Valutazione
Pregi
- Materia prima di superba qualità: crudi fantastici.
- Accoglienza calorosa e servizio di grande empatia.
Difetti
- Location poco esaltante.
- Proposte di carne di livello decisamente inferiore al resto.
Sono trascorsi ormai più di quarant’anni da quando Pino Possoni avviava, sotto un’insegna a dispetto delle apparenze ispirata dalle iniziali delle sorelle, quello che ancora oggi rimane un baluardo della cucina ittica della provincia di Varese. Allora l’alta cucina era soprattutto sostanza, materia, e poco concedeva a quanto oggi viene invece invece considerato acquisito e imprescindibile.
Oggi come allora il Ma.Ri.Na di Olgiate Olona, stabile come una roccia, con lo stesso riscontro di pubblico e la stessa filosofia, viene portato avanti con entusiasmo immutato sempre da Pino, ma anche dal resto della famiglia, non da ultima la nuova generazione.
Stabile come una roccia, in tutto e per tutto. Una volta parcheggiato sulla piazza antistante l’accesso, lo scorcio non è certo di quelli esaltanti: un’anonima palazzina, con un altrettanto anonimo accesso. Insomma non proprio ciò che ti aspetteresti entrando in un ristorante di una certa levatura, stellato da tempo ormai immemore.
In sala le cose un po’ migliorano: un ambiente caldo e piacevole in cui ci si sente subito a casa, senza elementi che possano indurre timori reverenziali, con il solo difetto dei tavoli eccessivamente ravvicinati. Un ambiente d’altri tempi, che ha senz’altro il suo fascino ma cui gioverebbe, a nostro parere, una piccola rinfrescata.
Non è d’altronde, questo, un luogo di funambolismi estetici o gustativi, né di continue propulsioni di rinnovamento, anche sul fronte della cucina. Al lettore più attento sicuramente non sfuggiranno alcune reiterazioni di quanto già assaggiato in occasione della nostra ultima recensione, risalente a ormai più di sei anni fa. Molti non apprezzeranno una certa gestione degli impiattamenti, o alcune proposte dagli stilemi già percorsi in lungo e in largo, e appartenenti a un passato ormai remoto. Quanto tutto ciò possa essere considerato positivo o negativo dipende naturalmente dalla sensibilità di ognuno: la clientela non sembra certo mancare, a dimostrazione del fatto che per molti la certezza sia un fattore importante al momento della scelta di un ristorante.
Gli estimatori del crudo troveranno qui il loro parco divertimenti: materie prime di freschezza eccelsa, ben valorizzate da semplici quanto fini orchestrazioni culinarie sempre condotte nel segno della discrezione e scevre da ambizioni prevaricatrici. Pregevoli ma di livello inferiore i cotti, tendenzialmente orientati verso una linea accomodante e nel segno di una sostanziale rotondità gustativa, in verità a volte perfino eccessiva nel suo utilizzo di materie grasse. Decisamente meno convincente invece, quanto meno in occasione della nostra visita, la proposta di carne, nello specifico selvaggina di piuma.
Servizio che sin dall’inizio stabilisce una linea empatica diretta con il cliente, con modalità oggigiorno invero un po’ inusuali, con il patron che spesso e volentieri prende posto a tavola per suggerire un percorso costruito ad-hoc, con fulminei tempi di adattamento alle singole sensibilità senz’altro frutto della pluriennale esperienza, e con il figlio a gestire una buona cantina, economicamente moderatamente accessibile e con una buona possibilità di servizio al calice, con proposte anche interessanti ed esborsi non eccessivi.
L’esterno.
Mise en place.
Le bollicine di benvenuto.
I primi stuzzichini.
Gamberetti siciliani crudi marinati al limone, pepe di Sichuan su crema di pomodori e fragole, olio di oliva.
Una rivisitazione dell’iconico cocktail nel segno dell’equilibrio tra acidità e dolcezza. È la materia prima a farla da padrone, mentre la cucina accompagna con garbo: al cospetto di cotanta freschezza è giusto così.
Le tipologie di pane.
Capesante crude su crema di robiola e caprino, sale della Camargue, pepe tibetano e olio siciliano.
Nuovamente un buon equilibrio tra materia ittica e il discreto sottofondo. Riuscito l’abbinamento con le suggestioni del formaggio fresco caprino.
Un’ulteriore bollicina.
Aragostina cruda già tolta dal guscio, tagliata e ricomposta, emulsione con capperi frullati, pomodorini frullati e aceto balsamico.
Scampi crudi accompagnati da miele di Melatta (non dolce) con aceto balsamico.
Gamberi rossi con testa staccata e tostata, coda cruda, pancetta tostata, crema finocchi.
