Valutazione
Pregi
- Panorama mozzafiato. La bellezza di un luogo unico da ammirare attraverso le ampie vetrate.
- In cucina si assiste alla valorizzazione dei pesci di acqua dolce.
Difetti
- Il ristorante, seppur bello, ha un arredamento che a tratti ricalca uno stile fané.
Undici anni, due stelle. E una vita dedicata al lago e al territorio
Il Mergozzo, un lago immerso nel silenzio, un piccolo mare dalle rive selvagge, parte integrante e antica del più noto Maggiore. Qui la luce del sole tesse la sua trama sul lago e le arruffate nuvole si specchiano sull’acqua limpida e sulle vetrate del ristorante e della cucina di Marco Sacco, lo chef del Piccolo Lago, due stelle Michelin.
Come catapultati su una macchina del tempo cominciamo la nostra avventura gastronomica, tra preparazioni storiche e piatti in rotta verso il nuovo. Scendiamo nelle fredde, ma accoglienti stanze della cantina, scrigno di tesori enoici conservati e vagliati con attenzione dal Sommelier Alessandro Mantovani, premuroso e insieme capace di una rara e gustosa ironia.
Quindi ci sediamo a tavola. Gli atipici amuse bouche giocano sul concetto del “sembra ma non è”: i Bignè con granella di lampone sono farciti con crema ai tre latti, i Cioccolatini sono ripieni di fegatini ruspanti, mentre il Pesce siluro, un alloctono infestante, dal nome caricaturale, si trasforma in un marshmallow con cocco e gelatina di Calamansi, sprigionando un carattere a tratti melmoso.
Gustosi inganni
Durante il pranzo vi basterà girare lo sguardo per vedere lo chef Sacco, il sous chef Marco Rispo, il pastry chef Andrea Valle e tutta la brigata all’opera, mentre insieme scrupolosi, lavorano dietro le trasparenti pareti che inframezzano la sala. Marco Sacco ora ha il piglio e la tempra del Maestro, le sue idee, un tempo, a dire il vero non realizzate con l’efficacia che la presentazione iniziale poteva far immaginare, hanno oggi non solo dei traduttori con una tecnica e una impronta di prim’ordine, ma sono anche, e sopratutto, una fonte ispirativa per nuovi traguardi e nuove apparizioni. Il connubio tra il sous chef e la squadra di giovani e motivati talenti, in cui si intersecano tecnica, idee e profonda conoscenza del lago e dei suoi prodotti, è la chiave vincente di un risultato che abbiamo per ora arrotondato per difetto, in attesa che le prossime visite esprimano tutta la continuità che il luogo e le persone lasciano presagire.
Ma veniamo al nostro pranzo, soltanto per un attimo il lago incastonato nelle terre dell’alto Piemonte sembra congiungersi all’Oceano Pacifico neozelandese con un assaggio del frutto di mare per intenditori, l’AbaloneAbalone è un mollusco gasteropode di origini orientali riconoscibile per i fori (4-5) sulla sua conchiglia. Chiamato anche orecchia di mare, è un prodotto prelibato al pari di caviale e ostriche; si usa mangiarlo crudo, dopo una breve cottura vivace o dopo una cottura lunga e lenta, come nella zuppa di abalone. Diffuso in Australia, Africa, isole del Pacifico e... Leggi. Qui servito nella veste di una delicata tartareLa bistecca alla tartara (conosciuta anche come carne alla tartara, steak tartare o più comunemente tartare) è un piatto a base di carne bovina o equina macinata o finemente tritata e consumata cruda. La ricetta prevede che dopo essere stata triturata la carne deve o marinare nel vino o in altri alcolici oppure viene aggiunto del succo di limone e... Leggi, una lavorazione che quasi lo priva di quella sua tipica callosità, accompagnata dalla sapida cremosità di una maioneseLa maionese (dal francese mayonnaise o dal catalano maonesa) è una salsa madre, cremosa e omogenea, generalmente di colore bianco o giallo pallido, che viene consumata fredda. Si tratta di un'emulsione stabile di olio vegetale, con tuorlo d'uovo come emulsionante, e aromatizzato con aceto o succo di limone (che aiuta l'emulsionamento). La ricetta tradizionale prevede l'uso di olio d'oliva e... Leggi di corallo, frullata con olio e acqua di mare.
Ci inganna poi una Lumaca, che nel suo aspetto e nella sua forma somiglia più ad un after eight, una lumaca che diventa una sorta di paté, glassato con burro di cacao aromatizzato con aglio e prezzemolo, a parte gocce di castelmagno, un piatto dal nerbo terragno e dal DNA piemontese. Interessante è la texture del Cavolfiore, cotto al forno e ricoperto di salsa al mou, bruciato poi con un cannello, e spennellato con l’estratto di papacella, dolce peperone di origine campana.
Per conoscere a fondo la cucina dello chef, le tappe irrinunciabili del viaggio sono però i grandi classici del Piccolo Lago: il Lingotto del Mergozzo, trota affumicata con bacche di ginepro e legno di faggio, oppure l’Anguilla dalla complessa lavorazione, ma tra i grandi vi è sicuramente la Carbonara au Koque. Per un attimo dimenticatevi della versione tradizionale, qui il guanciale è sostituito dal prosciutto affumicato vigezzino, i tajarin all’uovo sono subentrati al posto dei bucatini e una salsa al gin è posta all’interno del guscio dell’uovo e versata sui tagliolini.
La cucina di Marco Sacco parla di lago, fiumi, valli, mari lontani. Parla di viaggi in Oriente, spiazza e a volte confonde; è l’esito, straordinariamente moderno, di quel suo amore irrefrenabile per il territorio, e per la moglie Lella senza la quale il Piccolo Lago non sarebbe mai stato lo stesso.