La cucina e il Metodo Classico in Emilia, da uve internazionali e autoctone
Che vi sia fermento, sulle colline emiliane è evidente, grazie alle tante cantine che stanno alzando la qualità puntando al Metodo Classico e che si rapportano al territorio con la formula dell’agriturismo. In questo caso torniamo sulle colline di Reggio Emilia, ancora a Quattro Castella, spostandoci ora su un versante molto più selvaggio, che guarda prevalentemente a sud, verso l’alto Appennino Tosco-Emiliano.
Qui la ricchezza di boschi è impressionante e ci voleva una famiglia di origini venete che venisse fra questi pendii scoscesi e che si innamorasse della tenuta, per riscoprire il piacere di fare il vino. Così Maria Grazia e Franco, vignaiolo della cantina, hanno rilevato una precedente attività coltivando uve autoctone come i Lambruschi Grasparossa, Salamino, Malbo Gentile e Marzemino, accogliendo anche Pinot Noir, Cabernet Sauvignon e Sauvignon blanc. Sono 12 le etichette in vendita, fra tre rifermentati in bottiglia, cinque Metodo Classico e quattro vini fermi che accompagnano i piatti dell’agriturismo Barbaterre, Biocantina di Canossa.

Parola chiave, Enogastronomia
Grazie alla giovane chef Saloua Laghlimi, scuola arabo-francese, la parola chiave è enogastronomia con interessanti contaminazioni nella cucina emiliana di tradizione. Non sorprende allora avere in carta i Tortelli verdi e allo stesso tempo un Guancialino di maiale cotto a bassa temperatura, fondo brunoI fondi bruni sono preparati con ossa e carni rosse o scure arrostite al forno. I succhi ottenuti dalla tostatura in forno vengono sfumati (spesso con una componente alcolica) e fatti ridurre in casseruola fino alla densità desiderata ed ottenere così il fondo bruno. Leggi, salsa verde, nocciole tostate e polvere di caffè, che abbiniamo al Lambruscante, cuvée di Grasparossa, Malbo Gentile e Salamino. Annata 2017 e sboccatura giugno 2024, questo spumante rosso (12,5% Vol) rivela il progetto di questa cantina: lunghe soste sui lieviti, bollicine extra fini, grande complessità e persistenze vibranti grazie ai dosaggi zero. I nomi sono tutti frutto della fantasia di Maria grazia, ispirati al dialetto reggiano. Paesaggio, cucina e vini valgono il viaggio. Fuori classe, il Marandalè con i suoi 100 mesi sui lieviti, una sorta di “Riserva” della cantina, sempre da uve Pinot Noir.
