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Granato Foradori

Vino
Recensito da Sofia Landoni

La scommessa sul Teroldego

A volte succede di dare per scontato ciò che si ha sotto gli oggi tutti i giorni e, magari, da tutta la vita. Ma per qualcuno, forse più sensibile o forse più acuto di altri, non è precisamente così. Esistono occhi capaci di cogliere tutto quello sconosciuto che genera curiosità e che sfocia, con una conseguenza naturale , in un interesse concreto e applicato nella realtà. Questo è il caso di Foradori, azienda vitivinicola che ha visto crescere, dal lontano 1901, la sua dimensione intellettuale e contenutistica, senza limitarsi all’accumulo di nuovi ettari o di nuove etichette.

La Piana Rotaliana era lì, sotto i piedi di tutti i viticoltori trentini che popolavano quel triangolo di terra compreso fra l’Adige e le Dolomiti. Eppure non tutti si accorsero di un piccolo tesoro a bacca rossa, una risorsa grandissima che dava a questo triangolo viticolo un’identità. Era l’uva Teroldego, che molti contadini vinificavano già da tempo lontano, ma che ancora nessuno era riuscito a osservare e indagare in tutta la sua dote nascosta. Fu Elisabetta Foradori, nel 1986, a decidere di promuovere il Trentino viticolo attraverso un focus produttivo su questa uva. Numerosi studi, analisi ed esperimenti furono condotti per iniziativa di Elisabetta Foradori e della sua famiglia, in collaborazione con Istituti e Università fra i più autorevoli in materia vitivinicola e scientifica in generale, allo scopo di scoprire quanto più si poteva dell’uva Teroldego e del suo territorio. Con la consapevolezza che ci sia tutt’ora tantissimo da sapere e imparare, Foradori è in costante dedizione alla realtà rotaliana, raccontata nelle diverse declinazioni di un vitigno che per troppi anni è stato guardato in maniera univoca mortificandone, forse, le eclettiche sfaccettature.

Un nome, un vitigno: questo binomio oggi connota l’azienda Foradori, che regala numerose etichette ma si fregia in particolar modo di questo merito grandioso, ossia quello di essere stata la promotrice di una riscoperta che, fortunatamente, oggi è condivisa da molti giovani produttori.

Il desiderio di sfamare il proprio interesse, rivolto alla realtà che li circonda, ha portato la famiglia Foradori ad approcciarsi molto presto ad un tipo di agricoltura biodinamica, con l’intenzione di relazionarsi all’ambiente nel modo più naturale possibile. Un simile modus operandi si ripropone anche fra le mura della cantina, dove l’utilizzo di 205 anfore spagnole permette un affinamento dei vini ottimale. L’argilla che compone tali contenitori è infatti dotata di una porosità di poco inferiore a quella del legno, con il valore aggiunto di una neutralità aromatica.

Vogliamo raccontare l’eccellenza di un vitigno e la capacità di una cantina attraverso un vino in particolare, punta di diamante delle inclinazioni del Teroldego. Si tratta del Granato, vino che segnò l’inizio della vocazione al Teroldego per Elisabetta Foradori. Nasce dalle vigne che furono piantate fra il 1938 e il 1984 e porta, tutt’oggi, il vessillo del Teroldego nella sua veste più complessa ed elegante. L’annata 2016 mostra, al naso, delle note profonde, scure, che ricordano la bacca di bosco, il lampone ed il sottobosco. Il timbro olfattivo è improntato sul frutto ma si inserisce in un’austerità fine. Si afferma come un vero “vino di palato”, capace di esprimersi in bocca, attraverso lo sviluppo di un sorso succoso ma dritto, freschissimo e delicatamente amaricante. Il cacao e la liquirizia dominano negli aromi di bocca, animando di sfumature un gusto già di per sé tridimensionale. Equilibrato e composto, si protende nella scia fresca che riconduce alla suggestione del frutto di bosco.

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