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La cucina nell’Alma – Secondo Piatto

di Leila Salimbeni

La cucina centrale e la vita di brigata

Dopo circa un mese dall’inizio del Corso Superiore di Cucina Italiana, già dalle 6.00 del mattino, i ragazzi popolano la Cucina Centrale: questo spazio, del resto, è operativo tutti i giorni e, dalla colazione alla cena, scandisce i tempi alimentari della scuola mentre provvede, tra l’altro, al rifornimento del bar accademico, all’organizzazione dei banchetti, delle feste, ed è decisiva in tutte quelle occasioni, istituzionali o meno, che vedono impegnata col mondo esterno La Scuola Internazionale di Cucina Italiana di Colorno.

Arriviamo nel bel mezzo del primo turno, quello che va dalle 6.00 alle 14.00 e, precisamente, alle 10.30 di un mercoledì mattina d’inizio estate: fuori, la colonnina di mercurio segna già 30 gradi mentre dentro, e nonostante i fuochi, i forni e le piastre accese, circola un’aria corrente fresca, foriera di tutti i profumi che si levano dalle preparazioni che già arrostiscono, sfrigolano, stufano, brasano, sobbollono: vellutata di sedano e patate; risotto al pomodoro e mozzarella di bufala; polpette al pomodoro; spaghetti coi moscardini; stinchi con gli asparagi; faraona al rabarbaro e tartufo nero; taccole in padella e patate arrosto sono solo alcune delle preparazioni presenti in menu nella giornata di oggi, 26 giugno 2019. 

Istinto

Lo chef presente stamattina, coadiuvato dai tre assistenti in grembiule bianco, ciascuno diviso per partita, è Giuseppe Pellegrino il quale ci spiega che una struttura tanto complessa come la Cucina Centrale si fonda invero forse su un’unica, semplicissima regola, da cui discendono tutte le altre: etica del prodotto e della materia, che hanno come immediato corollario l’esigenza di non fare sprechi e, in generale, rispettare l’imperativo del bello come sinonimo di buono che, come quasi tutto, qui, arriva da Gualtiero Marchesi. Tutto questo chef Pellegrino ce lo spiega dando le spalle alla cucina, eppure un istinto antico e primordiale gli dice quando girarsi, sempre un attimo prima che qualche alunno ne reclami l’attenzione. Come in ogni brigata che si rispetti, peraltro, i cuochi-alunni già si muovono nell’algoritmo di una coreografia collettiva scandita dalle lancette dell’orologio che ha una prima, temutissima dead-line: alle 11.20 il pass dovrà essere completamente libero per accogliere le pietanze sui vassoi di servizio: tre piatti caldi, una zuppa fredda e tre secondi, per tre turni di servizio: 12.00, 13.00 e 14.00 per un totale, oggi, di 385 persone da mettere a tavola che, nel fine settimana, con gli eventi e le ospitate, possono arrivare anche a 1000. 

Trasversalità

Alma è, del resto, un modo estremamente, eminentemente professionalizzante. Come tale, tutto ruota  attorno al prodotto e a una cucina cucinata che non è fatta di mere ricette, ma di metodi per realizzarle. È quanto ci racconta chef Laura Torresin, anche lei chef di Cucina Centrale, che argomenta insistendo  sul doppio binario tra teoria e pratica che alberga nella Scuola: “Benché la teoria venga sempre prima, nel mondo accademico di Alma ogni studente assiste alle dimostrazioni, che poi è chiamato a ripetere non solo individualmente ma anche collettivamente – ed empiricamente – nelle lezioni dell’aula Mater e, ovviamente, in Cucina Centrale, che è appunto l’anima di Alma“. È qui che si consuma la vita della brigata propriamente detta, quella che prevede dei ruoli e una gerarchia che però in Alma è più fluida, perché ogni studente deve imparare a coprire ciascun ruolo, trasversalmente. Ecco un’altra delle grandezze di Alma, far cimentare i ragazzi in tutte le partite in modo da cementare le competenze da ogni angolazione. “Per questo motivo il confronto coi Professori Di Malta e Pellegrino è quotidiano:  dobbiamo discutere in merito alle specificità di ciascun alunno, al fine di conoscerne punti di forza e di debolezza perché, non dimentichiamolo, Alma insiste molto sulla personalità di ciascun alunno. Chiaramente, dobbiamo confrontarci anche per provvedere agli ordini della Cucina Centrale, che affronta quotidianamente tante realtà – e tante criticità – oltre a dover assorbire tutte le preparazioni in programma nelle lezioni, nell’ottica di quella trasformazione e di quel riutilizzo che, del resto, è alla base della cucina non solo professionale, ma anche domestica italiana.”

Senso del tempo

Controllo e comunicazione sono, in definitiva, i due motori propulsori di quell’organismo complesso che è la Cucina Centrale che è l’esatta materializzazione, benché in grande, di quello che avviene nella cucina di qualunque ristorante. La Cucina Centrale è, per certi aspetti, il luogo del vero o, come preferisce chiamarla Antonio Di Malta che la Cucina Centrale la pianifica, la organizza e la rende reale quotidianamente grazie anche alle preziose propaggini dei suoi assistenti (anche lui ha incominciato, in Alma, come assistente): “È il luogo dell’azione, il luogo del vero: la prova provata che stai lavorando bene con la tua classe.” È altresì il luogo del tempo: nel senso che in cucina il tempo ha un valore del tutto relativo: non bisogna solo rispettarlo, bisogna costruirlo materialmente, dilatandolo o al contrario contraendolo a seconda dell’intervallo che separa dal servizio. “Senza dimenticare – prosegue  Di Malta – di fare tesoro di ogni momento libero che, comunque, dovrebbe sempre essere un momento di apprendimento. Una cosa che non deve mai smettere di fare un cuoco è chiedersi il perché delle cose, è questo l’unico modo per trasformare la passione per la cucina – che, come tutte le passioni, è  passeggera – in un interesse che, per sua natura, è invece duraturo. È questo il segreto di un’esistenza felice e, forse, anche del concetto di evoluzione che riguarda l’individuo nel suo insieme”; un’evoluzione dove il concetto stesso di brigata altro non è che la metafora di una gerarchia cui si è sottoposti anche nella vita, e dalla cui struttura c’è solo da imparare.

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