Passione Gourmet Romano Levi - Passione Gourmet

Romano Levi

Vino
Recensito da Luca Turner

La storia sparpagliata, e scapigliata, del “distillator angelico”

Romano Levi inizia a distillare, per malasorte, a 17 anni, nel 1945 quando la madre, già vedova di Serafino Levi, muore tragicamente sotto ai bombardamenti. Romano lascia la scuola di Alba e con la sorella Lidia decide di mandare avanti la distilleria aperta 20 anni prima a Neive, dal padre, deceduto nel 1933. Romano e Lidia Levi continuano il lavoro che già la madre aveva intrapreso, consci del fatto che, in quel momento, non potevano permettersi di fare diversamente.

E così è solo andando a Neive, nobile paese del Barbaresco, respirando l’atmosfera e calpestando la terra che fu sua, entrando nella casa-cascina-bottega-distilleria si può ancora vedere il “grappaiolo angelico” che abilmente si muove nel perimetro del suo vivere quotidiano. Immagini e cerchi di spiegarti come un modesto signore che distillava grappa e disegnava a mano le etichette da attaccare sulle sue bottiglie sia conosciuto in ogni parte del mondo e sia apprezzato tanto come distillatore quanto come artista e poeta.

La storia racconta di una famiglia di distillatori da generazioni qui chiamati amichevolmente i grapat, di un territorio langarolo modestamente e fieramente contadino, e di una persona che di anno in anno pensava che il suo di lavoro sarebbe stato solo per poco, e invece si rivelò salvezza, luogo di sostegno in cui vivere e raccontare la propria solitudine, accogliendo nel tempo personaggi noti.

Romano Levi scompare nel 2008. Essere presenti nella sua casa, percorrere a passi curiosi i pochi metri che dividono la stanza in cui trascorreva il tempo quando non era davanti all’alambicco, fino alla stanza della caldaia, riporta inevitabilmente alla mente il ricordo di un artigiano che amava e abbracciava con forza e affetto il suo lavoro.

Avevano un alambicco a fuoco diretto, costruito su precise specifiche di Serafino Levi. Certo, allora ce n’erano diversi, ma oggi forse è rimasto l’unico a caldaia da fiammifero e legna. L’avvio della distillazione avviene da ben 77 anni l’ultimo sabato di ottobre, una giornata diventa oramai “di festa” quella dell’“Accensione del Fiammifero”, che mostra l’artigianalità delle grappe Levi, la cui produzione è curata ancora oggi da Fabrizio Sobrero, uno degli ignari, storico aiutante e distillatore al fianco di Romano per quattordici anni. Con lui ci sono Lucio Scaratti e Luigi Schiappapietra a mantenere in vita la distilleria ma soprattutto il ricordo di Romano Levi, un “artista poeta” speciale, che ha sempre asserito che «è la distillazione ad avermi scelto», non il contrario.

Ottenere solo il cuore della vinaccia distillata, eliminare parti nocive non bene odoranti, Serafino, Teresa, sapevano bene come farlo, Romano adesso doveva impararlo: «Non avevo mai fatto la grappa, chi sapeva mi consigliò». E siccome buon sangue non mente la grappa dei fratelli Levi ben presto diviene oggetto di ricerca da parte di appassionati e amatori. Romano sceglie le vinacce, segue l’alambicco e la distillazione, Lidia, la sorella minore, sceglie le bottiglie e le erbe da aggiungere alle grappe da aromatizzare.

Romano studia il legno per le botti: acacia, quercia, castagno, frassino e gaggia; sceglie quali grappe far invecchiare in botte, quali tenere in damigiane.

Tutto istinto e passione, nessuna scuola se non quella di famiglia, nessuna formula se non quella di rispettare l’ambiente intorno.  Nella caldaia riprendono vita le vinacce torchiate ed essiccate dall’anno precedente quasi a sembrare grossi mattoni, questo il combustibile che Romano preferisce.

Quel combustibile diventerà cenere che ritornerà nel terreno a concimare altri filari. Un ciclo rispettoso di una natura che Romano ama profondamente. Rispetto ossequioso degli esseri viventi dagli uccelli agli insetti, dai fiori alle piante.

Entrando in una delle stanze, alla finestra fili d’argento, ragnatele che sembra siano lì da secoli. Non si possono togliere, è il lavoro di un essere vivente che dà compagnia. Bisogna stare attenti alle api poiché alcune vetture transitando velocemente potrebbero investirle. Questa era la sensibilità di Romano Levi. Sensibilità che si muove attraverso l’inchiostro di china ed i pennini d’un tempo, che scrivevano e disegnavano le etichette da apporre sulle bottiglie. Descrizione, poesie, aforismi, disegni in bianco e nero ed a colori, fervida fantasia che supera le colline di Langa e raggiunge ogni parte del mondo come la celebre figura della «donna selvatica che scavalica le colline.» Sì, scavalica, Levi scriveva così, non scavalca come ha scritto qualche pessimo falsario.

Romano Levi ama trasmettere i suoi pensieri attraverso le etichette della sua grappa. Incide la carta come fosse un tempo da dover fermare, un istante da rendere eterno. Non è marketing, non è semplice etichettatura, è, anche qui, un istinto artistico ed espressivo che chiude il ciclo di produzione di una grappa nata da un profondo atto di amore. Il tratto del disegno è gentile e sincero, spontaneo ma preciso.

Fu Luigi “Gino” Veronelli, nel 1971, in un inserto legato al celebre settimanale “Epoca”, dal titolo “L’aristocrazia delle acqueviti“, non solo a coniare la qualifica di “grappaiol’angelico“, ma anche a dare notorietà a questo piccolo uomo di Langa, sempre preso nel suo lavoro. Veronelli comprese l’alta qualità del distillato e la singolarità dell’uomo. Veronelli seppe amare entrambi e li elevò alla fama attraverso la sua penna.

Oggi quest’uomo che sapeva distillare come nessun altro non c’è più ma vive lo stesso. È viva la sua cascina, la sua casa, la sua bottega, la sua distilleria; vive la sua grappa, vivono i suoi estimatori. Vivono gli appassionati come chi ha deciso di investire e far continuare la leggenda di Romano Levi. I nuovi proprietari nutrono profondo rispetto per tutto il lavoro svolto dalla famiglia Levi (Romano e Lidia non hanno avuto figli) ed intendono proseguire attraverso la costituzione di un museo operante: continuare a produrre la migliore grappa possibile nello stesso modo in cui la creava Romano Levi, permettendo a chi ne facesse richiesta di essere ricevuto nel luogo in cui tutto è nato.

Oggi la distilleria dedica a ogni vitigno delle Langhe una grappa: le ultime introdotte sono a base di Nebbiolo e Arneis, quest’ultima è proprio in ricordo a Romano e alla sua scelta di averne sempre un po’, giovane e fresca, per i ferrovieri della stazione di Neive. Grappa necessaria per superare le fredde notti delle Langhe. Grappa che dava nuove forze e vigore. Un distillato prodotto da uve del Roero, adatto per un fine pasto e per la preparazione di ottimi e personalissimi cocktail.

* Le grappe di Romano Levi sono distribuite da Sagna S. p. a.

1 Commento.

  • Passione Gourmet11 Gennaio 2024

    […] e sovversione. Così arrivano le grappe “angeliche” di Romano Levi (ne abbiamo parlato qui), i vini precisi e cesellati degli entomologi di fama internazionale di Ronchi di Cialla (qui), i […]

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