El Molin

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

17/20

PREGI
La location nel mulino ristrutturato.
La valorizzazione di ogni componente della Val di Fiemme, sia a livello gustativo sia visivo.
Materia prima di qualità eccellente.
DIFETTI
I vini hanno rincari importanti.
Non c’è una proposta alla carta.

La Val di Fiemme nel piatto

Alessandro Gilmozzi non voleva diventare chef, la sua passione era la scultura. Figlio di ristoratori, il passaggio in cucina si è rivelato tuttavia obbligato e, a oggi, il cuoco trentino vanta un’esperienza quarantennale, di cui trenta al comando de El Molin, ricavato da un vero mulino del 1600: la sua creatura. E per fortuna che è andata così, ci sentiamo di dire!

Nel percorso ci siamo infatti trovati di fronte a un ottovolante di sapori, una valorizzazione costante della Val di Fiemme e delle sue ricchezze, senza dimenticare importanti realtà limitrofe, come il Lago di Garda.

Fiori, erbe, verdure, germogli, licheni, affumicature, formaggi, carni, persino resine, ogni piatto ha proposto un sapore, un profumo e uno sguardo capaci di concretizzare un’espressione del territorio tanto identitaria quanto precisa. Merito di un lavoro quotidiano di foraging, che vede impegnato Alessandro Gilmozzi nella raccolta degli ingredienti forniti dai boschi e poi proposti al commensale.

Ma è bene dirlo senza facili accondiscendenze: i gusti si sono alternati in scale che non temevano di puntare, per esempio, sulle componenti amaricanti, soprattutto delle erbe.

L’omaggio alla terra di Alessandro Gilmozzi

L’approccio di Gilmozzi rende tributo alla sua terra con intelligenza, senza stucchevoli nostalgie, grazie a una tecnica padroneggiata con abilità, figlia della formazione presso le cucine di Michel Bras e Alain Ducasse, capace di ammodernare la tradizione per renderla accessibile a tutti.

Tra i piatti migliori del servizio, sicuramente “Olio extravergine di oliva e la montagna”, concretizzazione quanto più evidente della filosofia de El Molin. Nella coppa di cristallo vi erano 18 tipi di erbe spontanee, tra cui acetosella, crescione e germogli di muschio, cinque varietà di fiori eduli, tra cui nasturzio e alliaria petaiola, serviti su una mousse di latte e olio, gelato alle sarde di lago e caramelle di zucchero all’olio. In bocca abbiamo assaporato un’intensità di sapori davvero indimenticabile: profonda nota vegetale e balsamica, attenuata dalla rotondità della mousse, a cui è seguita la sapidità delle sarde. La croccantezza delle caramelle all’olio e delle erbe hanno regalato un bel gioco palatale, a cui è seguita una lunga nota erbacea amaricante. Un piatto meraviglioso.

Sposando un registro più classico, persino nel “Risotto alla cenere di pigna fermentata” abbiamo ritrovato l’idea della montagna nel piatto, attraverso le note affumicate della cenere on top, ben calibrate con la rotondità della mantecatura a base di Grana Padano. Un piatto apparentemente tradizionale, e dunque meno sperimentale, ma dall’intelligente fattura.

Leggermente sottotono ci è invece parsa “Gallina grisa”, portata nella quale la seppur ottima cottura delle carni agli ultrasuoni, in grado di conferire una notevole morbidezza al volatile, è stata sovrastata dalla riduzione ai chiodi di garofano che ne ha monopolizzato l’espressione palatale.

Ma è un dettaglio, questo, che si è fatto presto dimenticare dai dessert, in cui è spiccato “Miniature dolci”: i gelati si sono rivelati di una golosità e rotondità gustative irresistibili, ben contrastate dalle note vegetali del fieno e del geranio; ma è con “Ipotesi di rugiada” che il piatto ha assunto un valore più ampio: realizzato dopo sei anni di studio, apparentemente si presentava come un cucchiaio vuoto, tuttavia al suo interno vi erano due gocce di distillato di pigna di cirmolo, lavorata nel momento di massima espressione resinosa. Il risultato è stata un’esplosione balsamica di una lunghezza disarmante. Senza compromessi, indubbiamente unico.

Non possiamo quindi che dirci assai soddisfatti dell’esperienza, sebbene con lievi sfumature da ricalibrare. Dettagli che di certo non intaccano la splendida performance complessiva. Avanti così!

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Gianpietro Miolato

Di formazione letteraria, è affamato di buon cinema e buona cucina. L’avanguardia come obiettivo primario, ma con occhio vigile sulla tradizione. Tempo libero e chilometri sono investiti nella ricerca della tavola che sappia sedurlo più della precedente.

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VALUTAZIONE

Cucina Moderna

17/20

PREGI
La location nel mulino ristrutturato.
La valorizzazione di ogni componente della Val di Fiemme, sia a livello gustativo sia visivo.
Materia prima di qualità eccellente.
DIFETTI
I vini hanno rincari importanti.
Non c’è una proposta alla carta.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menù degustazione: 8p 110€; 13p 150€

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