Valutazione
Pregi
- Un nuovo e piacevole indirizzo in un quartiere dove mancano punti di riferimento di qualità.
Difetti
- Una cucina golosa ma eccessivamente generosa in quantità e calorie.
Minimalismo scandinavo nel cuore della città eterna
Due ambienti minimalisti, dagli arredi spogli ed essenziali, propri di un’architettura di stampo nordico con laterizi a vista, colori neutri, ampie vetrate e sobrie mise en place: questo il palcoscenico che lo chef Ciro Alberto Cucciniello ha scelto per il suo debutto sulla scena gastronomica romana utilizzando un anagramma dei suoi due nomi di battesimo come singolare appellativo per il ristorante.
Siamo nel cuore di Prati e il coraggio di aprire nel bel mezzo della pandemia fa onore allo chef e alla sua compagna Joana Razmyte che governa la sala con garbo e gentilezza davvero encomiabili.
Da tenere d’occhio
Lo chef, di origini campane, annovera come trascorsi principali Settembrini, storica insegna romana, e un passaggio al Combal.zero di Davide Scabin, esperienze che si manifestano in una cucina solida, golosa, centrata nel gusto e assai ricca (forse troppo), in grado di soddisfare una vasta gamma di avventori con piatti come gli spaghetti alla chitarra, dalla cottura perfetta, avvolti in una salsa alle cime di rapa, pane abbruscato e un vezzoso crudo di ricciola, o le ribs di cervo sapientemente aromatizzate da alloro e mirto e accompagnate con scarole dolci e una salsa di patate affumicate.
Interessante anche il comparto dolci, con un’ottima mela cotogna al cioccolato cotta nel vin brûlé e un babà al tiramisù che riesce a coniugare felicemente due sacre pietre miliari della pasticceria italiana, a concludere un pasto in una nuova piccola oasi che rappresenta una risorsa da tenere d’occhio nel quartiere e non solo.