Hedone

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Mikael Jonsson ha avuto, nel 2011, un’idea folle: lasciare la carriera di avvocato per inseguire il suo sogno gourmet, fino ad allora alimentato attraverso i viaggi e il suo famoso (tra noi “addicted”) blog Gastroville. Ha scelto, quindi, Chiswick, sobborgo benestante del West London per creare il suo Hedone, probabilmente senza immaginare il dopo. Nessuna esperienza in una cucina professionale, mai gestito un ristorante, in una città fra le più competititive del mondo era davvero una bella scommessa.
Immediatamente la critica locale, e poco dopo la Michelin, l’hanno reso famoso fuori della cerchia ristretta che si aspettava di avere, facendone un piccolo “caso” e mettendolo nella difficoltà di gestire un successo inaspettato.
Difficoltà legata soprattutto alla maniacale attenzione alla materia prima che lo contraddistingue, non solo perché gourmet esigentissimo, ma perché affetto sin da piccolo da allergie alimentari. Per dire: dato che il suo pane di riferimento è quello di Alex Croquet e dato che non ha trovato nulla a Londra che gli si avvicinasse, ha pensato bene, sin dall’inizio, di farselo da solo (con risultati davvero eccellenti per la verità).
Al di là del fascino della storia, va detto subito con chiarezza che l’Hedone è un ottimo ristorante: tutt’altro che un neo bistrot (la cucina a vista è decisamente popolata di gente che si sa muovere e la sala è gestita con professionalità notevole), piuttosto un ristorante “neoclassico”, con una cucina millimetrica il cui unico limite, a voler essere pignoli, è nella mancanza di un’originalità assoluta.
Tutto però funziona a meraviglia: piatti molto belli, che esaltano una materia prima pescata senza paraocchi, dove c’è il meglio (la meravigliosa insalata di pomodori con gelato di yogurt e mostarda utilizza, naturalmente, prodotti siciliani e, alla faccia dei maniaci del chilometro zero, è un piatto che avremmo davvero amato trovare in un ristorante italiano).
Una bella sequenza, quella del menù degustazione, pesce o carne che sia, persino le paste fresche senza errori: un fuoco di fila molto pensato, da cui si capisce passione, conoscenza di quello che succede in giro e cultura gastronomica.
Un piatto emblematico è il piccione con variazione di barbabietola: cottura davvero per gourmet, a meno che non gli si chieda di cucinarlo di più rovinandolo (nel suo blog lo chef si lamenta di quanto spesso gli chiedano la sua splendida sirloin steak “well done”), salsa tirata alla perfezione, verdura d’accompagnamento declinata in praticamente tutti i modi possibili.
Ricca di chicche e prezzata in maniera molto corretta a queste latitudini la carta dei vini, piena di proposte anche al bicchiere (per noi un Pinot Blanc di Josmeyer che seguiva con successo soprattutto la prima parte del pranzo).
Altra nota di merito: i prezzi a pranzo sono davvero convenienti. Un menù degustazione di 7 porzioni più coccole a 55 pound è un ottimo affare.

Il pane nella sua declinazione “bianca”. Buonissimo, come anche in quella “nera”.

Ostriche di Cornovaglia con mela Granny Smith e scalogno: materia prima da urlo e combinazione a prova d’errore.

Cappasanta con i suoi succhi e alghe: di intensità rara il succo di cottura, “rinforzato” con alga nori.

Pomodori medterranei, sorbetto di yogurt, aneto e mostarda d’Orléans, di freschezza davvero mediterranea.

Ravioli con ripieno liquido di parmigiano con consommeé di cipolla, pancetta e spuma di rafano: pasta impeccabile, ripieno “ficcante”, leggerissimo il tocco del rafano.

Coscia e petto di piccione con variazione di rapa rossa.

Blanc manger di mandorla e albicocca: scolastico ma ben fatto.

Cioccolato caldo, polvere di ribes, gelatina di passion fruit e gelato alla vaniglia: un dolce forse non da pasticciere, ma davvero riuscito.

Chiusura dolce perfettibile (il macaron un po’ duro).

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Roberto Bellomo

Ingegnere, con la coerenza che gli è propria si occupa da una vita di risorse umane. La cucina è una delle sue poche passioni durature e l'alibi per viaggiare il più spesso possibile. Ama la Francia, dove ha vissuto per un po' e pensa che invecchierà , i paesi baschi e, soprattutto, la Scandinavia.

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