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Rear

La cucina versatile del giovane Iazzetta

Rear è un’interessante tappa gourmet alle porte di Nola, cittadina commerciale poco distante dal capoluogo campano, che si distingue per la buona e varia offerta gastronomica oltre che per aver dato i natali a Giordano Bruno. Ci troviamo all’interno del polo del gusto RO World che ospita, oltre al ristorante, anche una caffetteria con annessa pasticceria e un originale ristorante giapponese di cui si è già raccontato. I fornelli del Rear sono da pochi mesi nelle mani di Salvatore Iazzetta, classe ’93, formatosi alla corte di Iannotti in quel di Krèsios e subentrato a Francesco Franzese, di cui era il braccio destro.

La sua è una cucina solida e diretta, eseguita con un’ottima tecnica: le sue creazioni prendono spunto dai tradizionali sapori campani che sono spesso accostati a materie prime pregiate, il tutto con un occhio attento alla leggerezza e alla godibilità del piatto nel complesso.

Materie prime pregiate e sapori veraci

Alcuni esempi sono la Tortiera di alici (crude) dalle nuance delicate e la Pasta militare al king Crab, ovvero dei tubettoni cotti a regola d’arte nel fondo del crostaceo con una salsa di ostriche e Champagne ad apportare freschezza e acidità. Un piccolo capolavoro è il Carciofo reinterpretato da Iazzetta, sempre più ingrediente feticcio dell’alta cucina, in questa versione cotto al vapore e servito con una leggera affumicatura per ricordare le braci su cui tradizionalmente viene cucinato; di fianco una piccola e saporitissima polpettina di maiale. Sulla brace, quella vera, è invece cotto il Filetto di cervo con funghi e zucca in una versione classica e succulenta. Ma da Rear esiste anche una selezione di street food rivisti ovviamente in chiave gourmet su cui spicca un Lobster roll davvero goloso. La carta offre anche la possibilità di scegliere molluschi e crostacei al naturale oppure da cucinare in maniera classica alla brace o con la pasta. Si chiude con un etereo Sufflè di castagna eseguito alla perfezione.

Il locale è moderno spazioso e arredato con classe, il servizio puntuale e disponibile oltre che prodigo di attenzioni. La carta dei vini è vasta e ben assortita, anche con referenze estere, oltre a vantare anche un’interessante carta delle acque minerali. Rear è un locale che si discosta per certi versi dalla classica meta gourmet, e per questo riesce ad accontentare una clientela variegata, mantenendo uno standard elevato in tutti i piatti e assicurando quella sensazione di “star bene a tavola” che coinvolge tutti i sensi.

IL PIATTO MIGLIORE: Carciofo cotto a vapore profumato alla menta, crema di topinambur arrosto e polpettina di maiale.

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Un’autentica cucina nipponica ai piedi del Vesuvio

A Nola, nei presso di uno snodo nevralgico delle principali arterie campane, Giuseppe Tufano, patron e appassionato buongustaio, ha deciso di inaugurare un autentico ristorante giapponese di nome Vero. Qui officia lo Chef e sushi master Gilberto Silva, di origini brasiliane ma formatosi a lungo in Portogallo e Giappone. I suoi natali non devono ingannare, da Vero è bandita ogni forma di fusion, si propone un’autentica cucina giapponese, e per un massimo di sei fortunati commensali, è anche possibile assaggiare l’esperienza omakase servita e preparata dallo Chef in persona al bancone. Nel realizzare questo menù Silva utilizza il meglio del pescato giornaliero sia locale sia reperito dai mari più remoti. La selezione delle materie prime è maniacale su tutti gli ingredienti dagli agrumi alle componenti delle salse; un dettaglio su tutti, da Vero il wasabi è rigorosamente fresco.

Un autentico percorso omakase

Si inizia con una selezione di Sashimi dal taglio impeccabile e dal sapore autentico, la ricciola su tutti. Davvero ben eseguita la Tempura di gambero rosso, croccante e asciutta da abbinare ad una salsa di dashi e agrumi. Il passaggio da noi più apprezzato è stato quello dei Nigiri, serviti singolarmente in rapida successione direttamente dalle mani dello Chef. Infatti Gilberto Silva tiene particolarmente a che la temperatura del riso sia tra i 36 e i 38 gradi per meglio esaltare il pescato, dosando personalmente il wasabi. Ottimi tutti i passaggi, dalla Capasanta al Gambero fino al Trittico di tonno, servito rigorosamente in ordine crescente di grassezza (akami, chutoro, toro), dove la ventresca è risultata squisita. In chiusura del percorso salato una calda ciotola di Ramen, dal gusto intenso ma al contempo elegante, che denota ancora una volta la notevole tecnica di Silva.

