Passione Gourmet Ca’ del Profeta - Passione Gourmet

Ca’ del Profeta

Ristorante
via Montaldino 19, Nave, Montaldo Scarampi AT, Italia
Chef Antonio Di Leo e Christian Milone
Recensito da Andrea Grignaffini

Valutazione

15/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • La disinvoltura di un ex campione del calcio tra i tavoli.

Difetti

  • I dessert poco incisivi.
Visitato il 12-2022

L’essenza vegetale

Siamo nel ristorante e Wine resort che Anderson Hernanes de Carvalho Viana Lima, meglio noto come Hernanes – ex nazionale brasiliano che ha calcato con grande successo alcuni dei più celebri palcoscenici della seria A (in ordine: Lazio, Inter e Juventus) – ha fondato a una manciata di chilometri da Asti. E con un fantasista come patron (peraltro bravissimo tra i tavoli) la scelta non poteva finire con la scelta di un fantasista della cucina piemontese: Christian Milone. Giovane enfant prodige già incontrato dietro ai pass di Trattoria Zappatori proprio a Pinerolo, qui si avvale del Chef resident Antonio Di Leo coadiuvato da Carlo Fasolis e Carlo Magliano, cui affida le redini di una cucina solo apparentemente semplice ma già molto precisa. Galeotta la comune conoscenza di Diego Dequigiovanni (patron di Luogo Divino, a Torino) che adesso presiede anche Ca’ del Profeta, appunto, dov’è supportato da Gabriele Rossi.

E già nel nome – Profeta era il soprannome dell’Hernanes calciatore – si materializza una certa prescienza in materia culinaria. Grande attenzione viene riservata all’elemento vegetale, reso senza manierismi eccessivi e senza laccature: ciascun piatto vanta tonalità cromatiche molto accese ma anche spesso opache, vessillo della semplicità minimale, ma non monastica, che attraversa una cucina che più che mai è trompe l’oeuil del contesto, sostanzialmente agreste, che la ospita.

Una cucina piemontese di campagna, semplificando molto, che issa la sua solidità sui prodotti dell’orto e del mercato, oltre a comprendere tutti gli animali da cortile che un tempo gremivano le case della gente comune, pur orbitando, in tutti i sensi, attorno alle verdure, ai tuberi, e alle radici. Attorno all’elemento vegetale, per la precisione, si avvita tutto l’ecosistema del piatto che, nel momento della nostra visita, pur essendo autunno inoltrato, ancora vantava pomodori e zucchine di una freschezza e di una turgidità difficilmente tacitabili. In questo senso la cucina di Ca’ del Profeta offre una lezione sul concetto, troppo spesso frainteso e ancora molto abusato, di stagionalità, che in una nazione come l’Italia, in questo momento storico segnato dal cambiamento climatico, vanta un paniere dalla trasversalità più unica che rara. Ne è riprova la Minestrina, piatto più che perfetto nel rievocare la componente anche emotiva della cucina tanto da svincolarsi dalla parte liquida, almeno in prima battuta, arrivando addirittura asciutta in tavola. Ad ammantarla, una nostalgica aria di finocchio vaporosa e avviluppante.

Altrettanto di prossimità la carta dei vini – le vigne lambiscono difatti il ristorante e cingono tutta la tenuta – su cui si affacciano le grandi vetrate sia del ristorante che delle camere, vestite di cemento, legno e marmo nero e bianco, anche se, a guardarci bene, stavolta la Juventus non c’entra.

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