Consorzio

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Ricca carta vini
Servizio di sala premuroso e cordiale
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Illuminazione da potenziare di giorno

Qui e ora a Torino!

Tra le tante stampe che affollano le pareti di questa insegna in via Monte di Pietà 23 a Torino, ce n’è una, vicina alla cassa, che incornicia una nicchia curiosa. Al suo interno, un orologio digitale a mo’ di mappa di Risiko! segna le ore sui cinque continenti. L’ora che si scandisce qui, tra pranzo e cena, non patisce gli stili né la polverosità dei tempi passati da piola d’antan, né si lascia affascinare da derive contemporanee improvvisate. È così, al ristorante Consorzio di Torino. Valentina Chiaramonte in cucina insieme a Pietro Vergano e Andrea Gherra in sala, sanno essere più che mai convincenti nel loro luogo dove la golosa brutalità della frattaglia -sempre focale nella proposta complessiva – coniuga vegetali e bere bene in un’insegna oramai che fa sia scuola che laboratorio sperimentale non solo del disnè piemontèis ma anche per il concetto di ospitalità italiana. Passione per il particolare, meticolosità per l’ingrediente, cura e cuore (d’altronde hanno la stessa radice etimologica!) nel manipolarlo.

All’insegna del quinto quarto

Il fare tradizionale, è messo in discussione cedendo il passo alla centralità del prodotto. Non è un caso se nella lista delle vivande venga prima l’elenco dei fornitori e poi la proposta culinaria. L’Insalata di fragole di Santena, pomodoro costoluto e tabasco verde è la grande apertura disruptive con cui questa nostra sequenza va ad aprirsi. Fragole e pomodori e succosi duellano tra acidità e dolcezza in questo piatto, dove il fioretto è rappresentato dalla progressiva piccantezza del tabasco verde a rendere davvero irresistibile questo piatto. Il regno carnivoro piemontese del ristorante Consorzio, parte quindi in sordina, con uno piatto totalmente vegetale ma davvero di grande livello dove succulenza e morso comunque non mancano. Il Plin d’obbligo, in versione generosamente over-size rispetto ai dogmi sabaudi, è ripieno di ortica, erba di San Pietro ed erborinato di capra, mantecato poi con burro, timo ma soprattutto mandorla amara. La struttura della pasta più sottile, complice anche la pezzatura scelta, sposta questo plin più verso un tortello d’erbetta portando la proporzione maggiore sul ripieno. Scelta oculata, poiché il nervo aromatico dell’erbe impiegate fa il paio con l’astringenza della mandorla grattugiata. Spigoli vegetali in qualsiasi caso elegantemente smussati dal pregevole erborinato di capra prodotto da La Servaja. La Frattaglia in versione enciclopedica viene toccata in diversi capitoli sia per tagli diversi che per preparazioni valicando limes regionale, mixando al contempo quinto quarto, Sudamerica e “siculitudine” nelle corde di Valentina Chiaramonte. Si parte quindi con il Piedino di maiale fritto aka il batsoà! Segue un’Insalata di cervella in ceviche, che nella sequenza può risultare migliorabile riducendo la marcatura della marinata sudamericana a favore della proteina. Milza e polmone di vitello sono confit insieme al caciocavallo podolico. A chiudere, la più golosa, la Matrice di vacca alla brace. Tanto arrogante nella sua focosa arrostitura così fondente al morso. Di pregio il finale dolce a traino locale con la Torta di nocciole rifinita dallo zabaione al Marsala.

Un’azione diventa realmente efficace solo quando è guidata da un’autentica predisposizione all’ascolto, dalla comprensione delle necessità degli artigiani, dalla sensibilità verso i cambiamenti nei gusti. Siamo tornati al Consorzio per confermare quanto questo ristorante sia parte attiva di questa nuova fase della ristorazione italiana, scandendo in una forma nuova tempi e modalità. Un fuso orario diverso, calibrato per ogni cliente che si siede a questi tavoli. Il meridiano? Quello della cucina. Le ore? Accoglienza, servizio, prodotto. È il tempo del Consorzio. Qui, e ora.

IL PIATTO MIGLIORE: plin d’ortica e capra, burro nocciola, timo e mandorla.

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Giacomo Bullo

Prima come cuoco, annoverando esperienze nel campo gastronomico fino al foraging nostrano, oggi come narratore amante del buon cibo in tutte le sue forme ed espressioni. E’ convinto sostenitore dell’esistenza, in qualche dizionario sconosciuto, della gastrofilia: nei suoi racconti, il tentativo di definirla. Let’s do it!

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Menù degustazione: 50€. Alla carta sui 70€

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