L’unico passaggio dolce è un classicissimo Daifuku mochi accompagnato da un fresco sake. È presente una vasta carta dei vini dove le bollicine trovano largo spazio; il servizio è puntuale senza mai perdere il colore dell’accoglienza partenopea. Vero è un ristorante giapponese che consigliamo e che non ci saremmo aspettati di trovare a queste latitudini; l’auspicio è quello che mantenga questa linea purista, senza derive fusion.

IL PIATTO MIGLIORE: Nigiri toro.

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Una sera al Parker

Questo è periodo di celebrazioni al Parker, cosa si festeggia? Senza ombra di dubbio l’arrivo dell’unica seconda stella della città di Napoli, lontana dalle mappe dell’alta gastronomia per troppo tempo, in altro luogo (ma non per questo in secondo piano, anzi) si celebra una cucina di grande ispirazione francese, ma con intersezioni gustative da ogni parte del globo. Gli ingredienti e i riverberi mondiali nei piatti dello Chef Domenico Candela spaziano dalla napoletanità più assoluta alle coste dell’India.

Una scommessa vinta in partenza

Tutto, nella cucina del George e di Candela, pare indicare una via di assoluto controllo sulla materia prima e sugli abbinamenti presentati al cliente, ogni azzardo è finemente calcolato e ogni scelta è meticolosa fino al calcolo estremo di ogni ripercussione sul palato dell’ospite. L’inizio del percorso è giocato sulle asprezze, il benvenuto di un Melone con anice rinfresca e prepara le papille a una serie di portate in rapida successione e dai sapori sicuramente non tenui; è il caso dell’Ostrica Tarbouriech attorniata da mandorle e albicocche del Vesuvio (per la precisione l’armellina, ovvero il seme all’interno del nocciolo) dal forte potere amaricante. Si giunge subito a una delle vette di sapore della cena con un Cavolfiore alla libanese, speziatissimo e dal gusto rotondo, che invita il commensale ad assaporarlo più e più volte con grande passione. Ottimo il Branzino con beurre blanc, patata ratta e porro di Cervere che rappresenta, sia per tecnica quanto per scelta degli ingredienti che concorrono insieme alla riuscita del piatto migliore della serata, il più sentito e palese omaggio alla cucina d’Oltralpe alla quale Candela deve la sua formazione. Molto divertente il pre-dessert, tutto da scoprire e basato sull’ormai leggendaria “Limonata a cosce aperte” della tradizione partenopea. Il servizio attento e cordiale lascia trasparire un momento di vera emozione quando, in occasione della piccola pasticceria, parla di San Gennaro e del miracolo a cui è ispirato il cocktail di arrivederci.

IL PIATTO MIGLIORE: Dorso di branzino con porro, patate ratte e beurre blanc con caviale siberian.

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Cosa si fa a Piazzetta Milù?

Nel locale stabiese della famiglia Izzo si gioca molto, quello che non si fa però è scherzare. Il gioco immaginifico di Maicol Izzo non conosce limiti e trasmuta ricette, tradizioni e ingredienti a cui tutti siamo abituati in modo da renderli irriconoscibili eppure così familiari al palato. L’insegna di Castellammare di Stabia, nata circa 20 anni fa come pizzeria, regala una delle cucine più vitali del momento e tramite un menù festivo in limited edition (solo per il mese di dicembre) dimostra una capacità d’adattamento e lampi di genio fuori dal comune.

Di cosa parliamo quando parliamo di Milù

Piazzetta Milù è uno dei più importanti ristoranti d’Italia in cui lo Chef non supera i 30 anni (appena compiuti nell’anno della seconda stella), in cui il sommelier, Emauele Izzo, è stato già riconosciuto come migliore dell’anno dall’Académie Internationale de la Gastronomie e dove ogni piatto dopo essere stato ritrovato nella tradizione e pensato in maniera emotiva e storica, viene rivoltato, ripensato e consegnato al piatto in veste del tutto nuova con un potere espressivo mai assaggiato prima. Nella cucina di Izzo un normale baccalà mantecato si trasforma in un assaggio di Takoyaki al baccalà servito con miele piccante allo jalapeno, il primo morso è stupefacente, il rivestimento croccante del takoyaki deflagra in mille pezzi, la dolcezza del baccalà prende il sopravvento sul palato finché le note aromatiche e piccanti del miele non lo raggiungono in quello che è probabilmente uno dei morsi più prelibati dell’anno. Il fondo della scodella del sautè di vongole, che durante le feste chiunque si è divertito a prosciugare dapprima col guscio degli stessi molluschi e in seguito (solo i più coraggiosi) con un cucchiaio, diventa un dashi da bere che riscalda il cuore; l’Insalata russa assume i connotati visivi di un bellissimo dolce pur mantenendo il suo sapido gusto.

