Un legame naturale
Gli scogli di pietra lavica che si stagliano nei meravigliosi fondali, tramonti mozzafiato immersi tra paesaggi rocciosi, il profumo del vento misto e quello della selvaggia vegetazione: questo è lo scenario, nonchè habitat ideale, dello Zibibbo, incastonato come una perla in quel giardino nel Mediterraneo che risponde al nome di Pantelleria.
Una terra che sorprende per i suoi contrasti, le acque smeraldo, le pianure lunari e gli affascinanti tetti bianchi dei suoi dammusi; qui tutto è unico e stravagante, persino i sapori, che spaziano da quello del profumatissimo cappero a quello inconfondibile del suo vino, lo Zibibbo.
Un vino apprezzato sin dalla notte dei tempi, lo Zibibbo. Un’antica leggenda narra che la dea punica Tanit, su consiglio di Venere, si finse coppiera dell’Olimpo e sostituì all’ambrosia degli dei il mosto delle dolci uve di Pantelleria per conquistare Apollo.
L’etimologia della parola Zibibbo deriva dall’arabo “zabib” ovvero “uva passa”, con la quale si identifica sia la varietà di uva che il vino ottenuto con essa.
Il vitigno ha una storia molto antica. Originario dell’Egitto (per questo chiamato Moscato d’Alessandria), si diffuse nell’area del Mediterraneo grazie ai fenici prima ed ai i romani dopo, i quali esperti navigatori ed abili mercanti lo impiantarono a Pantelleria. Successivamente gli arabi introdussero il sistema di coltivazione sui terrazzamenti; da allora lo zibibbo si è imposto in questo lembo di terra come protagonista della coltura vinicola. Possiamo dire, insomma, che Zibibbo è per antonomasia Pantelleria.
Lo Zibibbo o Moscato d’Alessandria viene prodotto in molti altri paesi con la tecnica del “cordone speronato”, sistema di allevamento decisamente più vantaggioso per un’alta resa. Il contadino pantesco invece, secondo una tradizione che si tramanda da padre in figlio, continua a rispettare i saperi e i segreti racchiusi nell’antico uso della vite ad alberello, una pratica unica e faticosa ma che riesce a far vivere in straordinaria simbiosi agricoltura e paesaggio.
Pantelleria è un’isola di origine vulcanica e come tale è una terra rurale alle volte difficile, persino ostile, che l’uomo ha saputo addomesticare con saggezza. Una terra abituata ad un’agricoltura eroica che non si è mai fermata davanti agli ostacoli di una natura forse troppo selvaggia e impetuosa.
Il contadino pantese ha saputo strappare alla roccia la terra fertile, ha costruito terrazzamenti, eretto sistemi di protezione con i muretti a secco per difendere le piante dalla costante ventosità, ha allevato lo Zibibbo mettendolo al riparo in piccole conche nel terreno e ottenendo un’uva dagli acini dorati e succosi, capace di offrire vini unici e preziosi come il Passito e il Moscato, dai sapori e aromi intensi.
Il lavoro del contadino pantesco, interamente manuale e creativo, ha permesso di modellare e rendere unico il paesaggio dell’isola, ha costruito e rinforzato l’identità culturale di questa comunità e ha realizzato un sistema produttivo in perfetto equilibrio tra uomo e natura.
Dal 24 novembre del 2014 la pratica agricola della vite di Zibibbo ad alberello è stata considerata bene immateriale e culturale ed inserita dall’Unesco nella prestigiosa Lista dei beni Patrimonio dell’umanità. Un riconoscimento prestigioso per Pantelleria e per l’Italia intera.
Per la prima volta, una consuetudine colturale – in virtù delle sue caratteristiche – è stata riconosciuta come modello di coltivazione da salvaguardare e da promuovere per il suo valore storico, culturale e identitario.
