Valutazione
Pregi
- La cantina piccola ma con qualche buona bottiglia a ottimi prezzi
Difetti
- L'ambiente anonimo
Qui su l’arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null’altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti.
Da Morbegno in effetti il Vesuvio non si vede anche se, appena imboccata la SS 36 verso casa, un cartello ci incoraggia a proseguire verso Sud ricordando diligentemente come Roma sia a soli 650 chilometri. L’eco dei versi della leopardiana ginestra rimbalza nella mente mentre cerchiamo di capire come possa nascere, in un territorio dove la cucina tradizionale la fa da dominatrice ancor più che da padrona, un fiore come Compagnia delle Osterie. Al ristorante si accede da un angusto ingresso attraverso una scala che nulla promette, e ciò che s’incontra una volta arrivati al primo piano è deliziosamente ordinario: nulla lascia presagire alcunché di minimamente differente da ciò che si trova su molte banali tavole dove un pizzocchero appena rivisitato, ossia non naufragante in un oceano di burro fuso, è spesso il più alto dei conseguimenti.
La sorpresa giunge invece al momento giusto, ovvero all’arrivo dei piatti in tavola. Daniele Pennati, enfant du pays in quell’età dove sei un giovane, ma solo in Italia, sorprende con preparazioni che per concezione, presentazione e gusto ci catapultano in un istante nel bel mezzo di un bistrotBistrot o Bistrò. Piccolo locale tradizionale francese che offre un servizio simile all'osteria italiana. La crescita esponenziale di locali di avanguardia in formato Bistrot (negli anni 2000), prima in Francia come risposta all'alta cucina da Hotellerie e poi in tutta Europa, ha segnato un vero e proprio 'movimento' gastronomico associabile al termine "Bistronomia", da cui deriva l'aggettivo 'Bistronomico' (usato dagli... Leggi parigino. Nettezza di sapori, cotture precise, materie prime povere sono i tratti distintivi di questa cucina che riesce a mantenere un occhio anche sulle quantità, ché Morbegno non è esattamente la Ville Lumière.
In coerenza con un’offerta dal rapporto qualità prezzo commovente, Pennati non butta via nulla: in carta quindi accanto al buon pollo ficatum, servito con sedano rapa, cipolla bianca, cappuccio e patate, fanno capolino le linguine al cibreo, in una versione in verità non troppo hardcore (niente creste e bargigli ma solo interiora) dove la componente vegetale emerge in modo inatteso e dove il lattico del formaggio va a rendere piuttosto gentile un piatto da cui ci saremmo attesi maggior virilità e sensazioni più di aia che di campo.
Notevoli anche le altre portate di carne, tanto il coniglio fra i piatti principali quanto il colombo, secondo mascherato da antipasto, con le carni del volatile che vedono le proprie note ematiche rafforzate e contrastate rispettivamente dalla rapa rossa e dal radicchio tardivo, e le frattaglie a rendere ancor più ghiotta la preparazione.
Convince meno invece la bottatrice, servita con mele ed aceto di mele. con l’aggiunta non dichiarata di un miele Millefiori che dovrebbe moderare l’acidità e finisce invece per prevalere, vanificando un ottimo prodotto cotto al meglio.
La mano di Pennati, come Fausto Coppi uomo solo al comando di questa cucina, si conferma sul versante dolce con dessert di pregevole fattura, a partire da una sostanziosa tarte tatin con crema alle fave tonka per atterrare sull’ottimo Castagne, marroni e frutto della passione, arricchito da deliziose meringhette alla rapa rossa.
Meno esaltante nel risultato finale invece risulta La colazione dei campioni, spuma al cioccolato bianco, salsa di arance e yogurt con muesli maison, con il cioccolato relegato a figura sfocata sullo sfondo (su questo ci è parsa pesare anche una tipologia d’arancia molto amara).
Sarà molto probabilmente la risposta del pubblico a determinare i destini di questa cucina, cui potremmo presto cambiar la prudenziale valutazione (e, verosimilmente, anche il colore) in caso il successo incoraggiasse le tendenze più creative dello chef, con la speranza che la popolazione locale, che vista l’ubicazione non potrà che essere l’ago della bilancia per i destini di questo ristorante, dia linfa e coraggio a questi ragazzi.
L’entrata offerta (nonostante la vocazione bistrot qui non manca nulla dei piccoli vizi cui siamo abituati): crema di mais, cremoso di ricotta, rosmarino (tanto) e olio di olive taggiasche.
Bottatrice, mele ed aceto di mele.
Colombo, rapa rossa e radicchio tardivo.
Linguine al cibreo.
Coniglio, pure’ di patate, carote, spinacio e olio al timo.
Pollo ficatum, sedano rapa, cipolla bianca e cappuccio.
Predessert: gin tonic analcolico che sarebbe perfetto con due gradi di meno a tenere a freno la genziana.
Castagne, marroni e frutto della passione.
Tatin di mela e crema alle fave tonka.
La colazione dei campioni…
…accompagnata dal muesli.
Chiacchiere.
Pane basico ma discreto e leggero.
Bravo Carlo, al solito.
prezzo incredibile per il lavoro di preparazione...
Ritornato dopo essere stato in cucine prestigiose sparse per il mondo.
Bella segnalazione, bravo Carlo!