Il menù vanta circa una ventina di portate che sarebbe ingiusto rivelare del tutto su queste pagine (la famiglia Izzo fa della sorpresa un punto forte dell’esperienza della sua insegna) si vogliono solo segnalare in questa sede i dolci, che hanno l’arduo compito di non sfigurare dinnanzi a un percorso così complesso, compito che non solo assolvono in pieno ma che eccedono regalandovi uno dei fine pasto più gioiosi che si possa.

IL PIATTO MIGLIORE: Takoyaki di baccalà con miele di jalapeno.

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Non solo cibo, ma storia e cultura al centro di Napoli

La Galleria Principe a Napoli, sita in posizione culturalmente strategica tra il Museo Archeologico, il teatro Bellini e l’Accademia delle Belle Arti, è stata, a partire dalla sua inaugurazione, nel 1883, un punto d’incontro per i napoletani. Soprattutto, al suo interno, l’attività intrapresa dal procidano Scotto Ionno che nell’anno dell’inaugurazione della galleria fondò un cafè chantant che portava il suo nome, ed ebbe per un lungo successo tra spettacoli e incontri culturali. Un luogo d’incontro che, a partire dagli anni ’30, cominciò a perdere la sua centralità, per poi, dopo la seconda guerra mondiale, essere sede di vari uffici pubblici fino all’abbandono di qualche anno fa. A riportarlo in vita l’imprenditore Luca Iannuzzi con un lungo lavoro di ristrutturazione che ha aperto la strada ad altre intraprese nella Galleria. Il nuovo Scotto Ionno, che mantiene la struttura dell’epoca, è una caffetteria, un bistrot, a pranzo, e cocktail bar al piano terreno, dove a disposizione dei clienti c’è anche una ricca biblioteca. Al primo piano è arrivato, dopo la lunga permanenza milanese al 28 Posti, Marco Ambrosino, che prosegue il suo discorso sulle culture gastronomiche e non solo dei popoli del Mediterraneo, in uno spazio più ampio, dove la ricerca sui piatti può svolgersi in maniera ancor più adeguata.

In giro per il Mediterraneo

Sustanza si chiama il ristorante, a sottolineare l’insieme di forma e materia, in senso aristotelico, un nucleo fondante da cui tutto si muove. Nel caso di Ambrosino è il Mediterraneo, culla di civiltà e conoscenze, dal quale si dipanano culture, storie, persone, tradotte in piatti in cui tutti i popoli affacciati su questo mare, anche i più apparentemente lontani, finiscono per riconoscersi in gusti alla fine diretti e leggibili. Ed è proprio così, a partire da quel Brodo di pane e verdure fermentate con la tecnica del Solera, che risveglia l’appetito e comincia a scuotere la memoria, introducendo al Pomodoro ramato arrosto, tartufo nero, mandorla, olio di argan, noce moscata, servito su un’acqua ricavata da sette diversi tipi di pomodoro, piatto materico che gioca tra acidità, dolcezze e amaro. E ancora l’Ostrica come potrebbero servirtela in una spiaggia del nostro mare, laccata con lievito di birra, a sostituire il pane, e acqua dello stesso mollusco, olio di macchia mediterranea, anice stellato e cumino.

Si dovrebbe avere più spazio per parlare delle Trottole, del Tempeh di alici, di quegli Spaghetti cotti nel vino ossidato serviti a fine pasto ad aprire il percorso verso il dolce. Ne resta solo per provare a descrivere quel piatto che in realtà sono quattro, dove un Agnello cotto nel fieno e una Pecora all’harroje (“dimenticata sui fuochi”, in albanese) incontrano lo spiedino delle loro frattaglie; la melanzana con aglio nero, il limone stagionato, il labneh (un formaggio libanese) di mandorla; i fagioli in zuppa serviti in una pagnotta con garum di agnello e semi di finocchio in conserva.

Sustanza insomma è un vero e proprio viaggio che lascia senza parole, ma a pancia e testa piena, fatto in un ristorante che ha appena due mesi di vita e a cui va già stretto il voto che gli assegniamo oggi, ma solo perché siamo sicuri che presto sarà molto più alto.

IL PIATTO MIGLIORE: Agnello e pecora – agnello cotto nel fieno, pecora “all’harroje” con la sua salsa, cetriolo alla griglia, finocchio di mare; melanzana, aglio nero, limone stagionato, lebneh di mandorle; spiedo di ritagli di pecora e agnello, scarola macerata; pagnotta di semola, zuppa di fagioli, garum di agnello, semi di finocchio in conserva.

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