Valutazione
Pregi
- Un ambiente moderno ma rilassato.
Difetti
- Qualche alto e basso di troppo dalla cucina.
L’insegna recita “La Brioschina, il fiore del Naviglio” e infatti l’acqua del canale pavese scorre a due passi, così vicino che neppure le solerti zanzare estive fanno mancare la loro inopportuna presenza nel bel dehors esterno.
A dispetto di quanto si possa pensare leggendo “Milano” nell’indirizzo, la zona è abbastanza tranquilla e defilata, all’estremo sud dei confini cittadini, tanto da riuscire a trovare un parcheggio senza il corredo di santini necessario mediamente per il resto della città. Probabilmente, di riflesso, quelli affini alla tranquillità sono sempre stati gli aggettivi calzanti allo stile di cucina della Brioschina, davvero uno tra i più pacati della zona, con una mano rassicurante e uno sguardo rivolto in direzione del classico e della tradizione, ma senza i paraocchi, anzi con la volontà di rileggerla in maniera dinamica.
Nonostante qualche alto e basso fisiologico, segnaliamo in questa visita qualche azzardo di troppo che rischia di mortificare il resto del lavoro, senza alcun tornaconto positivo: ad esempio, la dubbia qualità del tonno, che vanifica il piatto nella sua interezza o gli spaghetti “…alla Aimo e Nadia”, che il bistellato cittadino lo ricordano solamente nell’ambiziosa citazione.
Se è vero che questi piatti non ci hanno convinto, è altrettanto vero che, fortunatamente, la carta presenta proposte più riuscite. Il risotto ci ricorda, chiaramente in positivo, d’esser seduti ad una tavola lombarda: cotto al dente, ricco e ben mantecato. Sempre per rimanere sul classico meneghino, da segnalare una buona cotoletta con patate e scalogni, un po’ differente (e meno gradevole allo sguardo) nella panatura rispetto a quella tradizionale, ma certamente altrettanto ben fatta, gustosa e piacevole.
Nota di merito per l’ambiente luminoso, caldo e intimo nonostante lo stile moderno e per un servizio dall’impostazione elegante ma cordiale, rilassato e per nulla imbalsamato. Una piccola macchia invece sul servizio del vino, che viene versato ad un tavolino non in sala. Nel nostro caso, avendo ordinato una birra da 33cl, viene portato al tavolo solamente il calice, senza nemmeno mostrare la bottiglia.
Piccolo piacevole dettaglio, infine, è il pensiero del quale ogni commensale viene omaggiato direttamente dallo chef all’uscita: per la colazione dell’indomani, una brioche proveniente dal forno della panetteria accanto e della medesima proprietà del ristorante.
Pane, pizza e focaccia.
Il benvenuto, fiore di zucchina in pastella.
Questo sì è Aimo Style: piattino dell’olio, servito con chips di patate.
Battuta al coltello di manzo con scaglie di parmigiano.
Carpaccio di branzino e gambero rosso Sicilia, con verdure croccanti e olio al pepe rosa. Piatto semplice e lineare, si distingue per la buona qualità del branzino. Piccolo minus per il medesimo letto di verdure della battuta al coltello.
Risotto Carnaroli con rane e fiori di zucca. Eccellente nella realizzazione, magistrale.
Spaghetti di semola di grano duro con vongole e cipollotto stufato, alla Aimo e Nadia. Troppo ricco, eccesso di grassi, nota piccante fuori controllo.
Cotoletta alla milanese con patate arrosto e scalogni. Nulla da eccepire, molto buona.
Tonno scottato con taccole spadellate e uovo morbido. Il tonno della discordia: Houston abbiamo un problema…
Il Bicerin, servito freddo d’estate e caldo d’inverno.
I petit fours, con il caffé.
Il bel dehors esterno.