La Rimessa

VALUTAZIONE

Cucina Classica

13/20

PREGI
DIFETTI

520

Chiunque abbia avuto modo di confrontarsi con la realtà del triangolo Monza-Como-Lecco sa alla perfezione quanto il cliché del Cumenda calzi a pennello ad un buon numero di personaggi locali. Per una qualche ragione, però, molti brianzoli benestanti sembrano assai più propensi ad attingere alle loro fortune per vetture e altri generi di lusso che per una buona cena, creando il paradosso di una zona molto agiata dalla quale la grande ristorazione, intesa in senso moderno, si tiene a debita distanza. Negli ultimi tre-quattro anni tuttavia qualcosa si è mosso, andando perlomeno a tappare la falla del livello medio-alto (vista dal nostro esigente punto di vista, ovviamente): nessuno però, e ci sentiamo di comprendere la scelta, visti la zona ed il periodo difficile, ha avuto ancora l’ardire di avanzare un passo ancora in avanti.
Al novero delle buone realtà locali si è di recente aggiunto La Rimessa, locale passato recentemente dalla mani della storica gestione a quelle più giovani e bramose di gloria di Stefano Ierardi e Francesco Palumbo. Se quest’ultimo gestisce la sala con la professionalità ed il savoir faire già ampiamente notati sia da Cracco che da Sadler, Ierardi si è formato soprattutto dal secondo fra i due giganti milanesi della ristorazione, portando in dote una cucina in cui la modernità si sposa con un’opulenza che ci sembra perfetta per fidelizzare anche la clientela brianzola.
Fra intriganti richiami locali che non tralasciano di toccare il must della cotoletta (servita in cubi che però, ahinoi, soffrono di una certa ossidazione e con pleonastici pomodorini) e spunti di creatività controllata, il menù si muove fra materie prime di qualità, qualche idea già convincente ed altre ancora in crescita, senza cadute ma con una generale idea di work in progress che si giustifica ampiamente con la recente apertura e una brigata di cucina ancora in fieri.
Trascurando le considerazioni sui dolci, penalizzati dalla temporanea assenza di un pasticcere, ci troviamo senza dubbio davanti ad una tavola di potenziale qualità, a un ristorante su cui fare affidamento tanto per  progressi immediati quanto, in una prospettiva di medio termine, a candidarsi ad una crescita importante che tuttavia dovrà passare per una strutturazione solida del personale e soprattutto per la conferma del successo che, in questa prima fase, sembra premiare questi due coraggiosi ragazzi.
La valutazione è pertanto da considerarsi in evoluzione, ci auguriamo, nel’arco di poco tempo. Passeremo comunque a strettissimo giro di posta a verificare miglioramenti e consolidamenti che riteniamo di attenderci come assai prossimi.

Stuzzichino iniziale: crema fredda di pomodoro e salva impanato (che avremmo apprezzato meglio se in temperatura).
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Code di gambero con panzanella di farro in salsa saporita all’aceto balsamico.
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Meno confusa di quanto potrebbe sembrare la carne celtica di Marco d’Oggiono con mozzarella di bufala ed ananas.
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Sardine, salsiccia di vitello e cicerchie affumicate. Sapidità molto al limite in un piatto nel complesso convincente.
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Frittura ineccepibile per i fiori di zucca, ripieni di ricotta di bufala e serviti su una passatina di pomodoro.
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Assai ghiotti i Ravioli di pasta fresca al timo ripieni di burrata di Andria con crema di zucchine.
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Dalla sapidità inevitabilmente pronunciata ma ben controllata gli spaghetti alla chitarra di pane ai 5 cereali aglio, olio e misultin lariano.
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Un classico per tutti: tagliata di manzo al tartufo nero con spinaci e patate.
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Cubi di vitello alla milanese al pane panko con pomodori al basilico.
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Ottima materia prima e mediterraneità tutta sadleriana nelle Seppie in padella alla mediterranea con pinoli e terrina di pomodori.
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Selezione di formaggi.
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Pochi spunti dai dessert, inferiori al livello complessivo della cena. Piuttosto anonimo Croccantino di nocciole con gelato alla crema in crosta di cioccolato e fragole…
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..mentre va meglio (ma ci attendevamo qualcosa di più divertente) con il Semifreddo al Mojito e carpaccio d’ananas.
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Mottarello alla pesca e granita d’anguria.
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I vini della serata: il primo decisamente troppo giovane…
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…ed il secondo invece in piena forma (ma con ancora un potenziale non trascurabile)
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Carlo Cappelletti

Di professione musicista, le ascendenze marchigiane e la passione bruciante per la buona tavola lo collocano idealmente nel solco tracciato dal padre di tutti i musicisti gourmet, Gioacchino Rossini. Amante del Friuli e delle cucine con un'identità territoriale molto forte, l'unico ingrediente che teme, sedendosi al tavolo di un ristorante, è Giovanni Allevi come sottofondo.

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