Passione Gourmet Cordero di Montezemolo - Passione Gourmet

Cordero di Montezemolo

di Erika Mantovan

Un’azienda fedele a se stessa

È una storia che si raccoglie come si guarda l’anfiteatro di vigne davanti alla tenuta ancora oggi gestite dalla diciannovesima generazione della famiglia Cordero. Lo ripetiamo, la diciannovesima generazione.

Dal 1340 c’è sempre una luna piena, visibile e brillante alla fine della raccolta delle uve tra cui non sono mai mancate quelle tradizionali di Langa: dolcetto, barbera e nebbiolo, a cui si sono aggiunte le internazionali, negli anni Ottanta, come lo chardonnay.

Oggi in cantina c’è gloria, e una scelta, certa e ordinaria, in continua ricerca per restare fedeli al proprio stile, in frazione Annunziata La Morra, in una sorta di privé un po’ nascosto dalle dorsali più centrali del Barolo, che spicca sempre, e comunque, tra le stelle della denominazione dove ogni tassello di terra, in autunno, e soprattutto nel bicchiere, si raccontano con i colori delle foglie. Ma, evidentemente, ogni interpretazione d’annata dona, in ogni linea produttiva, un cielo senza nuvole, ossia continuità e costanza al gusto. Accade sia per quelle proposte e vinificate solo in acciaio e sia in quelle destinate a uno sviluppo superiore: Barbera e, ovviamente, le versioni esclusive di Barolo.

È un sogno nel sogno, confermato dalla risposta della natura a cui ci si ispira, con i trattamenti, nelle annate successive, e infatti l’azienda è certificata bio da tre anni. Una verità immensa ed eterna, come l’assaggio delle uve prima di raccoglierle, allorquando sopraggiunta la stanchezza la passione si ravviva quando nell’orizzonte appare il profilo imponente del cedro del Libano che, posto sul bricco del colle Monfalletto, è tra i punti di riferimento sia per chi perde la bussola nelle dorsali nel Barolo sia per chi, invece, la bussola la deve ancora imparare a usare. Un monito amico, della terra, che ricorda e ricorderà sempre, alle generazioni future, l’importanza del tempo e il suo potere.

Qui, ogni filare del corpo unico di 28 ettari davanti alla tenuta, a una vista oculata, mostra mutazioni diverse. Chi è curioso può captare ogni dettaglio. C’è una piccola gobba, ad esempio, visibile dal “belvedere” naturale della cantina, in cui si vede una doppia anima: quella esposta in ombra è infatti adatta per un vino da invecchiamento (chardonnay) di grande polpa e sincerità nel bicchiere anche dopo anni, perché il progetto, da sempre, è quello di realizzare un vino fatto per durare e voluto in un tempo in cui nella denominazione si sperimentava anche con le varietà alloctone. Ed è questo stesso tempo che, oggi, fluttua ancora nelle bottiglie, tra nostalgici raconti di campagna e problematiche d’annata dove si afferma la volontà di esser diversi per donare una visione molto personale. Ecco perché in cantina si opta per macerazioni brevi e lunghi affinamenti, più in vetro che in botte, comunque di varia dimensione per agevolare la naturale evoluzione di un frutto che parla già da sé in embrione ma che in realtà necessita solo un accompagnamento e una direzione per esprimersi tramite il suo linguaggio innato.

All’interno della collina, tra i locali di vinificazione e affinamento, c’è un corridoio: una biblioteca di tutte le annate in edizioni limitate, che chiedono con forza di esser assaggiate. Una scarica elettrica invade il corpo da capo a piede, bottiglie e grandi formati di super Riserve, etichettate con meridiane mostranti le distanze dalle migliori mete del mondo e acquistabili esclusivamente in cantina. Una banca, insomma, che abbraccia un ricordo del tempo che si affina e contrassegna il progetto con etichette volute a tale scopo.

Oggi, sono Elena e Alberto i protagonisti di questa storia, e sono loro che promuovono da subito ciò che hanno nel cuore: un lotto di vecchie viti acquistate dagli avi al centro del  Villero, a Castiglione Falletto. Qui, sono solo 2 gli ettari destinati a un vino il cui nome è in memoria di un sesto figlio di una delle generazioni che si sono susseguite: Barolo Enrico VI. Successivamente si è poi ampliato il parco vigna in Alba e nel Roero, per un totale di 51 ettari totali odierni in cui lo stile è sempre, ed inequivocabilmente, personale, identitario di un’eleganza di frutto sottolineata da un mélange melodico tra diversi legni provenienti da foreste diverse, e di grandezze diverse, che si devono ogni anno  plasmare  tra loro per trovare il matrimonio col frutto. Esibizione mai fuori dai confini ben noti alla famiglia che, mai in maniera shakespeariana, è sempre proiettata alla reinterpretazione di se stessa.

ENRICO VI, BAROLO 2016 VS 1995

Un 2016 giovane ed esplosivo, dopo i primi attimi silenti nel bicchiere, e destinatario di un frutto foriero di un’anima potente e certamente ricca che, animata da una verve naturalmente emozionata dalla sua stessa energia, diventa poi più contenuta grazie al legno. Il rapporto è sempre in favore per quest’ultimo elemento che, nel finale, ritorna con dettagli stilistici inconfondibili, che donano una ascensione elettiva e di vocazione del vigne

Barolo DOCG Enrico VI 1995

La vigna Villero sempre stato e sempre sarà  un simbolo per Cordero.

Nel 1995 l’uva raccolta dichiara ancora oggi la sua  volontà  ma non solo, manifesta la sua radice e ne invoglia la comprensione. Per la sua velata sapidità , per la sua decisiva luce stretta nel suo limite -solo di pensiero – temporale. La balsamicità  ancora netta e il tannino, seppure sottile, amplia con carisma un telaio sensibilmente capace di adattarsi alla vigna e a chi la conosce nelle sue più profonde membra.

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