La firma di Nicolas Joly
Nicolas Joly, proprietario e vigneron del Clos de la Coulée de Serrant, rappresenta un’icona della viticoltura cosiddetta naturale per il suo impegno pioneristico nell’adozione e nella diffusione della biodinamica, metodo con il quale Nicolas conduce ogni sua vigna.
Abbandonati già dai primi anni ‘80 concimi e trattamenti in vigna, Nicolas Joly ha adottato i propri – rivoluzionari per l’epoca – metodi di coltivazione e vinificazione dello Chenin blanc, praticandoli per tutti i suoi vigneti, situati a ovest della Valle della Loira. Il lungimirante viticoltore francese si è impegnato a divulgare le proprie idee trovando sempre più consensi in ogni angolo del globo, fino a fondare nel 2008 l’associazione “Renaissance des Appellations” insieme ad altri cinque produttori.
Il Domaine produce tre etichette, tutte da Chenin Blanc in purezza. Il “Clos de la Coulée de Serrant” è il vino di punta dell’azienda. Prende il nome dall’omonima vigna di cui Nicolas detiene il monopolio, la quale a sua volta porta il medesimo nome dell’ appellazione Coulée de Serrant AOC. Tale vigna fu piantata dai monaci cistercensi intorno al 1130 e, da allora, per 900 anni ha sempre prodotto uva da vino. Le altre due etichette prodotte da Nicolas Joly sono il “Clos de la Bergerie” dall’appellazione Savennières Roche aux Moines e il “Les Vieux Clos” dall’appellazione Savennières, andando a completare così una trilogia di riconoscibile firma.
Con il Coulée de Serrant, Nicolas è riuscito creare un vino dall’inconfondibile identità, complesso negli aromi ed emozionante nella beva. Di elevato tenore alcolico e dotato di una notevole dose di glicerina, è un vino caratterizzato da un ampio profilo aromatico, opulento e ricco di estrazione, in parte dovuto ad una certa percentuale di uve botritizzate.
La bottiglia di oggi è il Coulée de Serrant 2011. Un calice limpido, dal colore giallo dorato con abbondanti riflessi luminosi. L’iniziale velatura di riduzione – riconducibile al sentore di un cerino sfregato – col passare dei minuti e con l’innalzamento della temperatura lascia spazio a un naso complesso di fiori di arancio, frutta matura a polpa gialla, melone bianco, pompelmo rosa, miele di acacia e aneto. Il sorso è ricco, con una nota calda dovuta all’elevato grado alcolico. Il palato è, tuttavia, bilanciato da una buona acidità che dona freschezza e da una salinità che da slancio. Il finale è lungo con un retrogusto di pasta di mandorle e agrumi canditi. È un vino che, dal momento dell’apertura della bottiglia, evolve, cambia, si trasforma e sorprende, sempre in meglio. Si consiglia di preservarne un mezzo bicchiere per la fine del pasto, se non addirittura di conservare un fondo di bottiglia per il giorno dopo: ciò che si troverà nel calice sarà stupefacente. Senza dubbio.