Antica Osteria del Ponte

VALUTAZIONE

Cucina Classica

15/20

PREGI
Un luogo storico, un conto abbordabile.
DIFETTI
I vini proposti al calice, non all’altezza della cucina.

Il ritorno di Fabio Barbaglini alla Cassinetta di Lugagnano (dalla Cassolette alla Cassinette, strano Karma quello di Fabio) non può essere semplicemente protocollato come cambio di chef. Non è possibile in primis per l’importanza del ristorante in questione, che grazie ad Ezio e Renata Santin fu fra i pochi a reggere il vessillo dell’alta cucina in Italia quando in TV a tenere banco non era Masterchef ma Mike con le sue minestrine in busta (non che in generale il panorama televisivo sia migliorato, anzi..). Non è possibile inoltre per la bravura dello chef in questione, ammirata dapprima a Trecate e poi lassù fra le nevi valdostane. Non è possibile, soprattutto, per il romanticismo che contraddistingue i ritorni: l’allievo che ritorna da erede è un’immagine certamente non nuova ma sempre affascinante.

Se da un lato è difficile restare indifferenti davanti alla crepinette di capretto alle mandorle in copertina, pescata da una piccola lista di classici ordinabili solo à la carte e sostenuta da un fondo che grida, anzi sussurra, una sola parola: classe, non si riesce neppure ad ignorare a lungo che i ricordi sedimentati negli anni riguardo alla cucina di Barbaglini ci riportano a piatti netti, affilati, quasi aforistici per concezione, mentre ora la realtà è un po’ diversa.
Qui è il racconto a prevalere, il comfort della cucina di campagna che Fabio addomestica in parte al proprio stile giocando a ridurre vini, liquori ed aceti. Il divertimento regge il tempo delle prime portate finendo però per risultare ripetitivo, soprattutto quando lo ritroviamo perfino nella pralineria conclusiva.

I piatti sono generalmente, e non potrebbe essere altrimenti, molto ben eseguiti, al netto di qualche sbavatura: un risotto un po’ avanti di cottura e un pollo di cascina anch’esso lasciato in balia del calore un momento di troppo (nello stesso troviamo inoltre una non gradevole traccia alcolica residua) sono gli indicatori di una cucina che deve trovare una costanza di rendimento che alla luce delle due visite effettuate in questi primi quattro mesi di apertura ci pare obiettivo non ancora conseguito.

Naturalmente, vista la proposta in carta, acquistabile a cifre ragionevoli grazie alla conveniente formula del carta-menù (2 piatti a pranzo 42 euro, la sera 60 euro per tre piatti a scelta e 80 per un pokerissimo a discrezione dello chef) ci pare chiaro che le ambizioni attuali di questo luogo siano quelle di realizzare una ottima cucina in un ristorante di campagna. E’ tuttavia lecito ed auspicabile attendersi qualcosa in più  considerati il blasone e la caratura di chi c’è dietro ai fornelli, per cui torneremo a breve per un riscontro.

Ineccepibile il foie gras d’anatra alle spezie dolci con crema fredda di fichi, foglie di levistico ed erbe.

Filetto di coniglio all’uva con pane al pepe e alghe, sciroppo allo zenzero e cipolline all’aceto di mele. Cottura perfetta ed abbinamento rischioso quanto azzeccato.

Riso all’aglio, animelle e riduzione di Sauternes. Qui sia la riduzione che gli insidiosi ingredienti sono tenuti a bada con la bacchetta magica. Peccato per la cottura (la mantecatura poco all’onda mi da invece l’idea di essere una scelta appropriata per non far “azzuppare” troppo le animelle-d’altronde è un riso, non un risotto).

Pollo di cascina, spugnole e riduzione di Banyuls con prugne all’aceto di more e paté chiarificato del suo fegato.

Predessert a tutta birra!

Acqua e cioccolato con crema al burro salato e moka, caffè colante e croccante di noci, vario ed intrigante.

Più che un dessert un trattato (un po’ confuso) sull’acidità: Gelée di mela al limone candito, meringa bruciata e composta di ananas, zenzero e melissa.

Il migliore fra i dolci provati, pensiero ad alta voce della mia signora raccolto dal maitre ed apparso magicamente a tavola in qualità di omaggio: Fichi al Recioto con crema di capra, croccante ai semi di papavero e limoncina.

Due le entrate offerte: terrina d’oca.

ed uovo al Campari (credo, non ci metterei la mano sul fuoco).

 

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4 Comments

  1. jpjpjp ha detto:

    tra quanto la prima stella?

  2. Tito ha detto:

    Cio Carlo, come sempre, bella recensione. Mi sfugge però il senso che attribuisci alle espressioni “cucina di campagna” e “ristorante di campagna”.

    • Carlo (TBFKAA) ha detto:

      Caro Tito, innanzitutto grazie per i complimenti.
      Il senso di queste espressioni è da ricercarsi in una cucina più confortevole che avanguardistica, più agreste che ittica, organizzata in un percorso a lunghe campate, senza infiniti menù, per un rito più simile al pranzo della domenica che alla liturgia del ristorante moderno.

  3. Tito ha detto:

    ok. chiarissimo e condivisibile.

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VALUTAZIONE

Cucina Classica

15/20

PREGI
Un luogo storico, un conto abbordabile.
DIFETTI
I vini proposti al calice, non all’altezza della cucina.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menù 42€ (pranzo), 60€ e 80€.

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