Passione Gourmet Piasa Rischei 2018 Loazzolo Doc di Forteto della Luja - Passione Gourmet

Piasa Rischei 2018 Loazzolo Doc di Forteto della Luja

Vino
Recensito da Gianluca Montinaro

Il colore della dolcezza

È il colore a catturare: abissale. Non perché provenga da marini fondi blu ma perché pare chiamare e richiamare, come le sirene odissaiche del golfo di Paestum, sull’orlo del bicchiere. Un indescrivibile caleidoscopio di oro e arancio, rame e mandarino, ambra e bronzo, che non si riesce a smettere di contemplare. A ben guardarlo, con le sue metalliche rilucenze, pare quasi il corrusco sfondo dorato che si staglia nel celebre San Giorgio e la principessa (1469) del ferrarese Cosmè Tura: un insieme onusto di aspettativa, in un’atmosfera che pare di sospensione eterna. Eppure con la città estense questo vino – perché di vini si sta scrivendo – ha nulla a che fare.

Ci troviamo in un’altra area geografica – Piemonte, provincia di Asti – in una delle denominazioni di origine controllata più piccole del Paese: Loazzolo. Qui, nei ristretti confini di questo comune di poco più di trecento anime, ubicato a oltre 400 metri sul livello del mare, a cavallo fra la valle della Bormida e quella del Belbo, nasce questa rarità, frutto di lunga tradizione.

Su queste colline, infatti, da secoli le famiglie erano solite vinificare vini ‘dolci’ da consumare in occasione delle festività solenni. Ma non tutte le vigne davano lo stesso risultato: solo quelle di Moscato bianco e solo quelle ben esposte raggiungevano il grado di maturazione necessario alla giusta concentrazione degli zuccheri. Il disciplinare di produzione, approvato nel maggio del 1992, ha recepito queste ‘storiche’ condizioni. Così infatti recita: «Il vino ‘Loazzolo’ deve essere ottenuto dal vitigno Moscato bianco. E sono da considerarsi idonei, ai fini della iscrizione allo schedario viticolo della denominazione, unicamente i vigneti acclivi, cioè ubicati su pendii e dossi collinari soleggiati, a struttura calcarea marnosa tendenzialmente sciolta (Miocene-Langhiano). La giacitura dei terreni vitati, per favorire l’insolazione, deve essere collinare con pendenza minima del 20%. Sono da considerarsi idonei esclusivamente i vigneti in esposizioni solari collocati sui versanti collinari da est a ovest e più precisamente compresi tra il 90° e il 280° della rosa dei venti».

Nella pratica, queste norme stringenti individuano i vigneti autorizzati a produrre Loazzolo in pochissimi fazzoletti di terra, quantificabili in poco più di cinque ettari (con una resa, peraltro, assai bassa: il disciplinare la fissa a non più di 50 quintali per ettaro). Questo insieme di condizioni pedoclimatiche conferiscono al Loazzolo caratteristiche decisamente particolari: il clima fresco e ventilato è propedeutico alla conservazione di un buon grado di acidità; l’escursione termica favorisce lo sviluppo del profilo aromatico; l’umidità che sale dal fondovalle agevola talvolta l’insorgere della muffa nobile. Mentre al viticoltore spetta decidere se lasciar sovramaturare gli acini in pianta (vendemmia tradiva) o se appassirli su graticci (passito).

La ‘scoperta’ del Loazzolo

La fortuna del Loazzolo, al di là della zona di produzione e dei suoi immediati dintorni, si deve a Giancarlo Scaglione che, con la sua cantina, Forteto della Luja, iniziò a imbottigliarlo nel 1985, con l’incoraggiamento di Giacomo Bologna e quindi di Gino Veronelli, che contribuì anche alla successiva stesura del disciplinare della Doc. Scaglione aveva individuato in una vecchia vigna, circondata da boschi, posta a 450 metri, con terreno calcareo-marnoso, pendenza superiore al 50% (ancora oggi la si lavora con l’aratro trainato da un cavallo) ed esposizione Sud-Ovest, il luogo ideale per la produzione di un Loazzolo archetipico.

