Hibiscus, Chef Claude Bosi, London (UK), di Norbert

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

17/20

PREGI
DIFETTI

Questa recensione aggiorna la precedente  valutazione che trovate qui

Recensione Ristorante

Essere nel pieno centro di una delle città più stimolanti del pianeta e poter fare in poco più di due ore un’esperienza gastronomica a tratti entusiasmante e poi riprendere tranquillamente a girovagare leggeri, soddisfatti e con il buonumore di chi sa di non aver perso tempo né soldi è cosa di non poco conto.
Il ristorante di Claude Bosi è essenziale: una sala elegante ma neanche troppo, un servizio che gira a orologeria senza essere affettato e una cucina che definire moderna è riduttivo.
Essendo spesso scomodo muoversi all’interno di definizioni specie quando si parla di cucina è molto meglio, allora, per rendere l’idea del lavoro di questo chef, riferirsi ad alcuni concetti chiave.
Senz’altro c’è inventiva, per come ha trovato nuove strade per la composizione di sapori, pulizia per come arriva alla netta concentrazione di essi e alla giusta persistenza e leggera per come i grassi sono quasi completamente banditi o fungono da semplice e gentile rifinitura di un piatto.
Una dichiarazione programmatica di intenti, poi, è annunciata dall’elenco degli ingredienti di stagione con cui verranno elaborati i piatti che costituiranno il menù.
Questo c’è adesso e con questo si cucina. Tale professionale buon senso non può lasciare, già dal principio, indifferenti.
Lo chef nasce in Francia, nei pressi di Lione, e rappresenta l’ennesima dimostrazione che la cultura gastronomica d’oltralpe, non più sigillata ermeticamente da elementi base come burro, foie o bar de ligne, è da considerarsi un solido substrato su cui innestare le peculiarità del proprio talento.
E Bosi di talento ne ha da vendere.
Lo ha sviluppato a partire dal bistrot lionese dove la madre si occupava della propria clientela affezionata fino ad affinarlo da alcuni maestri della ristorazione francese, prima del balzo verso la provincia inglese dove ha trovato l’humus ideale dove esprimersi.
La piacevolezza cui è giunto, al termine del percorso, è demandata non solo alla sottrazione lipidica, come detto, ma anche, e soprattutto, a un costante e sapiente utilizzo della componente vegetale a testimonianza del fatto che il passaggio nella cucina di Passard, piuttosto che in quelle storiche di Michel Rostang e Patrick Henriroux, ha lasciato traccia di sé nella crescita professionale dello chef.
Nulla è presente nel piatto per caso o per puro vezzo stilistico, ma tutto risponde all’intento di creare armoniose e originali proposte.
Accanto, per esempio, a una faraona cotta in modo magistrale, resa lieve da accostamenti adeguati che ne interrompono la trama con sentori acidi e vegetali o a delle animelle impeccabili la cui innata grassezza è temperata da salsa di freschezza da manuale trova spazio uno dei dolci più interessanti assaggiati quest’anno, quello con olive e asparagi, dove sfumature e nuances si susseguono raffinate, le une alle altre, senza mai rasentare né noia nè stucchevole dolcezza.
Una tavola da non perdere, in quel di Londra, approfittando anche, magari, di convenienti menù degustazione a mezzogiorno.

Amuse bouche

Mise en place

Burro

Pane artigianale buonissimo: solo due tipologie presentate, integrale e bianco.

Signature appetizer: fiore d’ibisco e soda all’ananas. One shot di freschezza floreale e fruttata che stuzzica l’appetito in modo efficace.

Granchio del Devonshire, mango, cetriolo e cardamomo. Stavolta la freschezza è speziata e di stampo più vegetale.

Ravioli di cipollotto e lime, fave glassate e sferificate, purè alla menta. Qui siamo su note più gourmand, ma connotate dalla fibrosa vivacità della leguminosa.

Asparago, arancia candita, salsa hollandaise al fieno bruciato. Qui un pelo di contrasto in più non avrebbe nuociuto, ma la salsa è rimarchevole.

Orata della Cornovaglia farcita di spugnole e dragoncello, quenelle di nocciole e parmigiano, bruscandoli. Classico. Ma anche no, vedere dragoncello e bruscandoli.

Animella d’agnello affumicata al faggio, salsa all’acetosella, formaggio di capra. Menzione d’onore alla sferzata data dalla salsa.

Faraona cotta nel fieno, piselli, bacon, gelatina di zenzero e pompelmo. Piatto eccellente.

Fragole Charlotte, gelatina di sedano rapa, crema al pepe di sechuan. Mirabilmente defaticante.

Crema di asparago, cocco, olive, gelatina di siero di latte, e meringa al cioccolato bianco. Dolce eccezionale, risorse vegetali sfruttate fino all’osso per un registro gustativo davvero ampio e sorprendente.

Parfait all’olio di oliva con cupola di cioccolato bianco, insalata di mango e basilico. Di caratura leggermente inferiore ma comunque significativa.

Ottima scelta. Un sauvignon che dà del tu a questa cucina.

Sala.

Il Pregio: Accademia e leggerezza in cucina.
Il Difetto: L’ingresso al locale davvero brutto.

Hibiscus restaurant
29 Maddox street (metro Oxford Circus)
Tel. +44(0)2076292999
Menù £ 87,50(3 courses), 95(6 courses), 105(8 courses). Sabato a pranzo 3 piatti 45 £.

www.hibiscusrestaurant.co.uk

Visitato nel mese di Agosto 2012


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Norbert

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3 Comments

  1. francesco ha detto:

    Sarò polemico ma valutare 19/20 Parini e poi assegnarne solo 17 a questo grande cuoco è un’eresia.

  2. Pigi ha detto:

    Molto interessante, tra l’altro a cavallo tra natale e capodanno sarò a Londra e puntavo ad un paio di esperienze gourmet: questa recensione aumenta i dubbi sulla scelta… anche perché volevo assolutamente andare a mangiare il famoso pig’s trotter di Koffmann ed il cerchio finanziario si restringe.
    Se avete consigli sono bene accetti.

    • Orson ha detto:

      Bosi et Viajante potrebbero esser due ottime scelte londinesi.
      Ma non mancano alternative validissime, anche andando sull'”etnico”.

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