Faro di Capo d’Orso, Pierfranco Ferrara . Maiori (SA) di Norbert

VALUTAZIONE

Cucina Classica

15/20

PREGI
DIFETTI

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Recensione ristorante.

Probabilmente è la più bella location d’Italia.
La mia constatazione è stata repentinamente avallata dall’amico Fabio Fiorillo che, da buon commensale, ha contribuito alla stesura della scheda.
Entrare nella bomboniera del Faro di Capo d’Orso in una bella giornata di sole, ma anche no, rinfranca il cuore e lo spirito predisponendo l’avventore ad un indiscutibile stato di benessere.

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La sala con pareti in pietra, modaiola finestra sulla cucina, ampie vetrate ad omaggiare la natura circostante, pavimento in maioliche di Vietri del colore del cielo e del mare quasi simboleggia un loro ideale continuum.
Il servizio è governato da Pio Ferrara con garbo e bonomia e, per tutto il pasto, sarà attento e puntuale. La cantina presenta, con ricarichi accettabili, un’ampia panoramica nazionale, mentre è decisamente meno ricca e variegata l’offerta straniera, Francia compresa.
La nostra scelta: Ribolla gialla di Miani 2006 (65 euro): grande prodotto di un grande produttore.
Dalla cucina arriva, quale gentile omaggio, un onesto calzoncello fritto ricotta e limone ed una buona tartare d’astice (invero tiepida) con mango.
Il menu, ancora di stampo invernale (pochi giorni dopo sarebbe stato sostituito da quello primaverile), non offre grandissima scelta, 4 gli antipasti, così come i primi ed i secondi, con un solo piatto di carne. Ridimensionate anche le proposte guidate (quattro portate e 65 euro), ma il degustazione “lungo” e creativo (usualmente proposto a 120 e più euro), con la penuria di clienti che questo angolo di paradiso offre nella “brutta stagione” non avrebbe, probabilmente, avuto molti consensi.

Pre-antipasti.

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L’impressione che avevamo avuto nelle nostre precedenti esperienze, di qualche “eccesso” nelle preparazioni, è stata pienamente confermata nella nostra ultima visita.
La tecnica è perfetta e le cotture sono millimetriche nella quasi totalità delle proposte, ma non si può non notare uno o due ingredienti di troppo, aggiunti qua e là, quasi per dare un’impronta personale alla cucina per distaccarsi dalla omologata ristorazione della Costiera.
La zuppetta di lenticchie, triglie scottate bardate con guanciale, costina di maiale confit e fior di latte ne è un esempio.

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Consistenze da manuale: i componenti presi singolarmente sono straordinari, ma un certo barocchismo di ritorno pervade il piatto ed appesantisce anzichè alleggerire lo spirito mediterraneo che dovrebbe caratterizzare questo tipo di cucina (lo chef si è fatto le ossa in Francia ma deve averne mutuato un malinteso senso compositivo dei piatti). E così per esempio la costina, pur squisita, ci sembra pleonastica rispetto alla delicata triglia già degnamente a braccetto con la bardatura e la zuppa.
Analogamente,anche se in misura minore,la tarte tiepida d’astice, carciofi, gamberi, mozzarella e tartufo nero risente di tale impostazione. “Tanta roba”, di ineccepibile qualità, ma in equilibrio precario.

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Il risotto carnaroli è ben mantecato con fagioli cannellini, cozze, ricotta di bufala, totano nero e scampi. L’accoppiata fagioli-cozze è rustica per definizione, lo stile, anche nella presentazione, non cambia. La composizione prevede che i tranci di due significativi totani siano riempiti di riso. La mancanza di contrasti(e la quantità) lo rende un po’ monotematico.

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Decisamente più equilibrati i golosi spaghettoni di Gragnano, polpetti affogati, gherigli di noci, peperoncino piccante e limone candito. L’agrume compie egregiamente il suo lavoro di contraltare della grassezza del cefalopode con il risultato che si gode davvero.

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Le linguine agli scampi,vongole e seppie con cavolfiore e tartufo nero sono molto buone, notevole l’amalgama tra i vari ingredienti.

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I secondi, seppur “viziati” dalle ridondanze di cui sopra, sono interessanti:
La ricciola cotta in tegame,con totanetti, patate, pomodorini canditi, gamberi, seppie, olive di Ferrandina, capperi e cozze(e chi più ne ha più ne metta) ed il dentice dolcemente scottato in padella con guanciale e salsa di broccoletti al limone,calamari e mozzarella di bufala (ennesimo abbinamento mare-latte).

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Il fil rouge del nostro pranzo è stato senza dubbio la selezione della materia prima, da primato.
Dopo un notevole carpaccio d’ananas marinato con lime, basilico pepe e vaniglia che prepara con piacevole efficacia al reparto dolce, assaggiamo un’ottima sfogliata alla ricotta e cannella con salsa al cioccolato,un buono ma meno riuscito tronchetto al cioccolato bianco con sfusato amalfitano e tuile al pistacchio ed un cremoso di fragola, cioccolato bianco e salsa al basilico, dove lo scrigno di cioccolato è fin troppo tenace.

