Aida, Chef Koji Aida, Paris (F), Norbert

VALUTAZIONE

Cucina Classica

18/20

PREGI
DIFETTI

Recensione Ristorante

La grazia e l’autentico calore, trasmesso attraverso il distillato dell’arte secolare dell’accoglienza, in Giappone sono legge inderogabile.
Un paese dove la forma è sostanza e il benessere dell’ospite diventa chiara soddisfazione personale.
Viene da fantasticare su cosa debba essere fare un’esperienza in qualche grande tempio gastronomico del sol levante.
Tali pensieri mi hanno accompagnato sin dall’arrivo in questa bomboniera di cucina Teppanyaki nel cuore del 7° arrondissement dove si è accolti dal sorriso, evidentemente sincero, che le due cameriere, ai miei occhi, senza esagerazione, vere e proprie sacerdotesse di un culto per noi occidentali misterioso, sfodereranno per tutta la durata della cena in questo minuscola enclave orientale del bon vivre dando sempre l’impressione che servire, gioiosamente, sia un assoluto privilegio piuttosto che una professione.
Niente carta, un solo menù a 160 euro e la possibilità di scegliere i vini e il sakè.
Nove posti intorno al comptoir dove, davanti agli occhi, si materializzeranno le piccole opere d’arte che Koji Aida e il suo abilissimo secondo prepareranno davanti a voi e saranno porte, con delicatezza e deferenza degne di un re, al vostro cospetto.
Per chi volesse concentrarsi sugli amici o in un tete a tete romantico sono presenti anche tre tavolini ed una saletta minima, il washitsu, dove mangiare appartati.
Io, però, consiglio vivamente di sedersi al bancone e vedere le meraviglie che possono essere realizzate alla piastra giapponese con una tecnica la cui armonia e garbo mi hanno letteralmente ammaliato.
Vedere, ad esempio, come una semplice foglia di spinaci possa venire, con devota scrupolosità e perizia da prestigiatore, accarezzata, saltata nella salsa di soia o con un filo di burro chiarificato, compattata e, infine, servita mi è sembrato uno spettacolo nello spettacolo.
Si, perché, poi, l’altro spettacolo è gustare queste delizie che vengono religiosamente somministrate e scoprirsi quasi sorpresi di tanto sapore quasi che il bello e il buono non possano andare a braccetto.
Un granchio scottato, manipolato, speziato, e ricompattato alla perfezione in una sfera servita in un brodo di kombu e verdure rimarrà a lungo nella mia memoria, come pure il dashi di funghi shiitake, astice e uovo pochè.
Ma citare una portata piuttosto che un’altra mi sembra fuori luogo perché ogni preparazione è accurata, finita in sè, e messaggera di una cultura che fa dell’essenziale il proprio stile.
La sensazione che tutto sia come deve essere, nulla di più, nulla di meno, traspare evidente per tutta la durata del pasto.
I grassi sono, poi, a corollario di tale concezione della cucina, ridotti al minimo sindacale col risultato di una leggerezza posprandiale davvero encomiabile.
Alla fine del viaggio ci si sente subito orfani del tempo passato in questo nobile spaccato di civiltà giapponese del quale si vorrebbe approfondire senz’altro la conoscenza.

mise en place

Uovo affumicato in zuppa di alghe.

bourgogne 2010 di Boillot

Tartare di vitello e ostriche con gelatina di ponzu ed erba cipollina.

Spinaci saltati nel burro, abalone saltato nella soia, salsa a base di fegato di abalone.

Asparagi e bonito essiccato.

Gelatina di aceto di riso con gombo.

Sashimi di spigola, riccio di mare, capasanta, orata con la sua pelle, daikon e wasabi.

Bourgogne 2009 Pierre Boisson

Sushi di tonno bianco con wasabi e zenzero.

Granchio saltato in zuppa di alghe.

Gelatina di dashi con funghi shiitake, astice bretone e uovo pochè.

Gevrey chambertin “Champerrier” 2008 di Perrot Minot

Insalata con pinoli.

