La Masardona
Valutazione



Pregi
- Una pizza fritta favolosa.
- La grande digeribilità della frittura.
- I prezzi.
Difetti
- Tranne il sabato, è aperto solo fino al primo pomeriggio.
- La mancanza di un sito web.
Chi pensa che la pizza sia uno di quei pasti che non possa varcare un’alta soglia di godimento emotivo, anche quando raggiunge picchi d’eccellenza, non ha mai assaggiato un prodotto come quello di Enzo Piccirillo.
È lui la storia attuale della Masardona, storica friggitoria nata in tempi di guerra nel quartiere Case Nuove, poco distante dalla Stazione Garibaldi.
Siamo a Napoli, ovviamente, dove mangiare una pizza non buona è impresa abbastanza ardua. Dove una pizza fritta o un “battilocchio” -un calzone- può riservare una piccola grande ed inaspettata emozione, come alla Masardona, uno dei luoghi mangerecci di culto partenopei.
In principio fu nonna Anna, la “messaggera” (appunto la Masardona) che dal 1945 immergeva nella sugna (oggi sostituita dall’olio), per pochi secondi, un prodotto gustoso e sostanzioso, ancor di più quando veniva accompagnato dal Marsala (tutt’ora consigliato).
Oggi va in scena la terza generazione che ha ricevuto una pesante eredità e l’ha saputa tramandare perfino perfezionando ed arricchendo un know how già di per sè importante.
Dalla mattina presto fino al pomeriggio (per cenare, purtroppo, bisogna aspettare il sabato) vengono preparate delle pizze fritte che definirle prelibate è un eufemismo.
L’impasto è studiato nei dettagli e adatto a questo tipo di cottura. La pagnotta, una volta riemersa dall’olio, si mostra compatta e, al contempo, soffice. L’olio viene ricambiato con frequenza (la quasi totale assenza di particelle di fritto nell’etere ne è prova lampante), la doratura del prodotto finale è perfetta e gli ingredienti tutt’altro che dozzinali.
Il risultato è una frittura fragrante, asciutta ma soprattutto -ed è proprio questo il discrimen- digeribile, in cui ogni singolo ingrediente emerge grazie all’incameramento di una pasta/contenitore (farina 00, lievito, latte, zucchero, sale e acqua) sottile che preserva del tutto le proprietà organolettiche dell’ensemble dall’alta temperatura.
La “completa” è l’iniziazione: ricotta di pecora, cicoli di maiale, pomodoro, provola affumicata, pepe e basilico. Ma sono diverse le variabili da provare, dalla marinara alla Angela Ripiena, con peperoni crudi sott’olio, capperi, olive e provola affumicata.
Il tutto da gustare in piedi, direttamente davanti al pentolone sfrigolante, nel solco della tradizione, oppure seduti ad uno dei pochi tavoli dell’adiacente saletta.
La medesima qualità la si riscontra nelle fritture napoletane, nei crocchè e nelle frittatine.
E poi, su prenotazione, si preparano altre specialità della tradizione napoletana come il tortano, la pizza rustica, la pizza con scarola e il roccocò.
Per un paio di pizze e una birra (o un bicchiere di Marsala) non si superano i dieci euro. La metà per i battilocchio.
Chiamatelo street food, gastronomia o come meglio preferite ma questo luogo è per noi un punto cardinale del favoloso “mondo pizza”.
Alle prese con la velocissima frittura.
La pagnotta che riemerge rigonfia e viene tirata fuori dall’olio con la schiumarola.
E messa ad asciugare per alcuni secondi.
Il battilocchio, perfettamente dorato.
Completa: cicoli di maiale, ricotta di pecora, provola affumicata, pomodoro e basilica.
Con gli ingredienti ben distribuiti per una farcia armonica.
La marinara.
Con pomodoro misto, aglio e un profumato origano.
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