Passione Gourmet Metamorfosi, Chef Roy Caceres, Roma, di Norbert

Metamorfosi

Ristorante
via Giovanni Antonelli 30/32, Roma
Chef Roy Caceres
Recensito da Presidente

Valutazione

16/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Una cucina golosa e rotonda, accessibile a tutti

Difetti

  • La chiara sensazione, vista la bravura dello chef, di essere a una tavola dove si può osare di più
Visitato il 03-2013

Ecco un locale che è una vera certezza gastronomica della capitale, apprezzata giustamente dalla piazza romana a giudicare dalle numerose presenze ai tavoli nella nostra ultima visita.
La sala del ristorante potrebbe apparire un po’ algida, ma la fredda essenzialità dell’ambiente viene ampiamente bilanciata da un servizio caloroso e professionale degno complemento di una cucina elegante e moderna seppur discretamente ma inequivocabilmente golosa.
Roy Caceres è uno chef di valore e, pur essendo relativamente giovane, ha già una considerevole gavetta alle spalle che gli ha permesso di comprendere che la strada per arrivare al cuore del più ampio numero possibile di clienti passa attraverso l’affermazione del gusto.
Non potrà sfuggire, anche a un occhio poco attento, la sua evidente maestria: cotture perfette, accostamenti mai meno che assennati, un utilizzo sapiente di elementi esotici e presentazioni impeccabili dei piatti.
Ciò che latita piuttosto è la volontà, più che le capacità, di spingere, di andare oltre irreprensibili concezioni dei piatti, di ricercare qualche contrasto, o qualche associazione più ardita e meno morbida. Ne è un classico esempio l’uovo cotto a 65°, uno dei cavalli di battaglia di Caceres, in cui l’indubbia tecnica non viene sublimata a vette maggiori, col risultato che la rotondità del piatto risulta essere l’elemento caratterizzante.
Non che la golosità a tutto tondo sia di per sé un difetto, ci mancherebbe, ma una vivacità maggiore in un cuoco di tale levatura sarebbe auspicabile.
Dal menù altre sono le pietanze che, pur andando in questa direzione, confermano la consapevolezza di essere seduti a una signora tavola, che non mancherà in futuro di esaltare le potenzialità dello chef.
Performance come l’anguilla, infatti, perfettamente laccata o l’opulenza del piccione da grande ristorante francese, uniti alla classe del gambero arrivato come antipasto, sono sintomatiche di un talento indiscutibile.
Nota di merito per una carta dei vini dai ricarichi abbordabili che permette di accompagnare degnamente il pasto senza preoccuparsi del proprio direttore di banca.

Mise en place.

Pane al farro, eccellente, con crema gelata all’olio extravergine.

Altre varietà di pane da destra: capperi, limone e aneto, baguette classica lievitata, bauletto con miele di castagno e segale.

Insalata di astice con daikon, crema al peperone rosso e misticanza di erbe aromatiche. Amuse di ottima ed esotica fattura.

Gambero rosso, dragoncello, cetriolo croccante, emulsione di gambero yuzu nebulizzato. Si prosegue molto bene sul filo della freschezza e dell’eleganza.

Pane con olive taggiasche, pomodorini, mozzarella di bufala e foglio di siero di mozzarella, spinaci disidratati e ghiacciati. Onesto omaggio all’italianità in generale non supportato da concentrazione di sapori, mozzarella in primis, memorabile.

L’uovo a 65°, sorta di golosa carbonara rivisitata, un must dello chef, con chips di pasta e cotenna soffiata.

Maltagliati al nero di seppia, gambero rosso, briciole di pane, crema di peperoni, ostriche. Omogeneo e riuscito piatto di contrasto di temperature e di sapori.

Risotto mantecato con caprino fresco, sfoglia allo zafferano, maggiorana e una riduzione al chinotto insufficiente a bilanciare la grassezza del formaggio. Risotto, inoltre, appena andato di cottura.

Particolare.

Spaghetti al caffè blue montain giamaicano e tartufo nero. Altro piatto ben confezionato anche se più gourmand che gourmet.

Anguilla cotta su legno di castagno e noce, laccata con mirin e sakè, farro franto cotto al vapore, pepe sansho, carpione gelato. Grande portata sia per fattura che per concezione incentrata su un mirato caleidoscopio di suggestioni orientali.

Piccione: petto padellato e coscia fritta nel panko, gel di mela e zenzero, finto fico di foie. Un classico eseguito impeccabilmente.

Predessert: squisita ganache di blu di monviso, cioccolato bianco e gel di porto.

Torrefazione 2.0: sfera di cioccolato con parfait di nocciola su crumble di mandorle e spuma di rhum bianco, caffè e frutta sabbiata. Dessert un tantino deludente soprattutto per l’associazione di consistenze.

Petit fours: crumble di mandorle alla crema di mirtilli, gelèe di arancia, cioccolatino caffè e liquirizia.

Un signore a tavola.

Particolare della sala.

1 Commento.

  • Mr. R.7 Maggio 2013

    Concordo su tutto, maestria dello chef e della sala, il sommelier mi ha fatto veramente valere il costo dell'abbinamento al calice (come raramente accade). Unico appunto (per me) sull'uovo a 65 gradi. L'ho trovato forse la migliore variazione "ludica" della carbonara, non volendo essere una carbonara ma lasciandomi sorridere al gusto. Altri tentativi (tipo il negativo di Colonna) volevano essere delle rivisitazioni ma malamente riuscite. Questa di Caceres no. A me non ha dato fastidio quella rotondità che è inamovibile nel piatto originale. Ma è una mia opinione. PS Buono il rosè 85 di Collard eh!!?

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