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L’unica vera critica che, come avrete inteso, si può muovere a Pierfranco Ferrara è la ricerca di stupire in ogni sua creazione, sia con la cura estetica delle presentazioni, alcune davvero riuscite , sia con la sovrabbondanza di ingredienti, quasi a riprodurre sovrastrutture gustative non sempre piacevoli.
Quando in cucina comprenderanno che la via maestra da seguire è quella dell’essenzialità, di questo gioiello della costa amalfitana, siam sicuri, se ne parlerà tanto.

il pregio : Una posizione di incomparabile bellezza.

il difetto : Lo stile un pò barocco

Ristorante Il Faro di Capo d’Orso
Via D.Taiani 48
Maiori(SA)
Tel (+39) 089 877022
Chiuso il martedì e fino a marzo anche il mercoledì.
Menù degustazione: 65 euro (120 euro per un percorso più completo nella stagione estiva)
Alla carta circa 80 euro

http://www.ilfarodicapodorso.it/

Visitato nel mese di Marzo 2010

Visualizzazione ingrandita della mappa

Norbert

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18 Comments

  1. Giampiero Prozzo ha detto:

    Quoto in toto la recensione. Grandissima cura nell’impiattamento e cotture sempre perfette. Pensate che le esperienze francesi dello chef siano rilevabili da qualcosa?
    L’unico cosa da cui dissento è sulla palma della location che secondo me ha dovuto cedere al “Relais blu”.

    • fabio fiorillo ha detto:

      Penso che le esperienze francesi abbiano instillato nello chef il senso di rispetto della materia prima; e lo si nota sia con la selezione delle stesse che con ineccepibili cotture.

      Purtroppo, credo, come è stato stigmatizzato nella scheda, che Ferrara abbia assimiliato, errando, anche una distorta concezione dell’assemblaggio dei piatti.
      In ogni preparazione ci sono sempre “troppi” ingredienti, a volte davvero superflui.

      Il Relais Blu è indubbiamente un’altra location di grande fascino, ma, sarò di parte, la Costiera Amalfitana offre diverse e più intense suggestioni.

  2. franco francese ha detto:

    pure il san pietro non pare una schifezza di location.

    • norbert ha detto:

      In effetti di ristoranti di fascino c’è l’imbarazzo della scelta sulle due costiere.
      Anche il Rossellinis non è malaccio….

  3. velavale ha detto:

    in effetti dalle foto si sente un pò la necessità di sotrrarre qualche cosa
    pur non avendovi mai cenato e quindi con tutto il rispeto dell’altrui lavoro.

  4. Giovanni Lagnese ha detto:

    Non credo che “la via maestra da seguire è quella dell’essenzialità”. Penso sia semplicemente UNA via. Non l’unica.
    Anche la complessità può essere molto interessante.

    Giovanni

    • Giovanni Lagnese ha detto:

      Tra l’altro, in base alle mie due visite al Faro di Capo d’Orso, devo dire che il vero “difetto” non mi sembra essere la complessità. Anzi. Il vero difetto mi sembra piuttosto la poetica un po’ borghese, la mancanza di vere provocazioni al palato.

      Giovanni

    • Giovanni Lagnese ha detto:

      E oggi, parliamoci chiaro, è probabilmente più originale una cucina “complessa” di una cucina minimalista, in linea di massima.

      Giovanni

    • Giovanni Lagnese ha detto:

      Detto questo, posso dire che condivido il 15 assegnato da Norbert.

      Giovanni

    • fabio fiorillo ha detto:

      per essenzialità non intendo minimalismo, nè privazionismo ma la ricerca del “giusto necessario” che, beninteso, nelle ricette più complesse, può voler dire anche 10 o più ingredienti differenti.

  5. ludiosa ha detto:

    Il faro di capodorso, è una delle più belle realtà della campania, ci sono stato diverse volte, anche se è vero che la cucina ostenta molta ricerca, non sbagliano mai un colpo.
    Continuate così.

  6. Simone Ricci ha detto:

    @giovanni lagnese
    “la mancanza di vere provocazioni al palato”

    cosa è una provocazione al palato?
    mangiare cacca?

    • Giovanni Lagnese ha detto:

      Mannò.
      È ciò che fa cambiare i presupposti del tuo modo di vedere (nello specifico, di degustare) le cose.
      Vedi decostruzionismo di Adrià (che non è decostruzione di piatti, ma decostruzione di approcci).

      Giovanni

  7. Il Guardiano del Faro ha detto:

    Certi assolutismi mi hanno stancato, come leggo anche qui, e non credo che anche uno Splendido a Portofino o un Serbelloni a Bellagio possano soffrire paragoni.

    • norbert ha detto:

      Probabilmente significa secondo la nostra modesta opinione.
      E comunque qui stiamo parlando di una buona tavola unita ad un magnifico panorama.
      Non so gli altri.

    • fabio fiorillo ha detto:

      nessun assolutismo Roberto, e il “probabilmente” sta lì a testimoniarlo.

      Certo che paragonare il lago di Como alla Costiera Amalfitana…

      De gustibus

    • Giovanni Lagnese ha detto:

      Si vede che tu non ci sei mai stato, guardià…

      Giovanni

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