Battezzato Piasa Rischei (che qui degustiamo nell’annata 2018), il Loazzolo del Forteto della Luja è il vino che ha fatto la storia e la fortuna di questa minuscola Doc. La sua particolarità è quella di non essere propriamente né un tardivo né un passito. La vendemmia, infatti, avviene in tre momenti differenti: in un primo momento (indicativamente verso la fine di settembre) viene raccolto un primo 30% dell’uva. Poi, dopo circa una decina di giorni, un altro 30%. Infine, a novembre inoltrato, l’uva restante che, nel frattempo, è stata attaccata dalla muffa nobile. Si inizia a vinificare quest’ultima partita, mentre i grappoli raccolti in precedenza sono lasciati ad appassire su stuoie, nel fruttaio, fino a dicembre, quando vengono poi pigiati e aggiunti al resto. Con questa tecnica si ottiene una spiccata acidità e una punta di tannino che ben bilanciano gli zuccheri (presenti nella misura di circa 140g./l). La fermentazione viene quindi attivata dai lieviti dell’anno precedente e prosegue per 24 mesi in piccole botti di rovere. Solo nella primavera del terzo anno dopo la vendemmia si procede all’imbottigliamento: per una produzione che si aggira sulle tremila bottiglie da 0,375 l.

Piasa Rischei 2018 Loazzolo Doc

Come ben si può immaginare, il Piasa Rischei è un vino che più che degustare si deve meditare. Si presta benissimo a essere abbinato a formaggi (come la Robiola di Roccaverano, prodotta sulle medesime alture), dolci (non al cucchiaio, ovviamente) e fegato grasso. Ma – ci si permetta il consiglio – il modo migliore per avvicinarsi a questo ‘nettare’ è di gustarlo ‘in solitudine’. Di contemplarlo e meditarlo, come opera d’arte dell’uomo e della natura.

Del colore nel bicchiere ne abbiamo già scritto. Ma a colpire, poi, una volta ceduto al canto di Partenope, Leucosia e Ligea, e preso in mano il calice, è la consistenza del liquido. Consistente sì, per l’appunto. Ma non vischioso. Anzi, quasi aereo, come i profumi che nel frattempo giungono al naso. Ampi, molto intensi e di qualità eccellente, rimandano a un paradigma di estrema complessità, ma senza artificiosità. Si sarebbe tentati di dire che il Loazzolo è un vino aromatico, per il suo essere un Moscato. Eppure non è così. Lo è molto meno rispetto al vasto panorama degli italici Moscati. Gli aromi tipici del vitigno non appaiono (e per fortuna, siamo tentati di scrivere!) evidenti. Se idealmente paragonato all’Asti, il Loazzolo sfugge ai dittatoriali floreale e agrumato. Se invece confrontato con Noto e Siracusa, vira su note fruttate di più complessa pienezza, senza quegli accenni di disidratazione – che accentuano, immancabilmente, anche i tocchi salmastri – tipici dei Moscati del Sud.

In altre parole, il frutto che più si può avvicinare al Loazzolo è l’albicocca. Concentrata, dolce, profumata, questo delicato pomo si fonde con sentori di confettura di agrume dolce, di susina gialla, di mela cotogna e di pera cotogna. Con un tocco di canditura al miele a legare il tutto. Seguono poi aromi erbacei, dai risvolti vagamente balsamici. E floreali, con un netto ed elegante fiore di castagno. La speziatura, legata al legno, riporta invece a non invadenti note di torrefazione, sposate a sottili spezie dolci (vaniglia).

La mineralità, non tanto presente al naso, è molto più percepibile in bocca ove crea, insieme alla acidità, una forte tessitura di freschezza e sapidità che sostiene tutto il sorso, dall’ingresso in bocca sino alle ampie sensazioni retrogustative, mantenendo il vino su un bellissimo profilo di vivacità. Sul fronte delle morbidezze, invece, il Piasa Rischei appare dolce, ma non stucchevole. Abbastanza caldo. E morbido, senza essere pastoso. La concentrazione gusto-olfattiva è massima: con una densità d’impianto di 8.000 viti/h. (e una resa inferiore ai 18 ettolitri per ettaro) la materia di questo Loazzolo sprizza di magnifica vitalità e finezza. La persistenza in fondo di bocca è lunga e tesa come una lama. Equilibrata senza alcune concessione a facili dolcezze. E di una pulizia così cristallina che subito invoglia al sorso successivo (a costo di apparire eretico, chi scrive vorrebbe utilizzare il termine ‘beverino’!).

Un consiglio in chiusura. Forteto della Luja (che dal 2007 è Oasi affiliata al WWF) merita una visita, magari in primavera o agli inizi dell’estate. Non solo per assaggiare il Piasa Rischei e gli altri vini, ora prodotti da Giovanni (figlio di Giancarlo). Ma anche per ammirare il magnifico paesaggio circostante, le molte specie di farfalle che qui vengono a riprodursi e la fioritura delle decine di varietà di orchidee selvatiche (piante protette e assai rare) che colorano i prati intorno alla cantina.

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