Assaggi vari da proposte alla carta, nuovamente nel segno della valorizzazione di crostacei crudi di una qualità al di sopra di ogni possibile elogio, mediante eleganti giochi di contrasti dolci-acidi-sapidi. Degna di menzione la differenziazione texturale dei gamberi rossi, con le teste cotte ad apportare una benvenuta croccantezza e una iodicità più accentuata.
Un Sauvignon bianco, di buon corpo e leggera nota amarognola, a ideale contrasto alla grassezza della materia.
Crostacei crudi su pietra lavica bollente.
Siamo nel segno di un piacevole gioco di contrasti tra il crudo e il leggermente cotto, nuovamente ad esaltazione della qualità della materia prima, ulteriormente arricchito dalla freschezza aromatica apportata dalle erbe poste alla base.
Un nuovo bianco, più adatto ai prossimi piatti.
Tagliatelle di seppia con porcini.
La seppia costituisce di fatto la finta pasta del piatto, per un incontro tra terra e mare che nel risultato gustativo vira decisamente sulla terra.
Crema di foie grasIn francese significa letteralmente "fegato grasso" ed è definito dalla legge francese come "fegato di anatra o di oca fatta ingrassare tramite alimentazione forzata”. È uno dei prodotti più famosi e pregiati della cucina francese. Esistono tipologie di 'foie gras' non derivate da animali sottoposti ad alimentazione forzata. Spesso il fegato grasso è associato all'alta cucina francese e internazionale per... Leggi e scampi.
Un’accoppiata che più classica non si può, ben realizzata.
Trippa, frullata con fagioli e bocconcini, polpo cucinato allo stesso modo con cipolla e semi di papavero, pomodoro, acciughina e cipollotto. All’esterno ricotta fresca.
Piatto di suadente morbidezza gustativa, da gustare “cucchiaiando” dall’esterno (ricotta) verso l’interno. Nel gioco melodico delle varie componenti è la trippa a chiudere, con una fine sfumatura.
Per la portate a base di carne si passa ai rossi.
Pappardelle alla pernice, foie gras e tartufo.
Piatto gourmandPer "gourmand" si intende una persona amante della buona tavola, in particolare delle preparazioni di stampo classico, un cultore della gola. Ghiottone.... Leggi a tutto tondo, di bell’equilibrio ma un po’ deficitario in quanto a sapidità.
Pernice e fagiano, salsa al Merlot, Shiraz e pepe verde.
Non sempre estetica e gusto corrono di pari passo, tuttavia in questo caso ciò che appare già evidente all’occhio trova conferma al palato: il livello è decisamente inferiore rispetto alla proposta ittica. Piatto goloso ma poco entusiasmante, sia a vedersi che… a mangiarsi.
Fichi caramellati e gorgonzola.
Un piccolo assaggio di un pregevole Gorgonzola proveniente da un piccolo produttore del novarese.
Per la parte dolce, un’originale proposta aromatizzata ottenuta da vino rosso e viscioleLe visciole sono il frutto del ciliegio aspro (Prunus cerasus), da cui deriva anche l'amarena, la varietà più diffusa di questa specie. I frutti si distinguono per il colore rosso intenso e per il sapore dolce e leggermente acido. Si consumano come tali, in confettura, in dolci come la crostata di ricotta e visciole della tradizione ebraico-romana e sotto forma di... Leggi, ovvero una varietà di amarena selvatica.
Gelato al fiordilatte, zabaione al moscato, panettone liquido.
Chiusura nel segno della massima golosità. Originale e di bella definizione gustativa il panettone.
Le ultime golose coccole.
Mi pare che il voto non corrisponda affatto alla somma dei giudizi espressi per i singoli piatti.
Ciao Enzo ... Perchè ? Ottimi crudi, buoni-discreti i cotti ittici, meglio lasciar perdere i piatti di terra. Chi adora la cucina (se così possiamo definire i crudi) di materia prima ittica eccelsa si accomodi. La valutazione complessiva tiene conto di tutti questi aspetti. Non trovi ?
Crudi ottimi, e lo ribadisco, ma in maniera (decisamente) preponderante per la qualità della materia prima piuttosto che per l'apporto della cucina, che si limita di principio ad accompagnare. Lungi da me dall'affermare che sia sbagliato, tutt'altro, ma pur adorando, giusto per prenderne una, la collaudatissima combinazione crostaceo-miele-aceto balsamico, mi si chiede di valutare "la cucina". Passata l'indubbia ammirazione per cotanta freschezza, che valutazione meriterebbe un piatto del genere? Cotti ittici buoni, mentre su quello di terra, ma forse si era capito, sono stato diplomatico, pur da fanatico dichiarato di selvaggina. Il tutto opinabilissimo, come giusto che sia.
[…] Pino (figura mitica della ristorazione lombarda, per cinquant’anni alla guida del ristorante Ma.Ri.Na, insegna giusto al di là della “anonima piazzetta di paese”), e del suo socio Andrea […]