di mare”, scorfano accompagnato da fagiolini e taccole; “orto di collina”, pralina al pesto limone, chiusa nel burro di cacao, limone fermentato e zucchina trombetta e nasturzio, una esplosione in bocca; “orto di montagna”: millefoglie di giardiniera e ortaggi.

E poi la reinterpretazione di un piatto povero della tradizione, Camogli… Cappunadda di sgombro, sgombro marinato a caldo sott’olio, accompagnato da composta di pomodoro cuore di bue, cipolla rossa di Zerli in agrodolce, erbe aromatiche, polvere all’olio evo e airbag di pane che ricorda la galletta biscottata del piatto originario. Interessante l’idea di un percorso per il passaggio tra salato e dolce, “stop and reset”, corredato da un cambio tattile, passando a un tovagliolo di lino, oltre che olfattivo grazie a un’acqua aromatizzata con le erbe dell’orto, accompagnato da un cremino alla maggiorana, ciliegia e mirtillo.

La cifra dello Chef: la ricerca, l’importanza della terra, della stagionalità, di quel che viene chiamato chilometro zero, della ricerca della materia prima spesso “povera” e dell’esaltazione tramite le erbe, si suggellano in SEMI-lasci non vale. La coccola finale che richiama la canzone di Julio Iglesias – oltre alla piccola pasticceria con croccante di crème fraîche e passion fruit, un’esplosione, tartelletta con tuorlo di susina e copertura di lime e ananas in osmosi di erbe balsamiche – all’ospite viene lasciato un foglio di carta compostabile con all’interno semi compressi del loro orto, che potranno essere piantati in diversi vasetti, come a dire “Ma quello che conta tra il dire e il fare è saper andar via ma saper ritornare”.

IL PIATTO MIGLIORE: Camogli… Cappunada di sgombro.

La Galleria Fotografica:

1 Commento.

  • Gianni Rigoni6 Settembre 2023

    Pane di miscele di farine di grani antichi della Toscana. Oppure, spesso sul vostro sito: l’ottimo pane di lievito madre! Sempre uguale da Aosta a Palermo. Ma v i rendete conto che si chiama globalizzazione? Che sia più o meno buono è tutto uguale, piatto. E si perde il patrimonio della diversità che in Italia non è regionale ma comunale.

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