Chateaubriand di beef del Limousine con cipolle, funghi e aglio fritto.

Chambolle-Musigny vieilles vignes 2004 Perrot-Minot

Riso saltato con astice, le uova e il suo fegato, zuppa di miso con tofu, cetrioli e cavolo.

Sorbetto allo zucchero nero e zenzero fritto.

Gelato di fagioli in sfoglia di agar.

Petit fours

Ampia scelta di ciotole per il sakè

Il maestro all’opera.

Spinaci….

Per chi preferisce l’intimità.

il pregio: L’esplorazione di un mondo gastronomico oltremodo affascinante.
il difetto: L’impazienza di ritornarci.

Aida restaurant
Rue pierre Leroux 1 Paris
Tel +33(0)143061418
Menù degustazione 160 euro.

www.aidaparis.com

Visitato nel mese di Aprile 2012


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Norbert

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10 Comments

  1. Gourmettino ha detto:

    “Ma citare una portata piuttosto che un’altra mi sembra fuori luogo perché ogni preparazione è accurata, finita in sè, e messaggera di una cultura che fa dell’essenziale il proprio stile”….e l’essenziale è invisibile agli occhi 🙂

    Ancora un’ottima recensione anche se (dall’alto della mia ignoranza) 160€ preferirei spenderli in altri ristoranti,ma un giretto me lo farei 🙂

  2. Francesco ha detto:

    Andrebbe puntualizzato come la tartarre di vitello e ostriche è un piatto delle chef Shinichi Sato (Passage 53) ed ex-Aida.

    Per il resto una piacevole esperienza gastronomica.

  3. Presidente ha detto:

    Dell’ottimo Passage 53 e di Mr. Sato parlammo molto bene già nel 2009, prima della prima stella.
    Non abbiamo certezza del fatto che il piatto sia nato qui e sia stato poi portato lì o il contrario e di chi ne sia l’autore, ma se ne sei certo ne prendiamo atto.
    A presto.

    • Francesco ha detto:

      Chi conosce la storia del sig. Sato ricorda bene questo suo piatto, folgorante metafora di una cucina franco-nipponica. Inutile dire che la versione “originale” è inarrivabile; vi segnalo, invece, che recentemente sono stati introdotti alcuni cambiamenti stilistici davvero gradevoli.

      Vi consiglio una nuova visita ad uno dei migliori bistellati parigini.

  4. andrea ha detto:

    Nei 160 euro sono inclusi i vini?

  5. Norbert ha detto:

    No.
    Sono 160 euro esclusi vini.

  6. Giovanni Lagnese ha detto:

    Molto interessante.
    Io a Tokyo ci sono stato, e quelli che ho provato sono stati fra il 17 e il 18. Se quindi i nostri rispettivi voti non sono completamente starati, questo Aida dovrebbe essere al livello dei top anche di Tokyo.

    • Giovanni Lagnese ha detto:

      Da 18, a mio avviso, anche Urasawa di Beverly Hills. Insomma, questo Aida dovrebbe essere nell’empireo dei giapponesi mondiali, in Occidente e non.

      • alberto cauzzi ha detto:

        Da Urasawa sarò il 3 luglio a cena Giovanni. sono molto curioso ed intrigato dalla mia cena

        • Giovanni Lagnese ha detto:

          Non è estremo come i giapponesi del Giappone. Diciamo che è sulla linea di Koju: si intuisce un certo “addomesticamento” al trascendentale occidentale. Eh sì, perché occidentali e orientali, al di là delle ben note differenze interne alle due macrocategorie, hanno proprio un “trascendentale palatale” differente. Ad esempio, cioè che per noi è neutro, “trasparente”, tipo spaghetti cotti in acqua moderatamente salata, per loro non lo è. Mentre le “basi” che per le loro cucine sono neutre e “trasparenti”, per noi non lo sono. E questo si vede anche ai livelli più bassi: basti pensare anche all’odore che si fa in aereo quando portano i pasti orientali… Il punto è che il nostro neutro è diverso dal loro neutro.
          Ovviamente, Urasawa è assolutamente… occidentale.

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