L’evoluzione della cucina di pesce nella costiera romagnola…
Jacopo Ticchi ha fatto una piccola rivoluzione nel campo della ristorazione ittica, in particolare quella della costiera romagnola, legata in maniera molto forte ad una tradizione, a volte anche abbastanza stanca. Ticchi, più o meno in un lustro, ha cambiato, sia pur rispettando alcuni stilemi, soprattutto quelli di fruizione, a partire dalla convivialità e la condivisione delle pietanze, il modo di utilizzare e servire le materie prime. Le frollature del pesce, tra i primissimi a farlo in Italia, calibrate con attenzione in base alle dimensioni del pescato (e da allora con molti proseliti lungo lo stivale, con risultati non sempre appropriati). L’uso di tutte le parti del prodotto, dalle frattaglie fino alle teste da spolpare con gioia in uno degli atti finali. Tutto questo con un’anima molto pop, che si è mantenuta anche nel passaggio da trattoria a ristorante, compiuta definitivamente nel settembre 2024 con il passaggio dal centro di Rimini alla zona della Darsena: un locale luminoso, affacciato sul mare, a dare ancor di più un senso al lavoro portato avanti da Ticchi.
…per poco più di un mese l’anno mette il focus sulla carne
Già sperimentato l’anno scorso, ancora non compiutamente nella sede storica, da quest’anno ha preso forma un menù che nel periodo del fermo pesca lungo la costa adriatica (dal 4 agosto al 16 settembre per il 2025), sposta il focus della cucina dal mare alla terra, dal pescato alla carne. Stesso lavoro sulle frollaturaLa frollatura è un procedimento che consiste nel conservare per un periodo più o meno lungo carne, selvaggina e talvolta anche pesce, prima di cucinarli, affinché i tessuti si inteneriscano e acquistino sapore e profumi. Tutti i vertebrati dal momento del decesso subiscono un processo di irrigidimento dei muscoli, rigor mortis, per cui è necessario un periodo di pausa tra... Leggi, un filo meno dell’idea di condivisione, con piatti ben definiti, centrato in primis sulle consistenze e sui fondi che valorizzano i vari tagli, incrociati con la poca materia ittica disponibile: crostacei e molluschi. Un percorso che si apre con un Grand Plateau Royale, dove la carne si fa morso, come nell’Anatra maturata nelle alghe con misto di pepi, grassezza nella Vacca galiziana e panna, condimento nell’Ostrica al sugo di arrosto e alici marinate e si chiude con una Tagliatella al ragù dove il sugo è quasi contorno ad una pasta dalla struttura perfetta. In mezzo, tra qualche concessione divertita, lo Spaghetto alle vongole, senza spaghetto e senza vongole, e qualche piatto meno centrato, la Terrina di volatili, due piatti di altissimo livello. L’oca, da cui si può attingere fuori menù da un ricco vassoio delle carni del giorno, frollata per 30 giorni, cotta alla brace, con un fondo di tartufo nero e limoni di mare alla brace da perdere la testa. E un Riso alla pescatora, dove rigaglie carnivore e frutti di mare crudi e cotti, si alternano e si fondono, rendendo ogni boccone una suggestione diversa.
Sala giovane e dinamica, bella carta dei vini, ma soprattutto un pairing analcolico, quasi tutto home made, con pochi eguali lungo lo stivale.
Il menù fermo pesca potrete godervelo l’anno prossimo, ma nel frattempo non abbiamo dubbi che daranno grande soddisfazione, quelli classici che si alterneranno nel frattempo, in un ristorante che ha ancora margini di crescita importanti.
IL PIATTO MIGLIORE: Risotto alla pescatora.
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