Valutazione
Pregi
- Un cuoco con una grande personalità, di cui si sentirà parlare.
- Un rapporto q/p favorevole per Londra.
Difetti
- Difficilissimo prenotare.
- I tavoli ravvicinatissimi.
Ollie Dabbous è attualmente, come lo ha definito Jay Rayner, critico gastronomico del Guardian, “the most wanted chef in Britain”. Siamo certi che in Italia il suo sia ancora un nome semisconosciuto. E non può essere altrimenti visto che il suo ristorante a Fitzrovia ha raggiunto un incredibile successo in meno di un anno dall’apertura.
La sua è la tipica storia di un predestinato. Figlio di un architetto italo-francese, Dabbous rimase folgorato dal cibo in età adolescenziale quando trascorse un mese in una cucina di una trattoria di Firenze. Da quel momento andò in cerca di esperienze presso grandi chef, prima tornando in Inghilterra, poi a Parigi, riuscendo ad entrare nel mondo di Guy Savoy, in cui trascorreva tutta la giornata nello scantinato a pulire carciofi e funghi.
Ma l’esperienza che gli cambiò la percezione del gusto, orientando definitivamente le sue aspirazioni verso la grande cucina, fu quella con Raymond Blanc a Le Manoir aux Quat’Saisons in Oxfordshire, dove comprese definitivamente concetti imprescindibili come freschezza e stagionalità. Qui si fermò, diventando senior chef de partie del ristorante.
Non pago delle sue esperienze, se ne procurò ulteriori, se pur brevi ma importanti, in giro per il mondo presso luoghi culto come il Fat Duck, l’Astrance, il Noma e il Mugaritz, al termine delle quali decise di tornare a Londra come executive chef al Texture. Dopo una permanenza di due anni, in cui prese anche la stella Michelin, si trasferì al Cuckoo Club. Qui entrò in contatto con il barman svedese Oskar Kinberg con il quale concepì, un paio di anni fa, il “Dabbous”, un ambiente che definirlo trendy è riduttivo, con enorme cocktail bar (al piano inferiore) annesso.
Il risultato? Librone di prenotazioni completo a distanza di 6-7 mesi e liste d’attesa per accaparrarsi un tavolino a cena nel weekend. Noi abbiamo avuto la fortuna di trovare un buco al primo turno (ne fanno almeno due, costantemente, a pranzo e a cena) di un sabato a pranzo e non ci siamo fatti scappare l’occasione prenotando comodamente sul sito web “Opentable”, cui si affidano praticamente tutti i ristoranti cittadini per le prenotazioni online.
Certo, il prezzo contenuto (ancora per poco?) influisce, e non di poco, al grande successo e non escludiamo che la grande popolarità presto andrà ben oltre i confini nazionali. Dabbous, infatti, oltre ad avere la stoffa del grande cuoco, sembra che sia uno dei più influenti comunicatori nell’ambiente gastronomico britannico. Inoltre, alcune delle sue preparazioni presentano un visibilissimo tasso di raffinatezza, nonostante le tradizioni inglesi impongano delle scelte in cui è difficile eliminare elementi grassi che incarnano l’indispensabile stile british. Sono davvero pochi i rimandi ai maestri e tante invece le idee che lasciano intravedere una spiccata personalità.
Sarà lui il degno successore di Blumenthal? Per il momento, la nostra esperienza ci ha regalato due piatti folgoranti e coraggiosi, entrambi presentati a una temperatura ghiacciata, praticamente ad apertura e chiusura del pranzo, in cui pochi e ben distinti elementi raggiungevano un’armonia gustativa tra note aromatiche, grasse, acide e floreali, difficilmente dimenticabili.
Incredibile (in senso positivo) il rapporto clienti/camerieri che, in una sala abbastanza angusta, si aggirano come falchi tra i tavoli, ma in maniera più che discreta e senza mai essere invadenti. Una nota positiva della sala, diversamente dalla predisposizione dei tavolini, praticamente separati da pochi centimetri l’un l’altro.
Olive per cominciare e
un fantastico pane con intenso burro dalla consistenza cremosissima.
Come detto, la partenza è folgorante con l’Avocado, basilico e mandorle in un infuso ghiacciato di foglie di fico. Lo stordente inizio è soltanto apparentemente tale e lascia, ai successivi assaggi, il posto ad un gusto delicato e sorprendente. Geniale.
La seconda portata ci riporta sulla terra: halibut affumicato con sedano rapa marinato e uovo semi-bollito. Anche in questo caso mancano temperature. E’ forse il piatto più banale, pseudo nordico.
Il signature dish di Dabbous è il “Mash & Gravy”, rivisitazione di una tradizionale ricetta inglese, il purè con arrosto di tacchino. In questa versione il purè di patate viene alleggerito e presenta una consistenza cremosa perfetta, e il fondo di carne è concentratissimo. Bella idea che peserà, tuttavia, sulla pesantezza complessiva del pasto.
Piacevole il merluzzo grigliato (avvolto in un sottilissimo strato di legno) con un dressing di rape, cipolle e miele, anch’esso con un gusto molto inglese.
Dettaglio del condimento.
E del pesce.
Ottima l’oca arrosto con alghe fritte, misoE' un condimento di origine giapponese derivato dai semi della soia gialla, cui spesso vengono aggiunti cereali come orzo o riso, segale, grano saraceno o miglio. È diffuso in tutto l'estremo Oriente, soprattutto in Corea e Giappone, dove svolge un ruolo nutrizionale importante, essendo ricco di proteine, vitamine e minerali. Il miso funge da base per numerose ricette e zuppe... Leggi bianco e linfa di betulla, un particolare sciroppo estratto dalla betulla, usato nel Nord America. Gusto a metà strada tra la tradizione francese e quella cinese. Interessante.
L’intermezzo (pagato come supplemento al menu a 9£) è il toast con formaggio e tartufo nero. Goloso ma con un predominante profumo di aglio che sovrasta il resto.
Il pre-dessert è favoloso: rabarbaro candito dello Yorkshire con brodo di lavanda, foglie e semi di iceberg e olio di oliva. Intenso e rinfrescante.
Dal gusto diametralmente opposto il dessert, francesissimo: eclair con caramello e crema di banana. Decisamente impegnativo, a tratti stucchevole, sia nelle proporzioni, sia per il caramello che rende monocorde la portata.
Straordinarie le baby pesche verdi dal Giappone.
Uno dei ravvicinatissimi tavolini.
Ingresso.