La piccola cantina Ferrandes è una storica realtà agricola dell’isola di Pantelleria. Di origine spagnola, i Ferrandes si insediarono qui intorno al 1400 coltivando capperi, ulivi e viti. La cantina, guidata da Salvatore e da sua moglie Dominica, sorge nella parte bassa di Mueggen ed è stata ricavata da un antico dammuso di famiglia del 1600. I 2 ettari di vigneto si estendono su terreni sabbiosi di origine vulcanica, battuti tutto l’anno da un vento impetuoso, motivo per cui le viti di Zibibbo sono allevate ad alberello in conca e radenti al suolo.
L’appassimento delle uve del passito Ferrandes è di tipo tradizionale. Dopo la vendemmia vengono selezionati i grappoli più idonei che vengono poi lasciati essiccare al sole su graticci, a ridosso di muri in pietra lavica per 2 o 3 settimane. L’affinamento avviene in fusti di acciaio inox per un minimo di 12 mesi, in modo da conferire al prodotto piena maturità e lasciare quasi inalterata l’acidità tipica del vitigno. Il vino si presenta di un bel colore ambrato, luminoso e affascinante, al naso risaltano subito le note dei fichi secchi e del dattero che si mescolano ai profumi di miele e confettura di albicocca. In bocca è pieno, sontuoso ma con una freschezza che ne lascia presagire la beva per lungo, lunghissimo tempo.
La Cantina Lago di Venere nasce nel 2001 da un progetto fortemente voluto dalla Meregalli Giuseppe e seguito da Lorenzo Peira. Le uve vengono coltivate nei pressi del naturale specchio d’acqua chiamato proprio lago di Venere. Dopo un appassimento in pianta, esse vengono raccolte e trasportate nelle cantine di Sciacca per iniziare la lavorazione e il successivo affinamento. Nel pensiero di Giuseppe Meregalli c’era il desiderio di produrre un vino che avesse la struttura di un passito e la freschezza tipica di un Sauternes. Dopo l’assaggio posso affermare che il risultato è decisamente affascinante, non lontano da quel pensiero del fondatore. Nel calice il vino si presenta di colore giallo dorato carico e intenso. Al naso esprime profumi nitidi, ampi, aromatici, con sentori di miele, confettura e frutta matura. Al gusto il vino si presenta morbido, dolce, caldo, rotondo ed avvolgente, ritrovando in bocca le precedenti note olfattive.
Salvatore Murana è un personaggio, un istrione, un appassionato, un visionario ma soprattutto è un contadino innamorato della sua terra. Da sempre ha avuto la passione per il vino: sin dall’infanzia ha respirato, visto e vissuto vendemmie e vinificazioni. Questo “amore infantile” è divenuto, intuitivamente prima e consapevolmente poi, la sua “scelta di vita”.
I vigneti secolari di Salvatore Murana si estendono attualmente su circa 17 ettari di terra dall’ origine vulcanica giovanissima, in diverse località dell’Isola per condizioni climatiche e geologiche: Martingana ,Gadir, Mueggen, Khamma, Coste, Ghirlanda e Barone. Terreni specifici con caratteristiche peculiari per produzioni ben determinate, accomunati solo dalla personalità e dal carattere del produttore stesso.
Creato è il nome del vino che voglio degustare per gli amici di Passione Gourmet. Un nome che rivela tutta la sua identità, un vino strenuamente voluto con un progetto assolutamente originale e senza precedenti, per sfidare i limiti stessi dell’enologia. Una vera e propria creazione che rivela tutta l’essenza del produttore.
Frutto della vinificazione delle migliori selezioni di uva Zibibbo sottoposte a lungo appassimento. Prima dell’imbottigliamento viene effettuato un assemblaggio di varie annate, il cui invecchiamento medio supera i 15 anni di età.
Alla vista risalta immediatamente il colore, che può definirsi ambrato di impenetrabile concentrazione. Al naso è esplosivo con un bagaglio olfattivo ampio e straordinariamente variegato, che spazia tra la frutta secca e la scorza d’arancia candita, tra la liquirizia e la vaniglia, passando attraverso innumerevoli spezie orientali. In bocca è avvolgente, dolcissimo, quasi masticabile, dal finale interminabile. Più che un vino da dessert posso affermare che è questo stesso vino, un dessert.